CAPITOLO VENTOTTO

Machiavelli era seduto sul sedile posteriore della sua auto accanto al dottor John Dee. Di fronte a loro c'erano le tre Disir. Dagon era al volante, gli occhi invisibili dietro la fascia avvolgente degli occhiali. Un acre sentore di pesce aleggiava all'interno del veicolo.

Il ronzio di un telefono ruppe il silenzio pesante, e Machiavelli lo aprì senza controllare lo schermo. Lo richiuse quasi subito. — Via libera. I miei uomini si sono ritirati e c'è un cordone di sicurezza su tutte le strade del circondario. Nessuno potrà capitare per caso nella zona.

— Qualunque cosa accada, non entrate in casa — disse la Disir con gli occhi violetti. — Una volta liberato Nidhogg, avremo pochissimo controllo finché non si sarà nutrito.

John Dee si sporse in avanti, e per un attimo sembrò sul punto di dare una pacca sul ginocchio della giovane donna. L'espressione sul viso di lei lo trattenne. — Flamel e i ragazzi non devono fuggire.

— Questa sembra una minaccia, dottore — replicò la guerriera seduta a sinistra. — O un ordine.

— E a noi non piacciono le minacce — aggiunse la sorella seduta a destra. — E non accettiamo ordini.

Dee sbatté lentamente le palpebre. — Non è né una minaccia né un ordine. Soltanto... una richiesta.

— Siamo qui solo per Scathach — chiarì la guerriera dagli occhi violetti. — Gli altri non ci riguardano.

Dagon scese dall'auto e aprì la portiera. Senza neanche voltarsi, le Disir uscirono ai primi bagliori dell'aurora, si sparpagliarono e si inoltrarono lentamente nel vicolo.

Dee si spostò a sedere di fronte a Machiavelli. — Se avranno successo, farò in modo che i nostri padroni sappiano che le Disir sono state una tua idea — disse in tono amabile.

— Ne sono certo. — Machiavelli non guardò il Mago inglese e continuò a seguire le tre donne che avanzavano nella stradina. — E se falliscono, potrai dire ai nostri padroni che le Disir sono state una mia idea, e assolverti di ogni colpa — aggiunse. — Scaricare la colpa su qualcun altro: credo di aver sviluppato questo concetto una ventina d'anni prima che tu nascessi.

— Non avevi detto che avrebbero portato Nidhogg? — chiese Dee.

Niccolò Machiavelli tamburellò sul vetro con le dita curate. — È così, infatti.

Avanzando lungo il selciato, tra gli alti muri del vicolo stretto, le Disir cambiarono. La trasformazione avvenne quando oltrepassarono un piccolo spiazzo d'ombra. Vi entrarono come giovani donne, con morbidi giubbotti di pelle, jeans e stivali... e un istante dopo erano le Valchirie, vergini guerriere. Lunghe e candide cotte di maglia di ferro le coprivano fino alle cosce, gambali e calzari metallici dalla punta acuminata le rivestivano dal ginocchio ai piedi, e sulle mani indossavano pesanti guanti di metallo e cuoio. Gli elmi rotondi con i quali si proteggevano la testa mascheravano gli occhi e il naso, lasciando libera la bocca. Dalle cinture di cuoio bianco sulla vita pendevano i foderi delle spade e dei coltelli. Le tre guerriere del Nord impugnavano tutte uno spadone, ma ognuna aveva anche una seconda arma allacciata sulla schiena: una lancia, un'ascia a due teste e un maglio da guerra.

Si fermarono di fronte alla fatiscente porta verde a filo con il muro. Una Valchiria si girò verso la macchina e indicò la porta con una mano guantata. Machiavelli alzò il pollice e annuì. Nonostante l'aspetto decrepito, era davvero l'ingresso posteriore della casa di Saint-Germain.

Le Valchirie tuffarono la mano in una sacca di cuoio che portavano appesa alla cintura. Ne estrassero degli oggetti simili a pietre e li gettarono ai piedi della porta.

— È il Lancio delle Rune — spiegò Machiavelli. — Stanno chiamando Nidhogg... la creatura che tu hai liberato, una creatura che gli stessi Antichi Signori avevano rinchiuso.

— Non sapevo che fosse intrappolato nell'Albero del Mondo — borbottò Dee.

— Mi meraviglio di te. Pensavo che sapessi tutto. — Machiavelli cambiò posizione, in modo da guardare l'altro in faccia. Nella penombra cupa, vide che il Mago sembrava pallido, la fronte leggermente lucida per il sudore. Secoli di abitudine all'autocontrollo gli permisero di non sorridere. — Perché hai distrutto l'Yggdrasill ?

— Era la fonte del potere di Ecate — rispose Dee, gli occhi fissi sulle Valchirie, attento a ogni mossa. Si erano allontanate dalle pietre che avevano gettato a terra e parlavano sottovoce tra loro, indicando le singole tessere.

— Era antico quanto il pianeta stesso. Eppure l'hai distrutto senza pensarci due volte. Perché? — insistette Machiavelli.

— Ho fatto ciò che era necessario. — Le parole di Dee erano di ghiaccio. — Farò sempre qualunque cosa si renda necessaria per riportare gli Antichi Signori in questo mondo.

— Ma non hai considerato le conseguenze — osservò in tono sommesso l'italiano. — Tutte le azioni hanno una conseguenza. L'Yggdrasill che hai distrutto nel reame di Ecate si estendeva in vari altri Regni d'Ombra. I rami più alti raggiungevano il Regno di Asgard, e le radici sprofondavano fino a Niflheim, il Mondo delle Tenebre. — Vide che Dee si irrigidiva. — Non solo hai liberato Nidhogg, ma hai anche distrutto almeno tre Regni d'Ombra - forse di più - distruggendo l'Albero del Mondo.

— Non lo sapevo...

— Ti sei fatto molti nemici — continuò Machiavelli, con voce suadente. — Nemici pericolosi. Ho sentito dire che Hel è sfuggita alla distruzione del suo regno, e pare che ti stia dando la caccia.

— Non mi fa paura — replicò Dee, ma con un tremito nella voce.

— Oh, ma dovrebbe — mormorò l'italiano. — Non ti nascondo che mi terrorizza.

— Il mio padrone mi proteggerà — ribatté l'inglese.

— Deve essere un Antico Signore molto potente per proteggerti da Hel; nessuno è mai sopravvissuto a uno scontro con lei.

— Il mio padrone è onnipotente.

— Non vedo l'ora di conoscere l'identità di questo misterioso Antico Signore.

— Quando tutto questo sarà finito, forse te lo presenterò. — Dee indicò con un cenno in fondo al vicolo. — E potrebbe accadere molto presto.

Le rune sibilavano e sfrigolavano a terra.

Erano pezzi irregolari di pietra nera, incisi con linee spigolose, riquadri e tagli. Le linee si illuminarono di rosso, mandando riccioli di fumo cremisi nell'aria immobile dell'aurora.

Una delle Valchirie usò la punta della spada per avvicinare tre rune. Una seconda scansò una pietra con la punta d'acciaio di un calzare, e poi ne sistemò un'altra. La terza scelse un'unica runa dal margine del mucchio e la sistemò con la spada in fondo alla fila di tessere.

— Nidhogg — sussurrarono all'unisono, evocando l'incubo di cui avevano appena composto il nome con le antiche tessere.

— Nidhogg — mormorò Machiavelli. Scrutò oltre le spalle di Dee: Dagon sedeva guardando dritto davanti a sé, senza mostrare il minimo interesse per quello che stava accadendo alla sua sinistra. — So quello che dicono le leggende sul suo conto, ma che cos'è Nidhogg esattamente?

— Il mio popolo lo chiamava il Divoratore di Cadaveri — rispose l'autista, la voce gorgogliante e appiccicosa. — Esisteva già quando la mia razza si impossessò dei mari, e noi fummo tra i primi ad arrivare su questo pianeta.

Dee si voltò rapidamente a guardare l'autista. — E tu, che cosa sei?

Dagon ignorò la domanda. — Nidhogg era cosi pericoloso che un consiglio dell'Antica Razza creò un terribile Regno d'Ombra, Niflheim, il Mondo delle Tenebre, per contenerlo; poi usarono le radici indistruttibili dell'Yggdrasill per intrappolarlo, incatenandolo per l'eternità.

Machiavelli teneva gli occhi fissi sulle volute di fumo rosso e nero che si levavano dalle rune. Pensò di vedere il profilo di una sagoma che cominciava a prendere forma. — Perché gli Antichi Signori non l'hanno ucciso?

— Nidhogg era un'arma.

— E a cosa gli serviva un'arma? — replicò l'italiano. — I poteri degli Antichi Signori erano quasi illimitati. Non avevano nemici.

Restando con le mani posate sul volante, Dagon mosse le spalle e ruotò quasi del tutto la testa, in modo da guardare Dee e Machiavelli dritti in faccia. — Gli Antichi Signori non furono i primi ad abitare il pianeta. C'erano... altri. — Pronunciò la parola lentamente, con prudenza. — Gli Antichi Signori usarono Nidhogg e altre creature primordiali come armi nella Grande Guerra per annientarli.

Machiavelli guardò sbigottito Dee, che sembrava ugualmente scioccato dalla rivelazione.

La bocca di Dagon si aprì in quello che avrebbe potuto essere un sorriso, rivelando le fauci irte di denti. — Probabilmente sapete che l'ultima volta in cui alcune Disir usarono Nidhogg, persero il controllo della creatura. Le divorò tutte. Nei tre giorni che ci vollero per catturarlo e incatenarlo di nuovo nelle radici dell'Yggdrasili, aveva sterminato la popolazione degli Anasazi, nell'attuale Nuovo Messico. Si disse che Nidhogg aveva divorato diecimila homines senza ancora saziare la sua fame.

— Queste Disir sono in grado di controllarlo? — chiese Dee.

Dagon scrollò le spalle. — Tredici delle migliori non ci riuscirono nel Nuovo Messico.

— Forse dovremmo... — cominciò il Mago.

Machiavelli si irrigidì di colpo. — Troppo tardi.

È qui!

 

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 2. Il Mago
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