CAPITOLO TRENTATRÉ
-Non sono una ragazzina! — Sophie Newman era furiosa. — E le mie conoscenze non si limitano alla Magia del Fuoco. Disir! — Il nome le era spuntato in testa, e all'improvviso sapeva tutto ciò che la Strega di Endor sapeva sul conto di quelle creature. La Strega le disprezzava. — So chi siete — continuò, gli occhi scintillanti di un argento fosco. — Valchirie.
Perfino tra gli Antichi Signori, le Valchirie erano differenti. Non avevano mai vissuto a Danu Talis, ed erano sempre rimaste nelle gelide terre del Nord sulla vetta del mondo, a proprio agio tra i venti sferzanti e le piogge di ghiaccio.
Nei terribili secoli che erano seguiti alla Caduta di Danu Talis, il pianeta si era spostato sul suo asse e il Grande Freddo aveva attanagliato gran parte del mondo. Da nord a sud una coltre glaciale aveva inyaso il paesaggio, spingendo gli homines nella sottile striscia di verde rimasta intorno all'equatore. Intere civiltà erano svanite, devastate dai cambiamenti climatici, dalla malattia e dalla fame. Il livello dei mari era cresciuto, inondando le città costiere, alterando il paesaggio, mentre nell'entroterra il ghiaccio aveva spazzato via ogni traccia di città o villaggio.
Le Disir avevano scoperto presto che la loro capacità di sopravvivere al gelo settentrionale dava loro un particolare vantaggio sulle razze e le civiltà che invece soffrivano per quell'inverno interminabile e micidiale. Bande di feroci guerriere si erano impadronite rapidamente della maggior parte del Nord, riducendo in schiavitù le città che erano sfuggite al ghiaccio. Avevano distrutto senza pietà chiunque opponesse resistenza, e ben presto si erano guadagnate un secondo nome: Valchirie, le Designatoci dei Morti.
Nel giro di brevissimo tempo le Valchirie controllavano un gelido impero che comprendeva gran parte dell'emisfero settentrionale. Avevano costretto gli homines loro schiavi ad adorarle come divinità e preteso perfino sacrifici umani. Ogni rivolta veniva soppressa brutalmente. Quando la morsa dell'Era Glaciale si era fatta più stretta, le Disir avevano cominciato a guardare verso sud, spingendo le loro mire sui resti stentati della civiltà.
Mentre le immagini danzavano e si sovrapponevano nella sua testa, Sophie osservò il regno delle Disir concludersi in una sola notte, e seppe cosa era accaduto millenni prima. La Strega di Endor aveva agito con l'aiuto del ripugnante Crono, l'Antico Signore capace di muoversi nel tempo. Aveva dovuto sacrificare i propri occhi per riuscire a vedere i fili contorti del tempo, ma non lo aveva mai rimpianto. Perlustrando un arco temporale di diecimila anni, aveva scelto un guerriero per ogni millennio, e Crono si era tuffato in ogni era per prelevarli e portarli all'epoca del Grande Freddo.
Sophie sapeva che la Strega aveva richiesto in particolare che la sua stessa nipote, Scathach, fosse chiamata a combattere le Disir. Ed era stata proprio la Guerriera a guidare l'attacco alla loro roccaforte, una città di ghiaccio massiccio sulla vetta del mondo. Aveva ucciso la regina delle Valchirie, Brunilde, gettandola nel cratere infuocato di un vulcano.
Quando il sole era sorto basso sull'orizzonte, la città di ghiaccio era una poltiglia di macerie e il potere delle Valchirie era stato spezzato per sempre. C'erano pochissime superstiti, che si rifugiarono in un terrificante e gelido Regno d'Ombra in cui nemmeno Scathach avrebbe osato avventurarsi. Le Disir rimaste chiamarono quella notte Ragnaròk, il Fato degli Dei, e giurarono eterna vendetta nei confronti dell'Ombra.
Sophie giunse le mani a coppa, e un minuscolo turbine comparve nei suoi palmi. Il fuoco e il ghiaccio insieme avevano già annientato le Disir in passato. Che sarebbe successo se lei avesse usato un po' di Magia del Fuoco per scaldare il vento? Nell'istante stesso in cui quel pensiero le passava per la mente, la Valchiria si lanciò in avanti, reggendo in alto la spada con tutte e due le mani. — Dee ti vuole viva, ma non ha detto illesa... — ringhiò.
Sophie si avvicinò le mani alla bocca, premette il pollice sinistro sull'esca del polso e soffiò forte. Il turbine vorticò a terra e crebbe. Roteò una, due volte... e poi investì la Valchiria.
L'aria surriscaldata da Sophie ardeva più di una fornace. Il turbine infuocato imprigionò la Valchiria, la fece girare su se stessa, la rovesciò e la scagliò in aria,- la guerriera si schiantò sul lampadario di cristallo. Nell'improvvisa penombra, il turbine che danzava sul pavimento divampò di calore, brillando di luce arancione. La Valchiria precipitò a terra ma si rimise subito in piedi, mentre schegge di cristallo le si infrangevano intorno come una pioggia di vetro. La pelle un tempo chiara del suo viso era di un rosso acceso, come scottata dal sole, e le sopracciglia bionde erano bruciacchiate. Senza dire una parola, sferrò un colpo micidiale mirando alla mano di Sophie, ma al suo posto infilzò la ringhiera delle scale.
— Scatty!
Sophie udì la voce di suo fratello che gridava dalla cucina. Era nei guai!
La Valchiria fece un balzo avanti. Un altro turbine surriscaldato la catturò, strappandole la spada di mano e facendola roteare via, addosso alla sorella, che nel frattempo aveva chiuso la Pulzella d'Orléans in un angolo e l'aveva costretta in ginocchio con un assalto feroce. Le due Disir si schiantarono a terra con un gran clangore di armi e di armature.
— Jeanne! Sta' indietro! — gridò Sophie.
La nebbia fluì dalle dita della ragazza e si riversò a terra,- spessi nastri e corde di vapore si avvolsero intorno alle due guerriere del Nord, fasciandole in catene di aria bollente. Con un enorme sforzo di volontà, Sophie riuscì a infittire la nebbia, facendola roteare sempre più veloce intorno alle Disir finché non furono avvolte come mummie in uno spesso bozzolo di vapore, simile a quello in cui l'aveva racchiusa la Strega di Endor.
La ragazza si accorse di perdere le forze, e una stanchezza di piombo le appesantì gli occhi e le spalle. Attingendo agli ultimi residui di potere, batté le mani e abbassò la temperatura dell'aria nel bozzolo di nebbia così rapidamente che congelò in un lampo, formando un massiccio e crepitante blocco di ghiaccio.
— Ecco qua. Così dovreste sentirvi a casa — mormorò Sophie, con voce roca. Si accasciò a terra, ma poi si costrinse a rialzarsi.
Stava per correre in cucina quando Jeanne la bloccò con il braccio. — Oh, no, non farlo. Vado prima io. — La francese fece un passo verso la cucina, poi si voltò a guardare per un attimo il blocco di ghiaccio, con le due Disir parzialmente visibili al suo interno. — Mi hai salvato la vita — disse.
— L'avresti battuta — ribatté Sophie.
— Forse sì — concesse Jeanne — e forse no. Non sono più giovane come un tempo. Ma tu mi hai salvato la vita, ed è un debito che non dimenticherò. — Appoggiò la mano sinistra sulla porta della cucina e spinse piano.
La porta si aprì con un clic. E, uscendo dai cardini, piombò a terra.