CAPITOLO TREDICI

Supina, Perenelle Flamel fissava le macchie del soffitto e si chiedeva quanti altri prigionieri di Alcatraz avessero fatto lo stesso. Quanti altri avevano seguito le linee e le crepe della muratura con lo sguardo, intravisto sagome nelle tracce nere lasciate dall'acqua, immaginato scene nelle chiazze scure dell'umidità? Quasi tutti, si disse.

E quanti altri avevano sentito delle voci? Era certa che molti prigionieri avevano immaginato di udire dei suoni nel buio - parole sussurrate, frasi attutite - ma, a meno che non possedessero il suo stesso dono, ciò che avevano avvertito non esisteva al di fuori della loro mente.

Perenelle udiva le voci dei fantasmi di Alcatraz.

Ascoltando attentamente, riusciva a distinguere centinaia di voci, forse migliaia. Uomini e donne che protestavano e gridavano, farfugliavano e piangevano, chiamando a gran voce gli affetti perduti, ripetendo i loro nomi infinite volte, proclamando la propria innocenza, imprecando contro i secondini.

Perenelle aggrottò la fronte; non erano ciò che stava cercando.

Lasciandosi inondare dalle voci, vagliò un suono dopo l'altro finché non colse una voce più forte di tutte le altre: robusta e sicura, risaltava nella confusione generale. Si concentrò su di essa, mettendo a fuoco le parole, identificando la lingua.

"Questa è la mia isola." Era un uomo, e parlava spagnolo con un accento antico, molto formale.

Concentrandosi sul soffitto, Perenelle escluse le altre voci. — Lei chi è? — domandò. Nella fredda umidità della cella, le parole le uscirono di bocca come fumo.

La moltitudine di spiriti ammutolì.

Ci fu una lunga pausa, come se il fantasma fosse sorpreso che gli si rivolgesse la parola; poi rispose, fiero: "Sono il primo europeo che ha navigato in questa baia, e sono stato il primo ad avvistare quest'isola".

Una sagoma cominciò a formarsi sul soffitto proprio sopra la sua testa: il profilo abbozzato di un volto comparve tra le crepe e le ragnatele, delineandosi e plasmandosi tra le chiazze scure e il muschio verde del muro.

"Sono stato io a chiamare questo luogo Isla de los Alcatraces."

— L'isola dei Pellicani — disse Perenelle, con un filo sottilissimo di voce.

Il volto sul soffitto si solidificò per un istante. Era quello di un uomo attraente, con l'ovale lungo e stretto e gli occhi scuri. Quando si formarono delle goccioline d'acqua, sbatté le palpebre come a scacciare delle lacrime.

— Lei chi è? — chiese di nuovo Perenelle.

"Sono Juan Manuel de Ayala, l'uomo che ha scoperto Alcatraz."

Sul pavimento di pietra fuori dalla cella ticchettarono degli artigli, e una zaffata di serpente e carne rancida spazzò il corridoio.

Perenelle rimase zitta finché l'odore e i passi non si allontanarono. Quando guardò di nuovo il soffitto, il volto aveva assunto contorni più precisi, con le crepe della muratura che scavavano pieghe profonde sulla fronte e intorno agli occhi dell'uomo. Il volto di un marinaio, capì, solcato dalle rughe di chi aguzza lo sguardo per scrutare l'orizzonte lontano. — Perché si trova qui? È morto sull'isola?

"No. Non sono morto qui." Le labbra sottili si piegarono in un sorriso. "Ma sono tornato perché mi innamorai di questo luogo fin dal primo istante che lo vidi. Correva l'anno di grazia 1775, ed ero a bordo della San Carlos. Ricordo perfino il mese: agosto. E la data: il cinque."

Perenelle annuì. Si era già imbattuta in fantasmi come quello. Uomini e donne che erano stati così influenzati o condizionati da un luogo che continuavano a frequentarlo in sogno, e che una volta morti vi facevano ritorno come spettri custodi.

"Veglio su quest'isola da generazioni. E continuerò a farlo in eterno."

Perenelle fissò il volto. — Deve averla rattristata vedere la sua bella isola diventare un luogo di dolore e sofferenze — commentò.

La bocca della sagoma ebbe una specie di scatto, e un'unica gocciolina d'acqua cadde giù da un occhio e atterrò sulla guancia di Perenelle. "Furono giorni bui, giorni cupi... ma sono finiti, ormai... grazie al cielo, finiti." Le labbra del fantasma si mossero e le parole risuonarono nella mente di Perenelle in un bisbiglio. "Non ci sono prigionieri umani ad Alcatraz dal 1963, e l'isola è tranquilla dal 1971."

— Ma ora c'è una nuova prigioniera nella sua amata isola — disse Perenelle, calma. — Una prigioniera sorvegliata dal guardiano più terribile che quest'isola abbia mai avuto.

Il volto sul soffitto si alterò, gli occhi acquosi si socchiusero con un battito di ciglia. "Chi? Lei?"

— Sono tenuta qui contro il mio volere — confermò Perenelle. — Sono l'ultima prigioniera di Alcatraz, e a sorvegliarmi non c'è un secondino umano, ma una sfinge.

"No!"

— Controlli da solo.

L'intonaco si incrinò e una polverina umida piovve sul viso della donna. Quando Perenelle riaprì gli occhi, il volto sul soffitto era svanito, lasciando dietro di sé solo una chiazza. Lei si concesse un sorriso.

— Che cosa ti diverte, figlia degli homines? — La voce era un sibilo scivoloso, e la lingua era antica, più della stessa razza umana.

Alzandosi a sedere sulla brandina, Perenelle vide la creatura in corridoio, a meno di due metri di distanza.

Generazioni di antichi avevano cercato di catturare la sua immagine sulle pareti delle grotte e dei vasi, di scolpire la sua foggia nella pietra, di descrivere le sue sembianze nelle pergamene. E nessuno si era mai neanche avvicinato all'orrore reale di tale creatura.

Il corpo era quello di un enorme leone muscoloso, con la pelliccia sfregiata dalle cicatrici di vecchie ferite. Un paio di ali d'aquila erano raggomitolate e appiattite sulla groppa. La testa piccola, quasi delicata, era di una donna giovane e bella.

La sfinge si accostò alle sbarre, e la lingua nera e biforcuta vibrò nell'aria di fronte a Perenelle. — Non hai nessuna ragione di sorridere, figlia degli homines. Ho saputo che tuo marito e la Guerriera sono intrappolati a Parigi. Presto saranno presi prigionieri, e stavolta il dottor Dee farà in modo che non fuggano più. Credo che gli Antichi Signori abbiano dato il permesso al dottore di uccidere finalmente il leggendario Alchimista.

Perenelle ebbe una stretta alla bocca dello stomaco. Gli Oscuri Signori cercavano di catturarli vivi da generazioni. Se doveva credere alla sfinge e ora erano disposti a uccidere Nicholas, allora era cambiato tutto.

— Nicholas scapperà — ribatté.

— Stavolta no. — La coda leonina della sfinge sbatté su e giù eccitata, sollevando nuvole di polvere.

— Parigi appartiene a Machiavelli, e presto Dee raggiungerà l'italiano. L'Alchimista non potrà sfuggire a entrambi.

— E i ragazzi? — chiese Perenelle, socchiudendo gli occhi minacciosa. Se era successo qualcosa a Nicholas e ai ragazzi...

La sfinge arruffò le penne, sprigionando un tanfo acido. — Dee crede che i due homines siano potenti e che possano davvero essere i leggendari gemelli della profezia. Crede anche che si possano convincere a passare al nostro servizio invece di seguire le farneticazioni di un vecchio libraio folle. — La sfinge trasse un profondo e raccapricciante respiro. — Tuttavia, se non faranno quello che gli viene detto, anche loro saranno uccisi.

— E io?

La bella bocca della sfinge si aprì, rivelando le fauci irte di denti aguzzi e feroci. La lunga lingua nera frustò l'aria frenetica. — Tu sei mia, fattucchiera. Gli Antichi Signori ti hanno data a me, come dono per i miei servigi millenari. Quando tuo marito sarà stato catturato e ucciso, avrò il permesso di cibarmi dei tuoi ricordi. Che banchetto! Ho intenzione di assaporare fino all'ultimo boccone. Quando avrò finito, non ricorderai più nulla, nemmeno il tuo nome. — La sfinge scoppiò a ridere, e il suono sibilante e derisorio rimbalzò sulle nude pareti di pietra.

E poi la porta di una cella sbatté.

Il rumore improvviso fece ammutolire la creatura. La piccola testa si voltò, saggiando l'aria con la lingua scattante.

Un'altra porta si chiuse di botto. Seguita da un'altra. E da un'altra ancora.

La sfinge si allontanò di scatto, in uno scintillio di artigli sul pavimento. — Chi è là? — La voce risuonò stridula sulle pietre umide.

All'improvviso, tutte le porte delle celle del corridoio superiore si spalancarono e si richiusero in rapida successione, provocando una rombante detonazione che vibrò fin nelle viscere del carcere, provocando una pioggia di polvere dal soffitto.

Ringhiando e sibilando, la sfinge balzò alla ricerca dell'origine di tutto quel frastuono.

Con un sorriso gelido, Perenelle sollevò di nuovo i piedi sulla brandina, si distese e poggiò la testa sulle dita intrecciate. L'isola di Alcatraz apparteneva a Juan Manuel de Ayala, e sembrava proprio che il marinaio stesse annunciando la sua presenza. Perenelle udì il clangore di altre porte, tonfi sordi sul legno e le pareti che tremavano, e capì quello che il marinaio era diventato: un poltergeist. Uno spettro infestante.

Capì anche quello che Juan Manuel de Ayala stava facendo. La sfinge si nutriva delle energie magiche; il poltergeist non doveva fare altro che tenere la creatura lontana dalla sua cella per un po', e i suoi poteri di fattucchiera avrebbero cominciato a rigenerarsi. Sollevando la mano sinistra, Perenelle si concentrò al massimo. Una scintilla candida, minuscola, danzò tra le sue dita e sfrigolò via.

"Presto!"

La donna chiuse la mano in un pugno. Il tempo di recuperare i suoi poteri, e se necessario, avrebbe fatto crollare l'intera Alcatraz addosso alla sfinge.

 

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 2. Il Mago
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