CAPITOLO TRENTOTTO
Josh raggiunse finalmente il mostro, sulle rive della Senna.
Non sapeva quanto avesse corso - probabilmente per chilometri - ma sapeva che non avrebbe dovuto esserne capace. Aveva attraversato in volata Rue de Marignan, senza il minimo sforzo, e svoltando a sinistra su Avenue Montaigne non aveva nemmeno il fiato corto.
Era la spada. L'aveva sentita ronzare e vibrare tra le sue mani mentre correva, l'aveva sentita bisbigliare e sospirare quelle che sembravano vaghe promesse. Quando la puntava contro il mostro, i sussurri si facevano più forti e la lama tremava visibilmente,- quando la scostava, si affievolivano. La spada lo stava attirando verso la creatura.
Seguendo la scia di distruzione del mostro lungo la strada stretta, oltrepassando parigini inorriditi e confusi, Josh avvertì pensieri strani e inquietanti che si agitavano ai margini della sua mente... Si trovava in un mondo senza terra e nuotava in un oceano così vasto da ingoiare interi pianeti, un oceano che pullulava di creature al confronto delle quali il mostro che stava inseguendo era insignificante...
Era sospeso nell'aria, avvolto in spesse radici che gli si conficcavano nella carne, e guardava giù, scrutando una terra aspra e desolata...
Era smarrito e confuso, in un luogo pieno di piccoli edifici e di creature ancora più piccole, e soffriva, mentre un fuoco incredibile ardeva sulla punta della sua spina dorsale...
Era...
"Nidhogg!"
Il nome scaturì all'improvviso nella mente di Josh, e lo shock di capire che in qualche modo stava sperimentando i pensieri del mostro per poco non gli fece interrompere la corsa. Capì che doveva trattarsi della spada. Prima, quando la lingua della creatura aveva toccato la lama, Josh aveva colto un rapido scorcio di un mondo sconosciuto, immagini scioccanti di un paesaggio bizzarro; adesso, avendo di nuovo colpito la creatura, captava vaghi accenni di una vita totalmente estranea alla sua esperienza.
Cominciò a intuire la realtà: stava vedendo quello che Nidhogg aveva visto in un'epoca passata. Stava sperimentando quello che lui provava in quel momento. E tutto grazie alla spada.
Ma se Clarent era la gemella di Excalibur, si chiese Josh, possibile che anche quest'ultima fosse un tramite di sentimenti, emozioni e impressioni quando veniva usata? Cosa aveva provato Dee quando aveva conficcato Excalibur nell'antico Yggdrasill. Quali scene aveva visto, che cosa aveva sperimentato e saputo? Josh si chiese se non fosse quella la vera ragione per cui Dee aveva distrutto l'Yggdiasill: possibile che lo avesse ucciso per sperimentare tutto l'incredibile sapere che esso conteneva?
Il ragazzo lanciò una rapida occhiata alla spada di pietra e fu scosso da un brivido. Un'arma come quella garantiva poteri inimmaginabili. Che tentazione spaventosa! Il desiderio di usarla di nuovo e poi di nuovo ancora per ottenere altro sapere non sarebbe diventato incontrollabile? Era un pensiero terrificante.
Ma perché l'Alchimista l'aveva data a lui?
La risposta poteva essere soltanto una: Flamel non lo sapeva! La spada era un blocco di pietra inanimato finché non feriva qualcosa; solo allora prendeva vita. Il ragazzo annuì tra sé; ormai sapeva perché Saint-Germain, Jeanne e Scatty non volevano toccare l'arma.
Mentre correva verso il fiume, Josh si chiese che cosa sarebbe successo se fosse riuscito a uccidere Nidhogg con Clarent. Che cosa avrebbe sentito, che cosa avrebbe sperimentato? Che cosa avrebbe saputo?
Nidhogg sfondò un'aiuola alberata e attraversò la strada dirigendosi verso Port de Champs-Elysées. Si fermò nel parcheggio sulla banchina, quasi direttamente di fronte a Dee e Machiavelli, la testa enorme che ondeggiava di qua e di là, la lingua a penzoloni. Era così vicino che i due uomini videro il corpo inerte di Scatty chiuso tra gli artigli del mostro e la Disir a cavalcioni sul suo collo. La coda di Nidhogg sferzava senza sosta, sfondando le macchine parcheggiate.
— Penso che dovremmo scendere dalla macchina...
— cominciò Dee, con la mano sulla portiera e gli occhi fissi sulla coda ondeggiante, che in quel momento stava rovesciando una pesante BMW.
Il braccio di Machiavelli scattò, e le dita si strinsero come tenaglie intorno a quello del Mago. — Non muoverti! Non fare niente che possa attirare la sua attenzione.
— Ma la coda...
— Sta soffrendo, ecco perché scuote la coda in quel modo. Ma sembra che stia rallentando.
Dee voltò la testa lentamente. Machiavelli aveva ragione: la coda di Nidhogg aveva qualcosa che non andava. Per almeno un terzo della sua lunghezza era diventata nera,- sembrava quasi di pietra. Tortuose venature di gorgogliante liquido nero stavano fluendo sulla pelle coriacea, racchiudendola lentamente in una crosta massiccia.
Il Mago capì subito cos'era successo. — Il ragazzo l'ha colpito con Clarent. Ecco cosa ha provocato questa reazione.
— Pensavo che Clarent fosse la Spada di Fuoco, non la Spada di Pietra. L'hai detto tu.
— Esistono tipi diversi di fuoco — ribatté Dee.
— Chi può dire come abbia reagito l'energia della lama al contatto con la pelle di Nidhogg? — Fissò la coda del mostro, mentre la spessa crosta nera sopra la pelle continuava ad aumentare. Quando la crosta si indurì, l'inglese intravide un rapido bagliore rosso fuoco. — Crosta lavica! — esclamò, con voce smorzata per la meraviglia. — Il fuoco sta bruciando la pelle di Nidhogg dall'interno.
— Non c'è da meravigliarsi che soffra — borbottò Machiavelli.
— Sembra quasi che ti faccia pena.
— Non ho mai barattato la mia umanità in cambio della vita eterna, dottore. Ho sempre ricordato le mie radici. — La voce dell'italiano si indurì, diventando quasi sprezzante. — Hai fatto così tanto per assomigliare al tuo padrone, che hai dimenticato quello che si prova a sentirsi umani... a essere umani. E noi esseri umani abbiamo la capacità di compatire il dolore di un'altra creatura. È stato questo a innalzare gli homines sopra gli Antichi Signori, è stato questo a renderli grandi.
— E sarà questo a distruggerli, alla fine — ribatté Dee. — Lascia che ti ricordi che questa creatura non è umana. Potrebbe schiacciarti sotto le zampe senza neanche farci caso. Ma non mettiamoci a discutere proprio adesso: siamo così vicini alla vittoria! Il ragazzo potrebbe aver risolto il problema al posto nostro — osservò. — Nidhogg si sta lentamente trasformando in pietra. — Rise di gusto. — Se si tuffa nel fiume, sarà trascinato sul fondo dal peso della coda, e Scathach sprofonderà con lui. — Il Mago fissò Machiavelli, con aria ironica. — Presumo che la tua umanità non arrivi al punto da farti provare compassione per l'Ombra.
L'italiano reagì con una smorfia. — Saperla sul fondo della Senna tra gli artigli di quella creatura mi renderebbe molto felice.
I due immortali rimasero in macchina, immobili, a osservare il mostro che avanzava sempre più lentamente, trattenuto dal peso della coda. A separarlo dall'acqua c'era ormai solo uno degli storici bateaux-mouches che portavano i turisti su e giù per il fiume.
Dee indicò l'imbarcazione. — Quando vi salirà sopra, il battello affonderà. Nidhogg e Scathach scompariranno per sempre nella Senna.
— E la Disir?
— Di sicuro sa nuotare.
Machiavelli si concesse un sorriso. — Perciò dobbiamo solo aspettare...
— ... che Nidhogg raggiunga il battello — concluse Dee, proprio mentre Josh sbucava nello squarcio in mezzo agli alberi della banchina e si precipitava nel parcheggio.
Mentre il ragazzo correva verso Nidhogg, la spada che impugnava cominciò a bruciare, e lunghe volute di fuoco si levarono dalla lama. L'aura del ragazzo cominciò a crepitare emanando un bagliore dorato, impregnando l'aria del profumo di arance.
All'improvviso, la Disir scivolò giù dalla groppa del mostro, ritornando a vestire l'armatura bianca un attimo prima di toccare terra con i piedi. Fronteggiò Josh, i lineamenti contorti in una maschera feroce e selvaggia. — Stai diventando una seccatura, ragazzo — ringhiò. Poi, sollevando con entrambe le mani il maestoso spadone, si lanciò verso di lui. — Ci vorrà solo un momento.