CAPITOLO VENTITRÉ
Nella sua camera all'ultimo piano della casa, Sophie sedeva sull'ampio davanzale della finestra e scrutava gli Champs-Elysées,- l'ampio viale alberato era bagnato di pioggia e brillava di luci ambrate, rosse e bianche con il riflesso dei fari delle automobili. Guardò l'orologio: erano quasi le due di domenica mattina, eppure il traffico era già sostenuto; a qualunque ora dopo la mezzanotte, le strade di San Francisco sarebbero state deserte. Il confronto accentuò ancora di più il suo senso di lontananza da casa.
Da piccola aveva attraversato una fase in cui si sentiva troppo noiosa, e si era messa in testa l'obiettivo di avere più stile, un po' come la sua amica Elle, che cambiava colore di capelli praticamente ogni settimana e aveva il guardaroba sempre aggiornato sulle ultime tendenze. Sophie aveva allora ritagliato dalle riviste tutto quello che trovava sulle esotiche città europee che erano la culla dell'arte e della moda - Londra, Parigi, Roma, Milano e Berlino - ma non con l'intenzione di seguire gli stili imposti dagli altri: voleva crearne uno tutto suo. La fase era durata più o meno un mese. La moda era una faccenda costosa, e quello che lei e Josh ricevevano dai loro genitori era strettamente limitato.
Il desiderio di visitare le grandi città del mondo, però, le era rimasto. Con Josh avevano perfino cominciato a parlare di prendersi un anno di libertà prima del college, per fare un giro dell'Europa zaino in spalla. E adesso eccoli lì, in una delle città più belle del pianeta, e a lei non importava un bel niente. L'unica cosa che desiderava in quel momento era tornare a San Francisco.
Ma a che cosa avrebbe fatto ritorno?
Quel pensiero la scosse. Anche se la sua famiglia si era trasferita spesso e aveva viaggiato molto, fino a due giorni prima Sophie sapeva ancora cosa l'aspettava nei mesi successivi. Il resto dell'anno era tracciato fin nei minimi particolari. In autunno i loro genitori avrebbero assunto di nuovo le rispettive cattedre all'università di San Francisco, e lei e Josh sarebbero tornati a scuola. A dicembre tutta la famiglia avrebbe fatto l'annuale gita a Providence, nel Rhode Island, dove negli ultimi due decenni suo padre aveva tenuto la conferenza di Natale alla Brown University. Il 21 dicembre, per il compleanno dei gemelli, sarebbero andati a New York a guardare le vetrine, le luci e l'albero di Natale al Rockefeller Center, e poi a pattinare sul ghiaccio. Avrebbero pranzato al solito ristorante: zuppa, panini giganteschi e torta di zucca. Il giorno della vigilia di Natale sarebbero ripartiti alla volta di Long Island, a casa di zia Christina, dove avrebbero trascorso le vacanze e festeggiato il Capodanno. Era stata quella la tradizione negli ultimi dieci anni.
E adesso?
Sophie inspirò profondamente. Adesso possedeva poteri e abilità che riusciva a malapena a comprendere. Aveva accesso a ricordi che erano una mescolanza di verità, mito e fantasia,- conosceva segreti che avrebbero potuto riscrivere i libri di storia. Eppure, più di ogni altra cosa al mondo, avrebbe voluto che ci fosse un modo per rimettere indietro le lancette dell'orologio, per tornare a giovedì mattina... a prima che tutto avesse inizio. A prima che il mondo cambiasse.
La ragazza appoggiò la fronte al vetro freddo. Cosa sarebbe successo? Che avrebbe fatto... nell'immediato e negli anni a venire? Suo fratello non pensava a nessuna carriera particolare; ogni anno annunciava una cosa diversa - designer di videogiochi o programmatore, giocatore di football professionista, paramedico o vigile del fuoco - ma lei aveva sempre saputo cosa sarebbe diventata. Fin da quando il maestro di prima elementare le aveva posto la domanda "Che cosa vuoi fare da grande?" Sophie aveva saputo la risposta. Voleva studiare archeologia e paleontologia come i suoi genitori, viaggiare per il mondo e catalogare il passato, magari compiere scoperte che sarebbero servite a chiarire la Storia. Ma tutto questo ormai non sarebbe più accaduto. Di punto in bianco, si rese conto che lo studio dell'archeologia, della storia, della geografia e della scienza erano stati resi vani o, se non proprio vani, quantomeno sbagliati.
Un'improvvisa ondata di emozioni la colse di sorpresa; si sentì bruciare la gola, e le lacrime le solcarono le guance. Le scacciò strofinandosi il viso con il palmo delle mani.
— Toc toc...
La voce di Josh la fece trasalire. Sophie si girò a guardare il suo gemello sulla porta, con la spada di pietra in una mano e un portatile nell'altra. — Non avevi mai chiesto il permesso prima d'ora.
Josh entrò nella stanza e si mise a sedere sul bordo del letto matrimoniale. Con prudenza appoggiò Clarent a terra. — Sono cambiate molte cose.
— Stavo pensando proprio la stessa cosa — concordò Sophie. — Almeno questo non è cambiato. — I gemelli si scoprivano spesso ad avere lo stesso pensiero nello stesso momento, e si conoscevano così bene che si completavano le frasi a vicenda. — Stavo desiderando che potessimo tornare indietro nel tempo, a quando tutto questo non era ancora accaduto.
— Perché?
— Per non dover essere così... per non essere diversi.
Josh guardò il viso della sorella, la testa leggermente piegata. — Ci rinunceresti? — chiese con un filo di voce. — Rinunceresti al potere, alla conoscenza?
— Subito — rispose Sophie, senza esitazione. — Non mi piace quello che mi sta succedendo. Non ho mai voluto che accadesse. — Le si incrinò la voce, ma proseguì ugualmente. — Voglio essere normale, Josh. Voglio tornare umana. Voglio essere come te.
Josh abbassò lo sguardo. Aprì il portatile e si concentro sull'accensione.
— Ma tu no, vero? — chiese lei piano, interpretando il suo lungo silenzio. — Tu vuoi il potere, vuoi essere capace di plasmare la tua aura e di controllare gli elementi, vero?
Josh esitò. — Sarebbe... interessante, credo — rispose infine, fissando lo schermo. Poi alzò lo sguardo, gli occhi scintillanti con l'immagine riflessa dello schermo acceso. — Sì, lo voglio — ammise.
Sophie fu tentata di rispondergli in malo modo.
Avrebbe voluto dirgli che non sapeva di cosa stava parlando, spiegargli quanto tutto ciò la facesse stare male, quanto fosse spaventata. Ma si trattenne: non voleva litigare, e Josh non avrebbe mai capito finché non lo avesse sperimentato di persona. — Dove hai preso il computer? — chiese, cambiando argomento.
— Me lo ha dato Francois. Tu non eri cosciente quando Dee ha distrutto l'Yggdrasill. Lo ha trafitto con Excalibur, e l'albero si è trasformato in ghiaccio, andando in frantumi come se fosse fatto di vetro. Be', nell'albero c'erano anche il mio portafogli, il cellulare, il lettore MP3 e il computer — disse Josh, sconsolato. — Ho perso tutto. Incluse tutte le nostre foto.
— E il Conte ti ha regalato un portatile, così... come se niente fosse?
— Sì, e ha pure insistito. Si vede che è la mia giornata dei regali. — Il pallido bagliore dello schermo illuminava dal basso il viso del ragazzo, dando al suo volto un aspetto inquietante. — Francois è passato ai Mac, e i PC non li usa più. Ha ripescato questo qui da sotto un tavolo, al piano di sopra.
Sophie distolse lo sguardo. Sapeva che suo fratello stava dicendo la verità, e ciò non aveva niente a che vedere con il sapere della Strega. Aveva sempre saputo quando Josh le mentiva, anche se, stranamente, lui non aveva mai capito quando era lei a farlo... cosa che non succedeva troppo spesso, a ogni modo, e sempre e solo con buone intenzioni. — Allora, cosa vuoi fare adesso?
— Voglio controllare la posta. La vita va avanti...
— ... e le e-mail non si fermano per nessuno — concluse Sophie con un sorriso. Era una delle frasi preferite di Josh, e di solito la detestava.
— Ce ne sono un sacco — borbottò il ragazzo. — Ottanta su Gmail, sessantadue su Yahoo, venti su AOL, tre su FastMail...
— Non capirò mai a che ti servono tutte queste caselle di posta elettronica — commentò Sophie. Si portò le ginocchia al petto, avvolse le braccia intorno alle gambe e vi appoggiò il mento. Era bello avere una conversazione normale con Josh; le ricordò come avrebbero dovuto essere le cose... e come erano state fino alle due e un quarto di giovedì pomeriggio, per la precisione. Ricordava l'ora: stava parlando con la sua amica Elle di New York quando aveva notato la lunga macchina nera che accostava di fronte alla libreria. E aveva controllato l'orologio un attimo prima che l'uomo che ormai conosceva come il dottor Dee scendesse dalla macchina.
Josh alzò lo sguardo. — Abbiamo due e-mail dalla mamma e una dal papà.
— Leggimele. Comincia dalla più vecchia.
— Okay. Mamma ne ha mandata una venerdì primo giugno. Spero che stiate facendo i bravi. Come sta la signora Fleming? Si è ripresa? — Josh scrutò la sorella, confuso.
Sophie sospirò. — Non ti ricordi? Le abbiamo detto che la libreria era chiusa perché Perenelle non stava bene. — Scosse la testa. — Sforzati!
— Abbiamo avuto un po' da fare — le rammentò Josh. — Non posso ricordarmi tutto. Tanto ci sei tu a farlo.
— Le abbiamo detto che Nicholas e Perenelle ci hanno invitati a stare per un po' nella loro casa nel deserto.
— Allora... — Josh guardò la sorella, le dita sospese sopra la tastiera. — Che cosa dico alla mamma?
— Dille che va tutto bene e che Perenelle sta molto meglio. Anzi, Perry... e Nick — gli rammentò.
— Grazie. — Josh corresse Perenelle con Perry. — Okay, la prossima — continuò. — Ancora dalla mamma, ma stavolta è di ieri. «Abbiamo provato a chiamare, ma risponde subito la segreteria telefonica. Va tutto bene? Ha chiamato zia Agnes. Dice che non siete passati a prendere nemmeno un po' di vestiti di ricambio. Datemi un numero dove posso chiamarvi. Siamo preoccupati. — Josh guardò la sorella. — E adesso cosa le diciamo?»
Sophie si morse il labbro, pensando ad alta voce. — Dovremmo dirle... — esitò. — Dille che avevamo tutto l'occorrente al negozio. Sa che tenevamo dei vestiti di ricambio in libreria, non è una bugia. Detesto mentirle.
— Okay. — Josh annuì, mentre scriveva quella mezza verità. Tenevano tutti e due dei vestiti nel suo armadietto nello stanzino, per quando andavano al cinema o facevano un giro all'Embarcadero dopo il lavoro.
— Dille che qui non c'è campo, senza specificare dove sia questo "qui" — aggiunse Sophie, con un sorriso.
Josh fece una faccia disgustata. — Vuoi dire che non abbiamo più i nostri cellulari...?
— Io il mio ce l'ho ancora, ma la batteria è morta. Di' alla mamma che la chiameremo non appena troviamo il segnale.
Josh continuò a scrivere. Il suo dito si fermò esitante sopra il tasto di invio. — Basta così?
— Spedisci.
— Okay. Spedita!
— Hai detto che c'era anche un'e-mail del papà, giusto?
— Questa è per me. — Josh la aprì, la lesse in fretta e fece un largo sorriso. — Mi ha mandato la foto di una mandibola di squalo. Niente male. E ha altri co- proliti per la mia collezione.
— Coproliti. — Sophie scosse la testa fingendosi disgustata. — Cacca fossile! Ma perché non puoi fare la collezione di francobolli o di monete come tutte le persone normali? È troppo strano.
— Strano? — Josh sollevò lo sguardo, irritato. — Te lo dico io cos'è strano: siamo in questo posto con un vampiro vegetariano vecchio di duemila anni, un alchimista immortale, un altro immortale specializzato nella Magia del Fuoco e un'eroina francese che dovrebbe essere morta più o meno verso la metà del Quindicesimo secolo. — Indicò la spada sul pavimento sfiorandola col piede. — E non dimentichiamoci della spada che è stata usata per uccidere re Artù. — Josh aveva alzato la voce, e di colpo si fermò, facendo un bel respiro per calmarsi. Cominciò a sorridere. — In confronto a tutto questo, penso che collezionare cacca fossile sia la cosa meno strana che ci sia da queste parti! — Il suo sorriso si allargò contagiando Sophie, e tutti e due scoppiarono a ridere. Risero con le lacrime agli occhi, finché non si ritrovarono col mal di pancia. — Oh, basta — gemette Josh. Ma singhiozzò, ed entrambi si sciolsero di nuovo in un attacco di ridarella. Gli ci volle un tremendo sforzo di volontà per riprendere il controllo di sé, ma per la prima volta dopo il Risveglio di Sophie, Josh si sentì di nuovo vicino a sua sorella.
Di solito ridevano tutti i giorni; l'ultima volta che avevano riso insieme era stata il giovedì precedente, mentre andavano al lavoro, di fronte a un tizio mingherlino con i pattini e i pantaloncini corti che si faceva trascinare da un dalmata gigantesco. Dovevano solo continuare a trovare cose di cui ridere... ma purtroppo non ce n'erano state molte negli ultimi giorni.
Sophie si calmò in fretta e si girò verso la finestra. Vedeva suo fratello riflesso nel vetro e aspettò che lui abbassasse lo sguardo sullo schermo prima di parlare. — Mi ha sorpreso che tu non ti sia opposto di più quando Nicholas ha chiesto a Francois di addestrarmi nella Magia del Fuoco.
Josh alzò gli occhi e guardò il volto della sorella riflesso nella finestra. — Avrebbe fatto differenza? — chiese in tono serio.
Lei ci pensò su un momento. — No. Non credo... — Si voltò a guardarlo in faccia. — Devo farlo. È assolutamente necessario.
— Lo so — replicò il ragazzo. — Adesso lo so.
Sophie sgranò gli occhi, meravigliata. — Lo sai?
Josh chiuse il portatile e lo gettò sul letto. Quindi raccolse la spada e se la posò sulle ginocchia, accarezzando la lama con aria assente. La pietra sembrava calda.
— Ero arrabbiato, spaventato... no, di più: ero terrorizzato quando Flamel ti ha fatto risvegliare da Ecate. Lui non ci aveva parlato dei pericoli. Non ci aveva detto che saresti potuta morire o entrare in coma. Non glielo perdonerò mai.
— Era quasi certo che non sarebbe successo nulla...
— Quasi certo non è abbastanza.
Sophie annuì, trattenendosi dal replicare.
— E poi, quando la Strega di Endor ti ha trasmesso il suo sapere, ho avuto paura di nuovo. Ma non tanto per te... ho avuto paura di te — ammise Josh con un filo di voce.
— Come puoi aver pensato una cosa del genere? — protestò Sophie, turbata. — Sono tua sorella gemella...
— Ma l'espressione sul viso di Josh la ammutolì.
— Tu non hai visto quello che ho visto io — replicò il ragazzo. — Ti ho vista tenere testa a quella specie di dea-gatto. Ti ho vista muovere le labbra, ma, quando hai parlato, le parole non erano sincronizzate con le labbra, e quando mi hai guardato non mi hai riconosciuto. Non so che cosa fossi diventata, ma non eri più la mia gemella. Eri posseduta.
Sophie sbatté le palpebre, e grosse lacrime le scesero lungo le guance. Aveva solo dei vaghi ricordi, poco più che frammenti di un sogno, di quello di cui stava parlando suo fratello.
— Poi, a Ojai, ti ho vista creare dei tornado, e ieri ti ho vista suscitare la nebbia dal nulla.
— Non so come faccio a fare queste cose — mormorò lei.
— Lo so, Soph, lo so. — Josh si alzò e si avvicinò alla finestra, scrutando i tetti di Parigi. — Adesso lo capisco. Ci ho pensato su parecchio. I tuoi poteri sono stati risvegliati, ma l'unico modo che hai per controllarli, l'unico modo che hai per salvarti, è l'addestramento. Al momento, per te sono un pericolo quanto i nostri stessi nemici. Jeanne ti ha aiutato, oggi, vero?
— Sì, mi ha aiutato moltissimo. Non sento più le voci. Questo è un aiuto enorme. Ma c'è dell'altro, vero?
Josh si rigirò la spada tra le mani, la lama quasi nera come la notte, i frammenti di cristallo della pietra ammiccanti come stelle. — Non abbiamo idea del genere di guaio in cui ci troviamo, ma sappiamo di essere in pericolo... in un vero pericolo. Abbiamo quindici anni, non dovremmo preoccuparci di essere ammazzati... o divorati... o peggio! — Fece un gesto vago in direzione della porta. — Non mi fido di loro. Mi fido solo di te... della vera te.
— Io mi fido di loro — replicò Sophie. — Sono brave persone. Scatty combatte al fianco dell'umanità da più di duemila anni, e Jeanne è una persona gentile e generosa...
— E Flamel tiene nascosto il Codice da secoli — ribatté Josh. Si toccò il petto, facendo crepitare le due pagine contenute nella busta che l'Alchimista gli aveva affidato. — Ci sono formule in questo libro che potrebbero trasformare il pianeta in un paradiso, che potrebbero curare tutte le malattie. — Vide il lampo di dubbio che attraversò gli occhi della sorella e continuò in tono incalzante. — E tu sai che è vero.
— I ricordi della Strega mi dicono che nel libro ci sono anche formule capaci di distruggere il mondo.
Josh scosse la testa. — Penso che tu veda solo quello che vogliono farti vedere.
Sophie indicò la spada. — Allora perché Flamel ti ha dato la spada e le pagine del Codice?
— Credo... anzi, so che ci stanno usando. Ma non so per cosa. Non ancora, almeno. — Josh vide che la sorella cominciava a scuotere la testa. — E comunque ci serviranno i tuoi poteri per proteggerci.
Sophie allungò la mano e strinse quella del fratello. — Sai che non permetterei mai che ti venga fatto del male.
— Lo so. Almeno, non di proposito. Ma che succede se qualcosa si serve di te, com'è successo nel Regno d'Ombra?
Sophie annuì. — Allora non avevo alcun controllo — ammise. — Era come guardare in sogno qualcuno che mi somigliava.
— Il mio allenatore di football dice che, prima di assumere il controllo, bisogna avere il controllo di se stessi — continuò Josh. — Se puoi imparare a controllare la tua aura e a usare al meglio la magia, nessuno potrà più farti una cosa del genere. Saresti incredibilmente potente. E poi diciamo che, per esempio, il mio potere non venga mai risvegliato. Posso imparare a usare questa spada. — La mosse, cercando di far roteare la lama, ma gli sfuggì di mano e finì con l'incidere un solco profondo nel muro.
— Josh!
— Che c'è? Si nota appena. — Il ragazzo strofinò la manica della maglietta sul muro. La vernice e l'intonaco vennero via, scoprendo la muratura sottostante.
— Stai solo peggiorando le cose. E probabilmente hai scheggiato la spada.
Ma quando Josh sollevò l'arma alla luce, non c'era nemmeno un segno.
— Penso ancora... anzi, so che ti sbagli su Flamel e gli altri — disse la ragazza.
— Sophie, devi fidarti di me.
— Io mi fido di te. Ma ricorda: la Strega conosce queste persone, e si fida di loro.
— Ma noi non sappiamo nulla della Strega! — replicò Josh, frustrato.
— Oh, io so tutto della Strega! — ribatté Sophie. Si toccò la tempia con un dito. — E vorrei tanto che così non fosse. Tutta la sua vita, migliaia di anni, sono qui dentro.
— Josh fece per replicare, ma la sorella lo fermò alzando la mano. — Ecco quello che farò: lavorerò con Saint-Germain e imparerò tutto quello che ha da insegnarmi.
— E allo stesso tempo lo terrai d'occhio. Cerca di scoprire cosa hanno in mente lui e Flamel.
Sophie lo ignorò. — Forse la prossima volta che saremo attaccati, saremo in grado di difenderci da soli.
— Scrutò oltre i tetti di Parigi. — Almeno qui siamo al sicuro.
— Ma per quanto? — chiese Josh.