CAPITOLO DIECI
Scathach tirò su una gamba, appoggiò il piede sul sedile di una sedia e scalciò forte. La sedia di legno schizzò sul pavimento e investì in pieno i due poliziotti sulla porta. Gli agenti piombarono a terra, con la trasmittente che volava via dalla mano dell'uno e il manganello che seguiva la stessa sorte nella mano dell'altro. La radio finì ai piedi di Josh e continuò a gracchiare inascoltata. Quando Josh vi versò sopra la cioccolata calda, l'apparecchio si spense in uno sfrigolio di scintille.
Scathach scattò in piedi. Senza neanche voltarsi, alzò un braccio e indicò Roux. — Tu. Resta dove sei. E non pensare neanche per un istante di chiamare la polizia.
Col cuore in gola, Josh afferrò Sophie e la tirò via dal tavolo, puntando al retro del negozio.
Uno degli agenti alzò la pistola, e il nunchaku di Scatty colpì la canna così forte da piegare il metallo e scagliare via l'arma dalla mano dell'uomo. Il secondo agente si rimise goffamente in piedi ed estrasse un lungo manganello nero. La spalla destra di Scathach si abbassò, il nunchaku cambiò direzione a mezz'aria e andò a colpire il manganello proprio sopra la corta impugnatura, frantumandolo.
Scathach richiamò il nunchaku nella mano. — Sono di pessimo umore — disse in un francese impeccabile. — Datemi retta, è meglio che non vi mettiate contro di me.
— Scatty... — sibilò Josh, allarmato.
— Non adesso — replicò brusca la Guerriera. — Non vedi che sono occupata?
— Be', stai per diventarlo ancora di più — gridò Josh. — E di parecchio. Guarda fuori.
Una pattuglia di agenti di polizia in tenuta antisommossa - tuta antiproiettile, elmetti integrali e scudi, manganelli e fucili d'assalto - stava accorrendo in strada, diretta al caffè.
— RAID — sussurrò il barista, terrorizzato.
— Sono come la SWAT, solo più tosti — spiegò Scathach a Josh. Sembrava quasi contenta. Lanciando un'occhiata di sghembo a Roux chiese: — C'è una porta sul retro?
Il barista, paralizzato dallo shock, aveva lo sguardo fisso sulla pattuglia in avvicinamento e non reagì finché Scathach non fece fischiare la punta arrotondata del nunchaku a un soffio dalla sua faccia.
— C'è una porta sul retro? — ripetè la Guerriera.
— Sì, naturalmente.
— Allora fa' uscire i miei amici.
— Lasciami fare qualcosa — disse Sophie, mentre una dozzina di incantesimi le affioravano alla mente.
— Posso aiutarti...
— No! — protestò Josh, e afferrò la sorella proprio mentre i suoi capelli biondi cominciavano a crepitare di scintille d'argento.
— Fuori! — gridò Scathach, e di colpo fu come se i lineamenti del suo viso si fossero alterati, mutando di proporzioni: il mento e gli zigomi sporgenti, gli occhi verdi come due pezzi di vetro. Per un attimo, ci fu qualcosa di antico e primitivo - e totalmente sconosciuto - sul suo viso. — Qui ci penso io. — Cominciò a roteare il nunchaku, creando uno scudo impenetrabile tra sé e i due poliziotti. Un agente sollevò una sedia e gliela scagliò contro, ma il nunchaku la ridusse in pezzi.
— Falli uscire, subito! — ordinò Scatty al barista.
— Da questa parte — disse Roux, atterrito. Passando per uno stretto corridoio, guidò i gemelli in un cortiletto fetido, ingombro di lattine vuote e sedie malconce, con lo scheletro di un vecchio albero di Natale in un angolo. Indicò un cancello rosso e disse: — Quello dà sul vicolo. Prendete a sinistra per Rue de Dunkerque, a destra per la stazione della metropolitana Gare du Nord. — Udirono un fracasso terribile alle loro spalle, seguito dal suono del vetro che si infrangeva.
— La vostra amica è in guai grossi — gemette. — E la RAID distruggerà il negozio. Come lo spiegherò al mio capo? — Dall'interno si sentì un altro schianto. Una tegola scivolò giù dal tetto e si infranse nel cortile. — Scappate, scappate subito! — Fece scattare la serratura a combinazione e spalancò il cancello.
— Che facciamo? — chiese Josh alla sorella. — Andiamo o restiamo?
Sophie scosse la testa. Lanciò un'occhiata al barista e abbassò la voce in un sussurro. — Non sappiamo dove andare. Non conosciamo nessuno in questa città, a parte Scatty e Nicholas. Non abbiamo soldi e nemmeno il passaporto.
— Potremmo andare all'ambasciata americana. — Josh si girò verso il barista. — Dov'è l'ambasciata americana?
— In Avenue Gabriel, accanto all'Hotel de Crillon. — Roux rinsaccò la testa nelle spalle quando un boato colossale scosse l'intero edificio, riempiendo l'aria di minuscoli granelli di polvere. Il vetro delle finestre si incrinò e altre tegole vennero giù dal tetto, piombando nel cortile.
— E cosa raccontiamo all'ambasciata? — domandò Sophie. — Vorranno sapere come siamo arrivati qui.
— Rapiti? — suggerì Josh. Ma poi gli sovvenne un pensiero improvviso, e subito si sentì in colpa. — E cosa raccontiamo a mamma e papà? A loro come lo spieghiamo?
Si sentì un acciottolio di stoviglie infrante, seguito da un fragore tremendo.
Sophie piegò la testa di lato e si scostò i capelli dall'orecchio. — Questa era la vetrina principale. — Si avvicinò alla porta. — Dovrei aiutarla. — Ciuffi di vapore si levarono dalle sue dita mentre si avvicinava alla maniglia.
— No! — Josh le agguantò la mano, e una scarica di scintille crepitò tra i due gemelli. — Non puoi usare i tuoi poteri, sei esausta. Ricorda quello che ha detto Scatty. Potresti prendere fuoco.
— È nostra amica. Non possiamo abbandonarla — ribatté Sophie. — O almeno, io non lo farò!
Suo fratello era un solitario e non era mai stato bravo a stringere o coltivare amicizie a scuola, mentre lei era estremamente leale con i suoi amici, e ormai aveva cominciato a considerare Scatty come tale. Anche se voleva molto bene a suo fratello, aveva sempre desiderato una sorella.
Josh afferrò Sophie per le spalle e la costrinse a guardarlo. La superava già di tutta la testa e dovette abbassare lo sguardo per incontrare quegli occhi azzurri tanto uguali ai suoi. — Lei non è nostra amica, Sophie — disse, con voce bassa e seria. — E non lo sarà mai. Lei è... qualcosa che ha più di duemila anni. Ha ammesso di essere un vampiro, e hai visto anche tu com'è cambiata la sua faccia là dentro: non è nemmeno umana. E non sono sicuro che lei sia tutto quello che Flamel vuole farci credere. Di sicuro so che lui non lo è!
— Che vuoi dire? — domandò Sophie.
Josh fece per replicare, ma una serie di colpi ripetuti scosse tutto l'edificio. Piagnucolando per la paura, Roux scappò nel vicolo a gambe levate. I gemelli lo ignorarono.
— Che vuoi dire? — ripetè Sophie.
— Dee ha detto...
— Dee!
— Ho parlato con lui a Ojai. Mentre tu eri nella bottega con la Strega di Endor.
— Ma lui è nostro nemico!
— Solo perché Flamel dice che lo è! — sbottò Josh. — Dee mi ha detto che Flamel è un criminale e che Scathach in fin dei conti è solo una mercenaria. Ha detto che per colpa dei suoi crimini è stata condannata a vivere nel corpo di un'adolescente per tutta la vita. — Il ragazzo scosse la testa e si affrettò a continuare, la voce bassa e disperata. — Non sappiamo quasi nulla di questa gente... L'unica cosa che sappiamo davvero è che ti hanno resa diversa, pericolosamente diversa. Ci hanno portato in giro per mezzo mondo, e adesso guarda dove siamo. — L'edificio continuava a tremare; decine di altre tegole scivolarono giù dal tetto e si infransero nel cortile, spargendo schegge affilate intorno. Josh gridò quando un frammento lo colpì sul braccio. — Non possiamo fidarci di loro, Sophie. Non dobbiamo.
— Tu non hai idea di quali poteri mi abbiano dato... — Sophie prese il fratello per il braccio, e l'aria, fetida del puzzo di cibo marcio, si addolcì del profumo di vaniglia, seguito subito dopo dall'odore di arance quando l'aura d'oro di Josh si accese per un attimo. — Oh, Josh, le cose che potrei raccontarti! So tutto quello che la Strega di Endor sapeva...
— E questo ti fa stare male! —gridò il ragazzo, arrabbiato. — E non dimenticare che rischi letteralmente di andare a fuoco, se usi i tuoi poteri un'altra volta.
Le aure di entrambi i gemelli si illuminarono d'oro e d'argento.
Sophie strinse gli occhi, e una marea di impressioni, pensieri vaghi e idee sparse le esplosero nella testa. Riaprì gli occhi un istante, e di colpo capì: stava sperimentando i pensieri di suo fratello. Staccò la mano e subito i pensieri e le sensazioni svanirono. — Sei geloso! — sussurrò sbigottita. — Sei geloso dei miei poteri.
Josh arrossi, e nei suoi occhi Sophie lesse la verità prima ancora che lui pronunciasse la menzogna. — Non è vero!
All'improvviso, un poliziotto vestito di nero sfondò la porta e sfrecciò nel cortile. C'era una lunga crepa sulla visiera del suo elmetto, e gli mancava uno stivale. Senza fermarsi, li superò zoppicando e scappò nel vicolo. L'alternarsi dei colpi sordi e sonori dei suoi passi svanì in lontananza.
Poi Scatty si affacciò tutta tranquilla sulla porta. Roteava il nunchaku come faceva Charlie Chaplin col bastone. Non aveva un solo capello fuori posto né un segno sul corpo, e i suoi occhi verdi erano brillanti e vivaci. — Oh, adesso mi sento molto meglio — annunciò.
I gemelli scrutarono nel corridoio alle sue spalle. Nel buio, non si muoveva niente.
— Ma saranno stati almeno dieci... — cominciò Sophie.
Scathach fece spallucce. — Dodici, per la precisione.
— Non li hai... non li hai uccisi, vero? — chiese Josh.
Dal negozio provenne il rumore di un legno che si spezzava e di qualcosa che crollava.
— No. Stanno solo... dormendo. — Scatty sorrise.
— Ma come hai fatto?
— Io sono la Guerriera.
Sophie intravide qualcosa che si muoveva, e gridò quando una figura sbucò dal corridoio e una mano affusolata si posò sulla spalla di Scathach. La Guerriera non reagì.
— Non posso lasciarti sola neanche per dieci minuti — disse Nicholas Flamel, uscendo dall'ombra. Indicò con un cenno della testa il cancello aperto. — È meglio andare.
— Si è perso il combattimento — gli disse Josh. — Erano dieci...
— Dodici — specificò Scathach.
L'Alchimista annuì, con un sorriso ironico. — Solo dodici... non avevano nessuna possibilità.