CAPITOLO QUATTORDICI
La splendida e intricata Torre Eiffel si stagliava sopra la testa di Josh. Una volta a scuola aveva stilato una lista delle "Dieci meraviglie del mondo moderno". La torre di ferro occupava il secondo posto, e si era sempre ripromesso che un giorno l'avrebbe visitata.
E adesso che finalmente era a Parigi, non alzava nemmeno lo sguardo. Se ne stava sotto la Torre Eiffel, quasi al suo centro esatto, e in punta di piedi allungava il collo a destra e a sinistra, cercando la sua gemella in mezzo a quel numero sorprendente di turisti mattinieri.
Josh era spaventato. No, di più: era terrorizzato. Gli ultimi due giorni gli avevano insegnato il vero significato della paura. Prima degli eventi di giovedì, aveva avuto paura solo di sbagliare un compito in classe o di essere umiliato davanti ai compagni. Aveva anche altre paure, quei pensieri vaghi, agghiaccianti, che lo assalivano nel cuore della notte, quando con gli occhi sbarrati si ritrovava a chiedersi che cosa sarebbe successo se i suoi genitori fossero morti. Sara e Richard Newman erano studiosi di archeologia e paleontologia, e anche se quello non era il lavoro più pericoloso del mondo, le ricerche talvolta li conducevano in paesi in preda a tumulti politici o religiosi, oppure in aree del mondo afflitte da uragani o terremoti, o alle pendici di vulcani attivi. I movimenti improvvisi della crosta terrestre portavano spesso alla luce reperti archeologici straordinari.
Ma la paura più oscura e profonda di Josh era che succedesse qualcosa a sua sorella. Anche se Sophie era più grande di lui di ventotto secondi, l'aveva sempre considerata come la sua sorellina. Era lui quello più alto e forte, ed era compito suo proteggerla.
E adesso, in un certo senso, qualcosa di terribile era davvero successo a Sophie. Era cambiata in modi che Josh faticava perfino a iniziare a comprendere. Era diventata più simile a Flamel e Scathach che a quelli come lui: era diventata più che umana.
Per la prima volta in vita sua, il ragazzo si sentiva solo. Stava perdendo la sua sorella gemella, e c'era un solo modo per tornare a essere uguale a lei, si disse: "Anche i miei poteri devono essere risvegliati".
Josh si girò, e in quell'istante comparvero Sophie e Scathach: stavano attraversando di corsa il ponte che portava alla torre. Si sentì inondare di sollievo. — Eccole — disse a Flamel, che guardava dalla parte opposta.
— Lo so — rispose l'Alchimista, l'accento francese più marcato del solito. — E non sono sole.
Josh distolse lo sguardo dalle due ragazze. — Che intende dire?
Flamel fece un lieve cenno con la testa. Due bus turistici erano appena arrivati a Place Joffre e stavano scaricando i passeggeri. I turisti - americani, a giudicare dall'abbigliamento - si muovevano alla rinfusa intorno, chiacchierando e ridendo, con le macchine fotografiche e le telecamere già in azione mentre le guide cercavano di radunarli. Un terzo bus, giallo brillante, accostò alla piazza, riversando dozzine di entusiasti turisti giapponesi sul marciapiede.
Confuso, Josh guardò l'Alchimista: si riferiva ai bus?
— Quello in nero — mormorò Flamel, indicando con un cenno del mento.
Josh si girò e scorse l'uomo vestito di nero che gli stava venendo incontro, districandosi agilmente nella folla vacanziera. Nessuno dei turisti sembrò notare lo sconosciuto, che li oltrepassava volteggiando come un ballerino, attento a non sfiorarli nemmeno per sbaglio. Josh calcolò che l'uomo fosse alto più o meno come lui, però era impossibile capire quanto fosse grosso, perché indossava un lungo cappotto di pelle nera che svolazzava al ritmo dei suoi passi. Aveva il colletto alzato e le mani affondate nelle tasche. Il ragazzo ebbe un tuffo al cuore.
Proprio in quel momento Sophie si accostò al fratello e lo pizzicò sul braccio. — Ce l'avete fatta — disse, contenta. — Problemi?
Josh piegò la testa in direzione dell'uomo con il cappotto nero. — Non ne sono sicuro.
Scathach comparve davanti ai gemelli. Non aveva nemmeno il fiato corto, notò Josh. In realtà, non respirava affatto.
— Problemi? — chiese di nuovo Sophie, guardando Scathach.
La Guerriera sorrise a labbra strette. — Dipende da cosa si intende per problemi.
— Al contrario — li rassicurò Flamel con un grande sorriso. Liberò un sospiro di sollievo. — È un amico. Un vecchio e buon amico.
L'uomo con il cappotto nero ormai era più vicino, e i gemelli videro che aveva la faccia piccola, rotonda e abbronzatissima, e gli occhi azzurri e penetranti. I capelli, folti e neri, gli arrivavano alle spalle, lasciando scoperta la fronte alta. Mentre saliva i gradini tirò fuori le mani dalle tasche e allargò le braccia, e su tutte le dita scintillarono degli anelli d'argento, simili a quelli che portava a entrambe le orecchie. Un ampio sorriso rivelò denti storti, un po' ingialliti.
— Maestro! — esclamò, stringendo Flamel in un abbraccio e salutandolo con due rapidi baci sulle guance. — Sei tornato. — Sbatté le palpebre, con gli occhi lucidi, e per un attimo le pupille scintillarono di rosso. Un sentore improvviso di foglie bruciate aleggiò nell'aria.
— Tu invece non te ne sei mai andato — replicò Nicholas con calore, scostandosi dall'uomo quel tanto che bastava per studiarlo con occhio critico. — Ti trovo bene, Francois. Meglio dell'ultima volta. — Si girò, mettendo il braccio intorno alle spalle dell'amico. — Conosci Scathach, naturalmente.
— E come dimenticare l'Ombra? — L'uomo dagli occhi azzurri fece un passo avanti, prese una pallida mano della Guerriera e se la portò alle labbra in un antiquato gesto di galanteria.
Scathach gli rifilò un buffetto sulla guancia, così forte da lasciarci impresso un segno rosso. — Te l'ho detto anche l'ultima volta: niente baciamano.
— Ammettilo, lo adori. — L'uomo sorrise. — E questi devono essere Sophie e Josh. La Strega di Endor mi ha parlato di loro. — I vivaci occhi azzurri del nuovo venuto rimasero sgranati e immobili mentre squadrava i due ragazzi a turno. — I gemelli leggendari — mormorò, accigliandosi un poco. — Sei sicuro?
— Sono sicuro — confermò Flamel senza esitazione.
— I gemelli leggendari — ripetè l'uomo in nero, inchinandosi. — Sono onorato di fare la vostra conoscenza. Lasciate che mi presenti. Conte di Saint-Germain — annunciò in tono drammatico, e si interruppe, come aspettandosi che i ragazzi conoscessero il suo nome.
Josh e Sophie lo guardarono con la stessa espressione attonita sul viso.
— Ma dovete chiamarmi Francois, come tutti i miei amici.
— Il mio allievo preferito — aggiunse Flamel, con una nota affettuosa nella voce. — Di certo il mio allievo migliore. Ci conosciamo da molto tempo.
— Da quanto? — chiese Sophie in automatico, anche se nel momento stesso in cui poneva la domanda, la risposta le era subito spuntata in mente.
— Trecento anni, più o meno — rispose Flamel. — Francois ha studiato con me per diventare alchimista. E mi ha ben presto superato — aggiunse. — Si è specializzato nella creazione di gioielli.
— Ho imparato tutto ciò che so sull'alchimia dal maestro: Nicholas Flamel — si affrettò a dire Saint- Germain.
— Nel Diciottesimo secolo, Francois è stato anche un cantante e un musicista di tutto rispetto. E che cosa sei in questo secolo? — domandò Flamel.
— Be', mi dispiace che tu non abbia sentito parlare di me — replicò Saint-Germain. — A quanto pare, non segui le classifiche. Ho avuto cinque numeri uno negli Stati Uniti e tre in Germania, e ho vinto anche un MTV Award come migliore nuova proposta.
— Migliore nuova proposta? — Flamel sorrise.
— Lo sai che sono sempre stato un musicista, ma in questo secolo, Nicholas, sono una rockstar! Sono Ger- main! — Guardò i gemelli con le sopracciglia alzate e annui, aspettandosi che reagissero all'annuncio.
I ragazzi scossero la testa. — Mai sentito — ammise Josh senza tanti giri di parole.
Saint-Germain scrollò le spalle e fece una faccia delusa, tirandosi su il colletto del cappotto fino a coprire le orecchie. — Cinque numeri uno — borbottò.
— Che genere di musica? — chiese Sophie, mordendosi le guance per impedirsi di sorridere davanti all'espressione esterrefatta dell'uomo.
— Dance... elettronica... techno...
Sophie e Josh scossero di nuovo la testa. — Non è quella che ascolto io — disse Josh.
Ma Saint-Germain non li stava più guardando. Si era voltato di scatto verso Avenue Gustave Eiffel, dove una lunga Mercedes nera aveva accostato al marciapiede. Tre anonimi furgoni neri si fermarono dietro l'automobile.
— Machiavelli! — ringhiò Flamel. — Francois, ti hanno seguito.
— Ma come hanno fatto?
— Ricordati con chi abbiamo a che fare. — Flamel si guardò rapidamente intorno, per valutare la situazione. — Scathach, prendi i gemelli e vai con Saint-Ger- main. Proteggili a costo della vita.
— Possiamo restare, posso battermi — replicò Scathach.
Flamel scosse la testa. Fece un gesto vago in direzione dei turisti. — C'è troppa gente. Qualcuno resterebbe ucciso. Ma Machiavelli non è Dee, è più sottile. Non userà la magia, se può evitarlo. Se ci dividiamo, seguirà me, perché è me che vuole. E non solo me. — Infilandosi la mano sotto la maglietta, l'Alchimista tirò fuori una bustina quadrata di stoffa.
— Che cos'è? — domandò Saint-Germain.
— Un tempo conteneva tutto il Codice, ma adesso il Libro è in mano a Dee. Josh è riuscito a strappare due pagine. Sono qui dentro. Sono le pagine dell'Invocazione Finale — aggiunse l'Alchimista in tono significativo. — Dee e i suoi Signori ne hanno bisogno. — Accarezzò la stoffa e poi, di colpo, porse la busta a Josh. — Tienila al sicuro.
— Io?
— Sì, tu. Prendila — ordinò l'Alchimista.
Con riluttanza, Josh allungò la mano. La stoffa crepitò di scintille mentre il ragazzo si infilava la busta sotto la maglietta. — Perché io? — chiese. Lanciò un rapido sguardo alla sorella. — Cioè, Scathach e Saint- Germain sarebbero meglio...
— Sei stato tu a salvare le pagine, Josh. È giusto che sia tu a proteggerle. — Flamel lo afferrò per le spalle e lo guardò dritto negli occhi. — So che ne avrai cura, mi fido di te.
Josh si premette la mano contro lo stomaco, avvertendo il contatto della stoffa sulla pelle. Quando lui e Sophie avevano cominciato a lavorare nella libreria e al caffè, suo padre aveva usato una frase quasi identica riferendosi a Sophie: "So che avrai cura di lei, mi fido di te". Allora, Josh si era sentito fiero e spaventato insieme. Davanti a Flamel invece era solo spaventato.
La portiera anteriore della Mercedes si apri e un uomo in completo scuro scese dalla macchina. Gli occhiali a specchio riflettevano il cielo mattutino, e sembrò quasi che avesse due fori al posto degli occhi.
— Dagon — ringhiò Scathach, mostrando tutt'a un tratto i denti affilati, pronta a sfilare un'arma dallo zaino.
Ma Flamel la bloccò, afferrandole il braccio. — Non è il momento.
Dagon aprì la portiera posteriore e Niccolò Machiavelli uscì dall'auto. Anche se era almeno a un centinaio di metri di distanza, scorsero lo stesso l'espressione di trionfo sul suo viso.
Le porte dei furgoni si aprirono all'unisono e poliziotti in tenuta antisommossa balzarono fuori, cominciando a correre verso la torre. Un turista strillò, e le dozzine di persone sparpagliate intorno alla base della Torre Eiffel puntarono subito le telecamere da quella parte.
— È ora di andare — disse Flamel. — Voi oltrepassate il fiume, io li spingerò dalla parte opposta. Saint-Germain, amico mio, ci servirà un diversivo che ci faciliti la fuga. Qualcosa di spettacolare.
— Tu dove andrai?
Flamel sorrise. — Questa era la mia città prima dell'arrivo di Machiavelli. Forse qualcuno dei miei vecchi rifugi è ancora in piedi.
— È cambiata molto dalla tua ultima visita — lo avvisò Saint-Germain. Mentre parlava, prese la mano di Flamel tra le sue, la capovolse e premette il pollice destro al centro del palmo dell'Alchimista.
Sophie e Josh erano abbastanza vicini per vedere che, quando scostò la mano, sulla pelle di Flamel era rimasta impressa una minuscola farfalla dalle ali nere.
— Ti riporterà da me — disse Saint-Germain. — Ora... qualcosa di spettacolare, hai detto? — Sorrise e si tirò su le maniche del cappotto, scoprendo le braccia nude. Aveva la pelle ricoperta di dozzine di minuscole farfalle tatuate, che gli cingevano il polso come bracciali e poi si attorcigliavano sul braccio fino all'incavo del gomito. Intrecciò le dita e girò i polsi, scrocchiandosi le nocche come un pianista prima di un concerto. — Avete visto il modo in cui Parigi ha festeggiato il millennio?
— Il millennio? — I ragazzi lo guardarono di nuovo senza capire.
— Il millennio. L'anno 2000. Anche se, per essere precisi, i festeggiamenti avrebbero dovuto essere nel 2001.
— Oh, quel millennio — disse Sophie, guardando il fratello, confusa.
— I nostri genitori ci hanno portato a Times Square — intervenne Josh. — Perché?
— Allora vi siete persi un vero spettacolo a Parigi. La prossima volta che vi collegate a Internet, andate a cercare le foto. — Saint-Germain si strofinò energicamente le braccia e poi, restando sotto l'enorme torre metallica, sollevò le mani in alto. Di colpo, il profumo di foglie bruciate riempì l'aria.
Sophie e Josh osservarono le farfalle tatuate contrarsi e poi riscuotersi e palpitare sulle braccia di Saint-Germain. Sottilissime ali tremarono e vibrarono, antenne si drizzarono... e i tatuaggi si librarono dal corpo del conte.
Un flusso ininterrotto di minuscole farfalle rosse e bianche si staccò dalla pelle di Saint Germain e vorticò nella fresca aria parigina. Si levarono in una spirale apparentemente infinita di puntini cinerei e cremisi. Rotearono intorno alle aste e ai tralicci di metallo, intorno alle viti e ai bulloni della torre, rivestendola di una pellicola luminosa e iridescente.
— Ignis — bisbigliò Saint-Germain, gettando la testa all'indietro e battendo le mani.
E la torre esplose in una crepitante, scintillante fontana di luce.
L'uomo rise, deliziato all'espressione dipinta sulle facce dei gemelli e disse: — Lasciate che mi ripresenti: conte di Saint-Germain, Maestro del Fuoco!