CAPITOLO DICIOTTO

— Sono tutti nella casa di Saint-Germain, sugli Champs-Elysées. — Portandosi il telefono

all'orecchio, Machiavelli si rilassò sulla poltrona di pelle nera, girandosi a guardare fuori dall'alta finestra. In lontananza, oltre il profilo obliquo dei tetti, riusciva a scorgere la punta della Torre Eiffel. I fuochi d'artificio si erano finalmente interrotti, ma una cappa di fumo colorato aleggiava ancora nell'aria.

— Non preoccuparti, dottore, teniamo la casa sotto sorveglianza. Saint-Germain, Scathach e i gemelli sono lì dentro. Non ci sono altri inquilini.

Machiavelli si scostò il telefono dall'orecchio, infastidito dai fischi e dai crepitìi della linea. Il jet di Dee stava decollando in quel momento da un piccolo aeroporto privato a nord di Los Angeles. Avrebbe fatto un breve scalo a New York per rifornirsi di carburante e poi avrebbe attraversato l'Atlantico fino a Shannon, in Irlanda. Di lì sarebbe ripartito per Parigi.

Poi il crepitio scemò e si sentì la voce di Dee, forte e nitida. — E l'Alchimista?

— L'abbiamo perso in città. I miei uomini lo avevano catturato e lo tenevano sotto tiro, ma in qualche modo lui li ha ricoperti di zucchero e gli ha riversato addosso tutte le formiche di Parigi. Si sono fatti prendere dal panico e lui è scappato.

— Trasmutazione — osservò Dee. — L'acqua è composta per due parti di idrogeno e una parte di ossigeno, come il saccarosio. Ha mutato l'acqua in zucchero; un trucchetto da salotto. Mi sarei aspettato di meglio da lui.

Machiavelli si passò la mano tra i candidi capelli corti. — Io l'ho trovato molto astuto — commentò. — Ha mandato all'ospedale sei agenti della polizia.

— Tornerà dai gemelli — ribatté Dee. — Ha bisogno di loro. Era tutta la vita che aspettava di trovarli.

— Come tutti noi, del resto. E in questo momento sappiamo dove sono, il che significa che sappiamo dove andrà Flamel.

— Non fare nulla fino al mio arrivo — ordinò Dee.

— E non avresti idea di quando...? — cominciò Machiavelli, ma il telefono era muto. Non sapeva se l'inglese avesse riattaccato o se fosse soltanto caduta la linea. Conoscendo Dee, optò per la prima ipotesi: era il suo stile.

Si picchiettò la cornetta sulle labbra prima di rimetterla a posto. Non aveva nessuna intenzione di eseguire gli ordini di Dee; avrebbe catturato Flamel e i gemelli prima che l'aereo atterrasse a Parigi. Sarebbe riuscito laddove il Mago aveva fallito per secoli, e in cambio gli Antichi Signori avrebbero esaudito tutti i suoi desideri.

Poi senti il cellulare vibrare in una tasca. Lo tirò fuori e controllò lo schermo.

C'era una stringa insolitamente lunga di cifre: un numero che non aveva mai visto prima. Il capo della DGSE aggrottò la fronte. Solo il presidente, pochi dei più alti ministri e il suo staff personale conoscevano quel numero. Pigiò il tasto per accettare la chiamata, ma non disse nulla.

— Il Mago inglese ritiene che cercherai di catturare Flamel e i gemelli prima del suo arrivo. — La voce all'altro capo della linea parlava un dialetto greco scomparso da millenni.

Niccolò Machiavelli drizzò la schiena. — Padrone?

— Garantisci a Dee tutto il tuo appoggio. Fino al suo arrivo, non muoverti contro Flamel. — La linea rimase silenziosa.

Machiavelli ripose lentamente il cellulare sulla scrivania e rilassò la schiena contro la poltrona. Portandosi le mani davanti alla faccia, non fu sorpreso di scoprire che tremavano. L'ultima volta che aveva parlato con l'Antico Signore che chiamava "Padrone" era stato oltre un secolo e mezzo prima. Era stato lui a fargli il dono dell'immortalità all'inizio del Sedicesimo secolo. Possibile che Dee lo avesse contattato? Machiavelli scosse la testa. Altamente improbabile; senza dubbio il Mago aveva contattato il proprio padrone e aveva chiesto a lui di avanzare la richiesta. Ma il padrone di Machiavelli era uno degli Oscuri Signori più potenti in assoluto... E ciò lo riportava a una domanda che lo angustiava da secoli: chi era il padrone di Dee?

Ogni umano che aveva ricevuto il dono dell'immortalità rimaneva legato all'Antico Signore che glielo aveva elargito, poiché chi concedeva quel dono poteva anche revocarlo con altrettanta facilità. Machiavelli l'aveva visto succedere: aveva osservato un uomo giovane e in piena salute avvizzire e invecchiare nel giro di pochi attimi, per poi crollare in un acciottolio di ossa e pelle incartapecorita.

Il suo archivio sugli umani immortali specificava anche quali Antichi Signori essi servivano. Solo pochissimi homines - come Flamel, Perenelle e Saint-Germain - non dovevano fedeltà a nessuno, perché erano diventati immortali con le proprie forze.

Nessuno sapeva chi Dee servisse. A quanto pareva, però, era qualcuno più potente del padrone di Machiavelli, e ciò rendeva il Mago ancora più pericoloso.

L'italiano premette un pulsante sul telefono della scrivania. La porta si aprì e Dagon entrò nella stanza, gli occhiali a specchio che riflettevano le pareti spoglie.

— Notizie dell'Alchimista?

— Niente. Abbiamo il video delle telecamere di sicurezza alla stazione di Pont de l'Alma e di ogni altra stazione a essa collegata e lo stiamo esaminando, ma ci vorrà del tempo.

Machiavelli annuì. Il tempo era qualcosa che non avevano. Mosse la mano affusolata nell'aria. — Be', non sappiamo dove sia adesso, però sappiamo dove andrà: a casa di Saint-Germain.

Le labbra di Dagon si schiusero con uno schiocco.

— La casa è sotto sorveglianza. Tutte le entrate e le uscite sono sicure; ci sono uomini perfino nelle fogne, sotto l'edificio. Nessuno può entrare o uscire a nostra insaputa. Ci sono due unità di forze speciali che aspettano dentro i furgoni nelle vie vicine e una terza unità si è piazzata nella casa adiacente alla proprietà di Saint-Germain. Possono scavalcare il muro in qualsiasi istante.

Machiavelli si alzò dalla scrivania. Con le mani dietro la schiena, si mise a camminare per il piccolo e anonimo ufficio. Anche se quello era il suo indirizzo ufficiale, lo usava di rado, e la stanza ospitava solo la scrivania, due sedie e il telefono. — Sarà sufficiente? Flamel è sfuggito dalle mani di sei agenti altamente addestrati che lo tenevano sotto tiro e con la faccia sul marciapiede. E sappiamo che Saint-Germain

- il Maestro del Fuoco - è in casa. Stamattina abbiamo avuto un piccolo esempio di quello che il Conte è in grado di fare.

— I fuochi d'artificio erano del tutto innocui — osservò Dagon.

— Sono sicuro che avrebbe potuto fondere l'intera torre, se avesse voluto. Ricorda, fabbrica i diamanti dal carbone.

Dagon annuì.

Machiavelli continuò. — Sappiamo anche che i poteri della ragazza americana sono stati risvegliati, e ne abbiamo avuto un assaggio. La nebbia al Sacré-Coeur è stata un'impresa notevole per qualcuno così giovane e inesperto.

— E poi c'è l'Ombra — aggiunse Dagon.

La faccia di Niccolò Machiavelli si atteggiò a una smorfia. — E poi c'è l'Ombra — concordò.

— Ha neutralizzato dodici agenti armati in quel caffè, stamattina — disse Dagon, impassibile. — L'ho vista sbaragliare interi eserciti, ed è riuscita a sopravvivere per secoli in un Regno d'Ombra Infernale. Ovviamente Flamel la sta usando per proteggere i gemelli. Dobbiamo annientarla prima ancora di occuparci degli altri.

— Hai ragione.

— Servirà un esercito.

— Forse no. L'astuzia spesso giova molto di più degli eserciti. Ricorda: «Si viene di bassa a gran fortuna più con la fraude che con la forza.»

— Chi l'ha detto?

— Io. L'ho scritto in un libro, tanto tempo fa. Valeva alla corte dei Medici, e vale ancora oggi. — L'italiano sollevò lo sguardo. — Hai fatto chiamare le Disir?

— Stanno arrivando. — La voce di Dagon si indurì. — Non mi fido di loro.

— Nessuno si fida delle Disir. — Non c'era traccia di ironia nel sorriso di Machiavelli. — Hai mai sentito la storia di come Ecate intrappolò Scathach in quel Regno d'Ombra Infernale?

Dagon scosse la testa.

— Ecate usò le Disir. La loro faida con l'Ombra risale all'epoca successiva alla Caduta di Danu Talis. — Posando le mani sulle spalle della creatura, Machiavelli si avvicinò a Dagon, facendo attenzione a respirare con la bocca. Il suo servitore puzzava di pesce; un odore che rivestiva la sua pelle cianotica come una sorta di sudore oleoso e rancido. — So che odi l'Ombra, e non ti ho mai chiesto il perché, anche se ho i miei sospetti. E ovvio che deve averti causato molto dolore. Tuttavia ti chiedo di mettere da parte questi sentimenti; l'odio è il più inutile di tutti. E il successo è la migliore vendetta. Ho bisogno di averti concentrato e al mio fianco. Siamo vicini, ormai, vicinissimi alla vittoria. Presto riporteremo l'Antica Razza sulla Terra. Lascia Scathach alle Disir. Ma se loro falliscono, allora sarà tua. Te lo prometto.

Dagon aprì la bocca, rivelando l'arco dei denti sottili e acuminati. — Non falliranno. Le Disir intendono portare Nidhogg.

Niccolò Machiavelli sbatté le palpebre, sorpreso. — Nidhogg... è libero? Come?

— L'Albero del Mondo è stato distrutto.

— Se sguinzagliano Nidhogg contro Scathach, allora hai ragione. Non falliranno. Impossibile.

Dagon alzò una mano e si tolse gli occhiali. I suoi grossi occhi globosi erano sgranati e immobili. — Se dovesse sfuggire al loro controllo, Nidhogg potrebbe distruggere l'intera città.

Machiavelli si concesse un attimo di riflessione. Poi annuì.

— Sarebbe un piccolo prezzo da pagare per annientare l'Ombra.

— Parla come Dee.

— Oh, ma io non sono affatto come il Mago inglese — replicò Machiavelli. — Dee è un fanatico pericoloso.

— E lei non lo è?

— Io sono solo pericoloso.

John Dee si rilassò sul morbido schienale del sedile di pelle e osservò la scintillante griglia di luci di Los Angeles che svaniva a poco a poco ai suoi piedi. Controllando l'ora su un raffinato orologio da taschino, si chiese se Machiavelli avesse già ricevuto la telefonata del suo padrone. Sorrise, chiedendosi come l'avesse presa l'italiano. Se non altro, gli avrebbe dimostrato chi comandava.

Non ci voleva un genio per capire che Machiavelli avrebbe cercato di prendere Flamel e i ragazzi da solo. Ma Dee aveva passato troppo tempo alle calcagna dell'Alchimista per cederlo a un altro all'ultimo momento... e men che meno a uno come Niccolò Machiavelli.

Chiuse gli occhi mentre l'aereo prendeva quota facendogli serrare lo stomaco. D'istinto, afferrò il sacchetto di carta sul sedile accanto: gli piaceva volare, ma il suo stomaco protestava sempre. Se le cose andavano secondo i piani, presto sarebbe stato il sovrano di tutto il pianeta e non avrebbe più avuto bisogno di volare. Tutti sarebbero andati da lui.

Il jet si inclinò di lato e lo costrinse a deglutire; aveva mangiato degli involtini di pollo all'aeroporto e se ne pentiva amaramente. Anche la bevanda gassata era stata un errore.

Dee aspettava con trepidazione il ritorno degli Antichi Signori. Forse avrebbero ristabilito la rete di porte d'energia che attraversava la Terra e rendeva inutile il volo. Chiudendo gli occhi, si concentrò sugli Antichi Signori e sui molti benefici che avrebbero apportato al pianeta. Nel passato remoto, sapeva che essi avevano creato un paradiso sulla Terra. Tutti i libri antichi e i rotoli di pergamena, i miti e le leggende di ogni razza parlavano di quell'epoca gloriosa. Il suo padrone gli aveva promesso che gli Antichi Signori avrebbero usato la loro potente magia per far tornare il mondo a quel paradiso. Avrebbero invertito gli effetti del riscaldamento globale, riparato il buco nell'ozono e fatto rivivere i deserti. Il Sahara sarebbe fiorito; le calotte polari si sarebbero sciolte, rivelando la fertile terra sottostante. Dee pensava di fondare la sua capitale nell'Antartide o sulle sponde del Lago Vanda. Gli Antichi Signori avrebbero ristabilito i propri reami di un tempo in Mesopotamia, Egitto, America Centrale e ad Angkor, e con il sapere contenuto nel Libro di Abramo forse avrebbero fatto riemergere Da- nu Talis dalle acque.

Naturalmente, Dee sapeva che la popolazione umana sarebbe diventata schiava - e in parte cibo per quegli Antichi Signori che avevano ancora bisogno di mangiare - ma era un piccolo prezzo da pagare in confronto ai tanti benefici.

Il jet si raddrizzò, e lo stomaco del Mago si placò.

Dee aprì gli occhi, inspirò profondamente e controllò di nuovo l'orologio. Gli sembrava impossibile che nel giro di poche ore avrebbe finalmente catturato l'Alchimista, Scathach e anche i gemelli: una gradita aggiunta. Con Flamel e le pagine del Codice nelle sue mani, il mondo sarebbe cambiato.

Non aveva mai capito perché l'Alchimista aveva cercato così strenuamente di impedire agli Antichi Signori di riportare la civiltà sul pianeta. Glielo avrebbe chiesto... prima di ucciderlo.

 

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 2. Il Mago
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