21 DICEMBRE, 14.45, ORA STANDARD DELLE HAWAII-ALEUTINE
Il Diavolo di fronte all’orribile verità riguardo al suo batacchio maciullato
Postato da Madisonspencer@oltretomba.inferno
Gentili Tweeter,
accennando con il capo alla Lincoln Town Car, il fantasma di Mr K dice: «Questa è la mia corsa, vero? Andrò in paradiso, come mi hai promesso, vero?».
La portiera del guidatore si apre, e dall’auto scende uno chauffeur in livrea. Per prima cosa, sono i suoi stivali simili a zampe caprine a comparire; poi le mani guantate di pelle luccicante; poi il berretto con visiera che deve nascondere i due bitorzoli cornei che sbucano tra i capelli non pettinati. Drizzandosi in piedi inforca un paio di occhiali a specchio per nascondere gli occhi. Ha con sé un fascicolo di pagine rilegate su un lato, come una sceneggiatura. L’uomo apre il fascicolo e comincia a leggere ad alta voce: «“Madison si sentiva venir meno per il terrore e la confusione”».
E così è, gentili Tweeter. Mi sento svenire dal terrore.
«“Le sue grosse ginocchia carnose tremavano, molli d’orrore.”»
In effetti, le mie ginocchia fanno giacomo giacomo.
Lo chauffeur legge: «“Madison aveva reso ottimi servigi al suo artefice. Aveva condotto miliardi di figli di Dio tra le grinfie del Diavolo”». Volta una pagina del suo manoscritto e continua. «“Madison aveva tradito persino i suoi genitori, destinandoli alla dannazione eterna!”»
A quanto pare, in effetti, è vero.
Persino Babette si avvicina per gustare la mia umiliazione. Per sorridere compiaciuta alla vista della mia disfatta, domandando: «Come va la tua psoriasi?».
«“La piccola Madison”» legge lo chauffeur «“avrebbe in breve assoggettato a Satana ognuna delle anime viventi che l’Onnipotente aveva con tanto impegno creato. Tutto ciò che Dio aveva amato, Madison aveva fatto in modo che fosse consegnato alle molestie di Lucifero fino alla fine dei tempi…”»
L’autista interrompe il suo discorsificare. Apre la portiera posteriore della Town Car, e Mr K prontamente vi sale. L’autista lascia la portiera aperta, e altri fantasmi blu si mettono in fila per salire a bordo. I sempre più numerosi spiriti dei burinisti morti carbonizzati, soffocati dalle esalazioni tossiche o affogati nelle acque circostanti, questo gregge di recenti defunti passa dalla portiera che l’autista tiene socchiusa. Si ammassano lì dentro, così numerosi che in breve si confondono, si accalcano dentro quel veicolo che – credono loro – li traghetterà nel paradisiaco Aldilà.
«“Madison si credeva tanto intelligente”» legge lo chauffeur, «“ma non lo era. In verità, anzi, era stupida. La tontolona aveva causato la rovina di tutta l’umanità…”»
Piano piano, per non attirare la sua attenzione, mi sfilo il cardigan. Con fare furtivo, mi infilo la camicia impiastricciata, abbottonandomi con cautela, per evitare che le dita entrino in contatto con la secrezione incrostata che profusamente ne decora il davanti irrigidito.
«“La piccola Maddy”» legge l’autista, senza avvedersi delle mie mosse, «“non aveva scelta: doveva rassegnarsi a soddisfare ripetutamente le voluttà carnali di Satana…”»
Disponendomi in modo da proteggere i miei anziani nonni dall’ira diabolica, apro di scatto il libro appiccicaticcio del signor Darwin e mostro lo sfigurato capitolo che parla della Terra del Fuoco. Lì, l’altisonante diario di viaggio risulta illeggibile sotto una spessa coltre di orrori. A risaltare con particolare evidenza su quelle due pagine è il contorno di un pendaglio umano circondato di rosso.
«“La povera, grassa Madison Desert… Vattelapesca… Trickster Spencer”» legge il Diavolo «“sarebbe presto diventata la concubina del signore delle tenebre!”»
A differenza dell’autista satanico, molti altri si accorgono del libro aperto e insanguinato e della sua volgare illustrazione. La nonna e il nonno sbirciano entrambi il contorno del batacchio e cominciano a ridacchiare. Come loro, Festus, l’angioletto dorato, si concede uno sghignazzo, spalancando gli occhi nella gioiosa agnizione. Altre anime, spiriti degli arsi vivi in transito verso la Lincoln Town Car, azzardano un’occhiata verso il sanguinolento manufatto che io mostro, e anche loro ridono sotto i baffi.
Senza prestar loro attenzione, lo chauffeur gira un’altra pagina del suo testo. «“Madison servirà Satana nell’Ade e gli darà tanti repellenti bambini…”»
Facendomi coraggio, protendo il libro sporcato perché lui lo veda. «E come?» grido. «Come farà il potente Satana a consumare una sì profana unione?»
Interrotto nella lettura, il Diavolo alza gli occhi dal suo copione. Riflesse nelle lenti dei suoi occhiali da sole si vedono le pagine del libro del Beagle.
«Potente Satana» domando, «non fosti forse masturbato dalle osservazioni, viscide di sangue, effettuate da Darwin alla Baia del Buon Successo?»
L’autista abbassa lentamente gli occhiali, svelando i suoi gialli occhi caprini con le iridi in movimento bustrofedico.
Annotate a margine, nella grafia di mia nonna, le parole “Atlantide non è un mito. È una profezia”.
«Non è forse vero» insisto «che rimanesti addirittura castrato dal tuo unico incontro intimo con la piccolissima Maddy Spencer?» A questo punto, gentili Tweeter, nonostante la mia ottima educazione, in spregio a tutto il mio conformismo sociale autocensorio, sto ormai strillando: «Satana, o tenebroso, non ti duole forse la salsiccia di fronte alla prova della tua castrazione per mano della piccola Madison? Forse che non rigettò, lei, le tue maligne profferte nel non asettico ambiente di un gabinetto pubblico nel Nord dello Stato?».
Smascherato dalla mia rivelazione, il Diavolo in livrea non può che farfugliare.
Gentili Tweeter, ho mantenuto la promessa fatta in occasione del mio ultimo Halloween di fare il culo a una qualche entità satanica. Il danno inflitto con le mie mani cicciottelle è di gran lunga superiore a quanto avrei mai sognato di poter fare. Ho dimostrato di non essere mero oggetto delle lascive fantasie pedofile di Belzebù. Non basta un qualunque personaggio di finzione per mutilare il suo autore in questo modo.
Più eloquente di qualsiasi risposta verbale, la pelle già cremisi dell’autista avvampa scarlatta. Le corna gli si allungano, sollevando il berretto. Gli artigli fuoriescono, sfilandogli i guanti.
Incurante del cataclisma in corso intorno a me, proseguo nella mia arringa. Il rogo delle montagne di plastica crea un profilo fiammeggiante. Tutto il creato è questa mescolanza di tragedia e farsa, quando all’improvviso vedo avanzare tre persone. La succube Babette, mia ex migliore amica, spinge avanti mia madre e mio padre pungolandoli con la lama assassina di un enorme coltello decorato. È lo stesso antico coltello con cui Goran ha giustiziato il dolce pony Shetland.
La vista dei miei genitori, condotti alla presenza del Diavolo per essere ovviamente utilizzati come ostaggi, è una cosa che mi turba. Ciononostante, ostento con decisione il libro corrotto, dicendo in tono di sfida: «Mostraci, tenebroso signore, se resta qualcosa del tuo batacchio maciullato». Gonfiando il petto a mostrare la mia camicia di chambray impiastricciata, domando: «Forse che questo non è il tuo seme demoniaco?».
Livido e fremente, Satana scaraventa a terra la sua sceneggiatura. Si volta, si allunga all’interno della Town Car e ne estrae qualcosa di pallido. Una specie di straccio arancione gli penzola da una mano. Scosso con forza dal braccio infuriato, lo straccio emette un lamentoso miao.
Santo cielo. È Tigrotta.
Prima che io possa fermarlo, l’angelo Festus rilancia la mia sfida. «Sì, principe delle menzogne, mostraci il tuo pisellino mozzato.»
La nonna rincara gridando: «Mostracelo! Fammi vedere il tuo piccolo vermiciattolo deforme!».
E per tutta risposta il maligno Satana si rivolge con calma al demone che tiene in pugno i miei genitori e dice: «Uccidili. Tutt’e due, adesso».