21 DICEMBRE, 8.44, ORA STANDARD DELLA COSTA DELL’ATLANTICO
Una predatrice sessuale nel regno animale
Postato da Madisonspencer@oltretomba.inferno
Gentili Tweeter,
non per vantarmi, ma non esiste una mente adulta che possa arrivare alla depravazione, alla perversione di un’innocente vergine undicenne. Prima di assimilare i noiosi dati dell’anatomia riproduttiva, quando sono ancora privi di tatto e di conoscenze meccaniche, i bambini possono figurarsi commerci sessuali con le orche marine… le zebre… i fenicotteri.
Da piccola pre-morta, sognavo di dare alla luce bambini alati. Seducevo una piovra, e la nostra progenie nuotava negli oceani. La pubertà mi allettava con la possibilità che i miei figli potessero ruggire con imponente testa leonina o correre su zampe fesse. Perché nessuno l’aveva mai fatto prima? Non vedevo l’ora di scoprirlo.
Grazie all’ispirazione del mio serraglio di peluche, il mio diario cominciò a riempirsi di questo genere di deliri carnali. Inutile dire che queste avventure erano interamente fittizie. Io le inventavo e le trascrivevo meticolosamente su carta in bella grafia per l’inevitabile fruizione di mia madre. “Caro Diario” scrivevo, “oggi mi sono tamponata la passerina nuda con la tossina allucinogena della medusa…”
Per rispondere a CanuckAIDSemily, sì, avrei potuto aprire un blog, ma il mio piano poteva riuscire solo se i miei genitori si fossero convinti che io volevo nascondere i particolari dei miei sordidi vizi. “Caro Diario” scrivevo, “la mamma non deve saperlo, mai!, ma oggi ho sorbito un assenzio divino usando come cannuccia il batacchio essiccato di una scimmia…” Riponevo il mio fantasioso diario tra dozzinali romanzi di inizio Ottocento nella mia nutrita libreria, e i miei genitori, neanche una settimana dopo l’inaugurazione del diario, cominciarono il loro spionaggio ostile.
La loro operazione iniziò senza annunci ufficiali, ma me ne accorsi perché di punto in bianco, chiacchierando a colazione, mia madre alluse al fatto che succhiare il batacchio alle scimmie era un’ottima pratica ad alto rischio per contrarre l’HIV.
«Davvero?» domandai, becchettando il mio toast, segretamente euforica nel vederla abboccare all’amo. «Tutte le scimmie senza eccezioni?» Leccandomi la punta delle mie tozze dita unte di burro, domandai: «Anche il Saimiri sciureus?».
Mio padre sputò il caffè per non strozzarsi. «Il cosa?»
«L’adorabile scimmia-scoiattolo» dissi. Mossi vezzosa le palpebre. Un rossore civettuolo mi imporporò le guance.
Mio padre disse: «Perché lo domandi?».
Al che io scrollai le spalle. «Così…» A quell’età avevo una tale mania per le scimmie che volevo sposarmene una. Certo, prima sarei andata al college, ma dopo la laurea in studi marginali comparativi postmoderni di genere volevo diventare madre di un tenero scimmiotto.
I miei genitori si scambiarono sguardi angosciati.
«E il batacchio così grosso e attraente della Callithrix pygmaea?» domandai. Aprii la mano dalle dita imburrate e cominciai a contare sulle punte, come se rievocassi passate tresche. «La marmosa pigmea?»
Mia madre esalò un lungo sospiro e si rivolse a mio padre – «Antonio…» – con un sopracciglio arcuato come a voler domandare: “Che cosa è successo al Tiergarten, caro?”. Erano riluttanti all’idea di imporre restrizioni al mio comportamento, ma era chiaramente necessario qualificare alcuni atti come proibiti. In ogni caso, dopo tutta l’ideologia del libero amore che mi avevano rovesciato addosso, potevano consigliarmi al massimo di attenermi alle pratiche sessuali più sicure, quale che fosse la specie del partner. Con un pallido sorriso, mia madre mi domandò: «Vuoi uno Xanax, tesoro?».
«E…» insistetti io, simulando apprensione, «il Chloropitecus aethiops?» Mio padre, in effetti, mi aveva portato allo zoo di Berlino, un mese prima, e quell’uscita era stata per me un’ottima opportunità di studio.
L’espressione raggelata che semisfigurò i tratti saturi di Botox del viso di mia madre fu identica a quella che fece alla serata degli Oscar quando a Tom Cruise fu assegnato il premio alla carriera, un attimo prima di chinarsi a vomitare nella borsa dei gadget da nomination di Goldie Hawn, bruciando una piccola fortuna in costosi cioccolatini e occhiali da sole di Gucci.
Al massimo potevano regalarmi una serie di preservativi usa-e-getta multispecie delle dimensioni più varie e farmi la lezione sull’importanza di esigere rispetto dai miei scimmieschi partner sessuali.
In quel momento capii che non avrebbero mai confessato di leggere il mio diario. D’altra parte, poiché mi stavo rivelando una undicenne sociopatica con manie sessuali, sarebbero stati per sempre costretti a leggerlo. Anzi, non potevano rischiare di non leggere il mio diario, e con le mie calcolate pseudoconfessioni li potevo manipolare a mio piacimento. Erano miei schiavi.
“Caro Diario” scrivevo, “oggi ho aspirato boccate devastanti di erba hawaiana da una pipa ad acqua colma di ribollente e tiepido sperma di elefante…” Mi intristisce, a posteriori, la facilità con cui i miei genitori accettavano la realtà della mia foia bestiale. “Caro Diario” scrivevo, “oggi ho preso l’LSD e ho fatto delle seghe tenerissime a una mandria di gnu…”
Sì, sulla carta ero una libertina. Poiché però nei fatti ero una cripto-snob repressa, mentre mia madre e mio padre mi immaginavano impegnata in rapporti a due o a tre con asini e scimmie cappuccine, in realtà me ne stavo nascosta in qualche grande cesta della biancheria a leggere romanzi storici di Clare Darcy. Gran parte della mia infanzia rientra in questo tipo di contabilità comportamentale a partita doppia.
“Caro Diario, che sbronza!” scrivevo. “Ti prego, ricordamelo: non devo farmi mai più le flebo di urina stagionata di iena con aghi sporchi! Sono stata sveglia tutta la notte, impugnando un coltello Wüsthof da macellaio, in piedi accanto al letto dei miei genitori. E sono sicura che, se uno di loro si fosse anche solo rigirato nel sonno, li avrei ridotti entrambi a brandelli sanguinolenti…”
E io? A posteriori, riconosco di aver ripetuto l’errore strategico di Charles Manson. Mi sarei dovuta fermare al livello della varietà domestica di maniaca fissata con animali sesso e droga, e invece no: ho dovuto rincarare la dose, passare a potenziale psicopatica con coltello in pugno… C’è poco da meravigliarsi, allora, che poco dopo questo particolare brano di diario, i miei mi abbiano spedito, incorreggibile maniaca sessuale undicenne, nel tedioso Nord dello Stato.