21 DICEMBRE, 10.30, ORA STANDARD DELLA COSTA DEL PACIFICO
L’abominio avanza
Postato da Hadesbrainiacleonard@oltretomba.inferno
Tra gli allievi di Platone il mito della pseudocreaturina si propaga. Secondo il logografo Ellanico di Lesbo, i bicchieri di plastica e le boccette vuote dei farmaci formano una variegata flotta lanciata in una missione maledetta. Esposta ora al sole cocente ora alle piogge battenti, questa armata di immondizia segue la sua impervia rotta oltre la cintola equatoriale del pianeta, traversando il tratto più ampio dell’Oceano Pacifico, in un viaggio non dissimile da quelli di Darwin e Gulliver e Ulisse. E alla testa di quest’avanzata c’è la pseudocreaturina, immersa in questo brodo di plastica in decomposizione. Il sole, infatti, fotodegrada questi sacchetti della spesa e della lavanderia. L’azione del vento e delle onde li rimescola, riducendoli in frammenti sempre più piccoli. I brandelli si saldano, e le braccia della pseudocreaturina sviluppano mani, e dalle mani germogliano le dita di plastica ondeggiante. Il bambinocosa… dalle sue gambe spuntano piedi. E i piedi si sfrangiano a formare dita inerti. Alla deriva al centro del Pacifico, il pallido bambinocosa è senza vita, le membra molli come il cadavere di un annegato, ma continua a crescere. Alimentato da questa zuppa di particelle di plastica, filamenti sottili come capelli cominciano ad allungarsi sulla testa. Due bolle si gonfiano ed erompono a creare i gusci delle orecchie. Frammenti di plastica sciamano e si compattano a formare un naso, eppure il fluttuante bambinocosa ancora non può dirsi vivo.
Si notino le analogie tra il pellegrinaggio della nostra pseudocreaturina e quello di Perseo infante. L’eroe della mitologia greca che avrebbe in seguito ucciso la gorgone Medusa e imbrigliato Pegaso, il cavallo alato, da neonato fu deposto in una cassa e mandato alla deriva. E non sfuggano le somiglianze tra l’ordalia di Perseo e quella del santo gallese Cenydd, che da neonato fu posto in una cesta di vimini e abbandonato in mare niente meno che dall’eroico re Artù. E si considerino gli echi che in questa storia si colgono del destino del bardo gallese Taliesin, che da piccolo fu messo in una borsa di pelle gonfiata e mandato alla deriva. Così come nella leggenda del re guerriero Karna della mitologia indù, piazzato dalla madre in una cesta e affidato alla misericordia del Gange. Tutta questa storia e questa teologia transculturale naviga insieme alla pseudocreaturina e alla sua armata di plastica.
E in tutti questi viaggi, tutte le religioni diventano una.
E ora lo juggernaut avanza oltre le isole Hawaii. I palloni da spiaggia e gli spazzolini da denti in decomposizione vengono agitati dal mare e si scompongono in schegge e residui e brandelli. In resine cumaronindeniche e ftalato di diallile. I fotoni delle radiazioni infrarosse e ultraviolette spezzano i legami che tengono insieme gli atomi. L’idrolisi causa la scissione delle catene di polimeri. E queste cose, accendini usa e getta e collari antipulci, vengono ridotte ai loro monomeri di base.
Sospeso in questo ricco bagno – credono i neoplatonici – il bambinocosa cresce e si pasce. Sviluppa labbra e queste labbra si schiudono a mostrare una bocca, ma il bambinocosa non è ancora vivo. E nella bocca spuntano denti di poliarilato.
Sopra l’isola di Wake, il diluvio di composti di poliesteri termoplastici e di ossido di polifenilene vira verso nord, indugiando nei pressi di Yokohama, lungo la costa del Giappone. Lì un orologio da polso scartato si avvolge intorno a un polso in crescita. La faccia del bambino-cosa galleggia sopra il pelo dell’acqua come un piccolo atollo. L’orologio rotto comincia a ticchettare. L’idoletto apre gli occhi, occhi intorpiditi che guardano i cieli sopra l’oceano. E nelle serene notti equatoriali, quegli occhi di polistirene restano incantati dalle stelle.
Le nuove labbra fremono e proferiscono le parole: «Santo cielo!».
Eppure il bambino-cosa non è ancora vivo.