21 DICEMBRE, 12.18, ORA STANDARD DELLE HAWAII-ALEUTINE

Camille turista nell’Oltretomba

Postato da Madisonspencer@oltretomba.inferno

Gentili Tweeter,

nel salone della nave, mia madre accetta la fiala di ketamina offertale dal signor Crescent City e immerge profondamente un’unghia smaltata nella polvere bianca. Ripete il gesto una-due-tre volte, inalando ogni dose con una sniffata così violenta che la sua testa acconciata sul suo collo di cigno scatta all’indietro per il contraccolpo. Solo quando la sua unghia non riesce più a trovare l’apertura della fiala, Camille Spencer si accascia di lato sul divano, e il su e giù del suo seno di fama mondiale diventa così debole da risultare impercettibile.

Prima che la boccetta possa sfuggire alla presa chimicamente allentata di mia madre, il signor City la recupera con il prezioso contenuto rimasto. Dice: «Suprema Santa Madre Spencer…».

Il familiare spettacolo ha inizio con un puntino di luce azzurra che compare al centro del petto. L’azzurro si fa via via più intenso e si proietta verso l’alto prima di formare una sorta di viticcio, che sale a spirale fin quasi al soffitto. Al suo culmine, quel rampicante si allarga a mo’ di germoglio. Il germoglio assume la forma di un corpo, vago e sottilissimo. Il colore è il blu che la pelle vede quando ci si infila tra lenzuola Pratesi a milleseicento fili, inamidate e stirate. È il blu che la lingua sente quando si assaggia la menta piperita.

Per ultimi appaiono i tratti blu del volto, gli zigomi ampi di mia madre che si assottigliano fino al mento aggraziato. I suoi occhi vengono a posarsi su di me, sulla visione del mio fantasma seduto accanto a lei, e la sua bocca sboccia, e la voce è come un profumo. È lei, questo spirito elegante, che dice: «Madison Desert Flower Rosa Parks Coyote Trickster Spencer… smetti subito di morderti le unghie!».

Oh, gentili Tweeter, vittoria, finalmente! Irrito, dunque sono.

Messa al sicuro la sua scorta di Special K, il signor City posa con delicatezza due dita sul lato del collo rilasciato di mia madre, per controllare la pulsazione. Le poggia una mano sulla fronte e le solleva una palpebra, sporcandosi il pollice di ombretto ramato, per accertarsi che la pupilla, lentamente, si dilati.

Guardandolo dall’alto, lo spirito blu di mia madre ha un’aria malinconica. «Maddy non ha mai capito per quale ragione io prendessi così tante droghe.»

Senza più mordermi le unghie, dico: «Sono io. Sono qui».

«Tu sei solo una triste proiezione della mia mente drogata» replica lei.

«Sono Madison.»

L’aleggiante, lucente spettro blu scuote la testa. «No» dice. «Mi sono fatta abbastanza trip di LSD in vita mia da saper riconoscere un’allucinazione.» Sorride con la lentezza e lo splendore di un’alba tropicale. «Tu sei soltanto un sogno.» La sua voce di fantasma è tranchant: «Sei soltanto una proiezione della mia coscienza colpevole».

Io, dice, sarei un prodotto della sua immaginazione.

Lo spirito di mia madre sospira: «Sei proprio come Leonard mi ha predetto».

Potete immaginare la mia frustrazione, gentili Tweeter. Il Diavolo mi rivendica quale sua invenzione. E altrettanto fa Dio. Se c’è da credere a Babette, io sarei coinvolta in una grande cospirazione ordita dai miei presunti amici all’inferno. Ora mia madre mi liquida come se non fossi che una visione indotta dalla droga. Quand’è che diventerò finalmente creazione di me stessa?

Fluttuando con movenze da cigno vicino al soffitto, spiega che quando era solo una bambina e strappava erbacce e batteva tappeti in quella fattoria nel Nord dello Stato un addetto al telemarketing aveva cominciato a telefonarle e a predirle il futuro. All’inizio aveva creduto che fosse un pazzo. La sua voce era nasale e stridula, come quella di un ragazzino adolescente. Peggio ancora, sosteneva di avere più di duemila anni e di essere stato un sacerdote nell’antica città egizia di Sais. Era giovane e stupido, aveva concluso lei, oppure era chiaramente uno squilibrato.

Ridendo al ricordo, dice: «La prima volta che mi chiamò, Leonard stava svolgendo una ricerca di mercato sulle abitudini di chi guardava la TV via cavo… Tu conosci la nonna. Non ha mai voluto mettere la TV via cavo, ma io mentii e dissi che l’avevamo. Tu sai quanto ci si può sentire soli in quella fattoria. Leonard disse che, se gliene avessi dato il permesso, mi avrebbe ritelefonato l’indomani».

Questo sconosciuto al telefono conosceva particolari su mia madre di cui nessuno era al corrente. E nei primi tempi le aveva detto di comprare un biglietto della lotteria. Le aveva detto quale numero prendere e, dopo la vincita, le aveva suggerito dove andare per farsi scattare alcune foto e le aveva spiegato esattamente dove inviare quelle foto: a quale produttore cinematografico. Quel ragazzino, Leonard, l’aveva resa famosa. Le aveva detto come avrebbe conosciuto il futuro marito. Ogni giorno le telefonava con buone novelle sul suo futuro. Il biglietto della lotteria si era rivelato vincente. Il produttore l’aveva scelta per un film quando lei non aveva ancora compiuto diciassette anni, e quando mio nonno si era rifiutato di farla lavorare, Leonard aveva telefonato per spiegarle come fare per diventare un minore libero dalla tutela legale dei genitori.

L’angelo custode le aveva detto di raccogliere fiori e di chiuderli tra le pagine di un libro. Per onorare il padre, diceva Leonard, per quando lei non lo avrebbe più rivisto.

«Mi pareva che la nonna mi capisse» spiega la mia mamma fantasma. «Mi comprò il biglietto della lotteria. Mi disse che un sondaggista di quel tipo telefonava anche a lei sin da quando era una bambina.» Patterson, diceva di chiamarsi. Roba di diversi decenni addietro. «A un certo punto Patterson le aveva annunciato la data esatta in cui avrebbe partorito una figlia. Le aveva detto di chiamarla Camille.»

Mia madre aveva lasciato la fattoria nel Nord dello Stato per non tornarci mai più.

Insomma, a quanto pare, gli addetti al telemarketing guidano il destino della mia famiglia da almeno tre generazioni.

Sotto l’improbabile tutela di questo sconosciuto senza volto, la carriera cinematografica di mia madre aveva avuto un avvio folgorante. Come predetto da Leonard, mia madre aveva conosciuto e sposato mio padre. E, grazie ai consigli di Leonard, anche i loro investimenti erano cresciuti a valanga. Dovunque li avessero portati i loro ambiziosi progetti, a Bilbao e a Berlino e a Brisbane, Leonard era sempre riuscito a rintracciarla. La chiamava quotidianamente con sempre nuovi ordini del giorno, e i miei avevano preso a fidarsene ciecamente. Prima ancora di aver compiuto venticinque anni, erano la coppia più ricca, adorabile e celebrata al mondo.

Dopo aver accompagnato i miei genitori alla ricchezza e alla fama, un giorno Leonard aveva telefonato a mia madre a Stoccolma o a Santiago o a San Diego, per annunciarle la data e l’ora della mia nascita.

«Me lo sussurrò all’orecchio» giura il fantasma di mia madre, alla deriva. «Si limitò a sussurrarmi l’idea di te.»

E così ero stata concepita io.

Il suo bellissimo viso che splendeva sopra di me, gli occhi di fantasma colmi di lacrime profonde, mi dice: «Mi disse di chiamarti Madison. Noi eravamo in estasi. Mi disse che saresti stata una grande guerriera. Avresti sconfitto il maligno in una terribile battaglia. Poi, però, Leonard esagerò…».

Attimo per attimo, mi dice, la mia vita si era dipanata esattamente secondo le previsioni di Leonard.

«Ci disse esattamente quando e come saresti morta.»

A un certo livello, opina lei, tutte le madri sanno che i loro figli soffriranno e moriranno: questa è l’orribile e indicibile maledizione di dare la vita. Sapere il luogo e il momento esatto della morte dei propri figli, però, è un peso troppo duro da sopportare. «Seppi di essere destinata ad avere una figlia che sarebbe stata assassinata. Tutti i miei ruoli nel cinema sono stati un’esercitazione per quella occasione…»

Camille Spencer. Camille Spencer. A qualunque ora uno accenda la TV, in qualsiasi giorno, lei è lì: la suora perseguitata dal dolore che strappa una parola di rimorso a killer seriali in punto di morte; la stoica cameriera e madre single il cui figlio adolescente viene ucciso in una sparatoria tra gang. La Grande e Saggia Sopravvissuta. La Radicale Veterana con Tutte le Risposte Pronte.

Escluso dalla percezione del fantasma di mia madre, il signor Crescent City si rivolge al salone dicendo: «Lo vede l’angelo Madison? Lo vede che non sono un bugiardo?».

La cognizione di come sarei morta aveva attenuato il loro amore per me. Mia madre chiude gli occhi fantasma e dice: «Sapevamo quali sofferenze atroci avresti patito, perciò cercavamo di tenerti a distanza di sicurezza. Non riuscivo a tollerare il pensiero dei tormenti che avresti sofferto, perciò ricorremmo alle critiche per evitare di amarti troppo. Concentrandoci sui tuoi difetti cercammo di non esporci in pieno al trauma del tuo assassinio».

E bevendo e calandosi pastiglie. «Perché, secondo te, tuo padre e io ci drogavamo così tanto? Come si fa, altrimenti, ad andare avanti sapendo per certo che la propria figlia è prossima alla morte?»

Con un sorriso malinconico, mormora: «Ricordi che brutto quando ti è morta la gattina?». Il suo respiro si impiglia, e lei chiude per un attimo i suoi occhi di fantasma. Si sforza di ricomporsi. «Per questo non potevamo dirti che la tua Tigrotta era spacciata.»

Leonard aveva detto loro che avrei inventato piccanti pagine di diario ispirate dai miei animali di peluche. Mi avevano mandato in collegio… ai campeggi degli ecologisti… nel Nord dello Stato, perché era atroce vedermi ogni giorno, con quel che sapevano.

«Mentivo persino sulla tua età» dice mia madre. «Dicevo sempre a tutti che avevi otto anni, perché Leonard aveva sempre previsto che saresti morta nel giorno del tuo tredicesimo compleanno.»

Un addetto al telemarketing le aveva dato la totale prescienza di tutta la mia vita tronca.

La sera in cui mia madre era salita sul palco alla cerimonia di consegna degli Oscar e mi aveva augurato un felice compleanno, sapeva che stavo spirando. Mentre la sua immagine televisiva torreggiava su di me da quello schermo ad alta definizione in una suite d’hotel a Beverly Hills, dicendo: «Tuo padre e io ti amiamo tanto, tantissimo…» già sapeva che ero stata strangolata. Mentre mi augurava: «… buonanotte, e dormi bene, mio prezioso angioletto…» mia madre già sapeva che stavo morendo.

Sventura
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