21 DICEMBRE, 14.41, ORA STANDARD DELLE HAWAII-ALEUTINE

Un oscuro episodio rivisitato… finalmente

Postato da Madisonspencer@oltretomba.inferno

Gentili Tweeter,

l’ultima volta che vidi nonno Ben fu la sera di Halloween, la sera in cui morì la nonna Minnie. Il suo fantasma spaventapasseri si era presentato davanti alla nostra veranda nel tedioso Nord dello Stato. E adesso è qui. Insieme alla nonna. Certo, le lezioni apprese in materia di etichetta svizzera mi imporrebbero un’informale e cordiale richiesta di informazioni sul suo pendaglio semireciso e spiaccicato in un libro, ma mi ritrovo insolitamente senza parole.

Stranamente, la conflagrazione del vulcano di Styrofoam in corso riecheggia le non felici circostanze del nostro ultimo incontro fatale. Il furibondo rilascio di gas policarbonici evoca il fetore di quel vecchio gabinetto del Nord dello Stato. Il calore di questo cataclisma di plastica incandescente richiama la rovente temperatura di quel pomeriggio d’estate.

Non avendo parole, adotto il contegno distaccato cui tanto spesso, di recente, ho fatto ricorso: quello della soprannaturalista empirica. In quanto figlia di genitori ex seguaci della Gestalt, ex autorealizzati, ex eutoniani, riconosco che se qualcuno ha da sentirsi in imbarazzo in questa situazione, non sono certo io. È stato mio nonno a fare il degenerato predatore sbandieratore di pupù. Reprimendo una vita di condizionamenti sociali, però, mi decido a non fare commenti sul clima. Scelgo, invece, di rimanere in silenzio e di osservare semplicemente il mio soggetto in cerca di segni di disagio.

Il mio terribile segreto non è solo mio. È anche del nonno. Come un tempo fui io ad attendere al “buio” del mio cubicolo in quel gabinetto pubblico, pronta a sopportare il peggio, tocca a lui ora sopportare il mio sguardo indagatore. Alla maniera invisibile del signor Darwin o del signor Audubon, compilo un freddo inventario dell’esemplare sotto osservazione. Mi figuro il tozzo dito senza ossa che tanto mi minacciava. Le infinite minuscole grinze che rivestivano la spugnosa superficie del dito e i peluzzi arricciati che ne spuntavano. Rivisito l’acre e non salubre odore del dito.

È mia nonna a rompere il silenzio. «Siamo arrivati con la giostra volante. Che viaggio!»

Li soppeso con freddezza.

Mia nonna persevera: «È dal giorno in cui è morto che tuo nonno desidera rivederti».

Non faccio il minimo sforzo per rispondere. Che siano loro a nominare l’orrore. Che siano loro a scusarsi.

«Quella è stata proprio una giornata orribile» dice la nonna Minnie, dandosi dei colpetti sul cuore con una mano fittamente tatuata. Avvicina un’unghia di porcellana alla fronte e si dà una grattatina sotto l’orlo della parrucca bionda. «Il giorno in cui è morto? Fammi pensare…» Il suo sguardo vaga da una parte all’altra. «Avevamo indovinato che volevi andare all’isola spartitraffico sull’autostrada.»

A questo punto interviene il nonno, l’uomo degli agguati nei gabinetti pubblici.

«Ne avevi parlato a colazione.» Dice: «Avevamo paura che tu provassi ad attraversare l’autostrada, perciò avevo deciso di andare lì per tenere la situazione sotto controllo».

Io rimango impassibile. A giudicare dall’angolazione della sigaretta, direi che la nonna è su di giri, felice persino.

«Quel posto orribile» dice la nonna, facendo una smorfia. «Tuo nonno stava venendo lì a prenderti e ha avuto un infarto.»

Io mi diletto guardando oziosamente il mio orologio da polso. Fingo di scaldarmi le mani da fantasma sul divampante e guizzante falò che consuma i resti mortali di Mr Ketamina. «Stecchito proprio sulla veranda di casa, ecco» dice il nonno.

«Proprio sui gradini» aggiunge la nonna. «Si è portato le mani al petto ed è stramazzato.» Giunge le mani per enfatizzare le parole. «È rimasto senza respirare per venti minuti prima dell’arrivo dell’ambulanza con gli infermieri che l’hanno rianimato.»

Il nonno si stringe nelle spalle. «Cosa vuoi che ti dica? Non per vantarmi, ma sono finito dritto in paradiso. Ero morto.»

«No che non lo eri» obietta la nonna Minnie.

Il nonno ribatte: «Certo che lo ero, eccome!».

Imperterrita, la nonna fa: «Dopo aver rianimato il cuore del nonno, quelli dell’ambulanza volevano portarlo all’ospedale, ma lui non ne ha voluto sapere».

Il nonno incrocia le braccia e commenta: «Su questa parte qui ci ha ricamato sopra. Non è così che è andata».

«Io c’ero, ti ricordo» dice la nonna.

«Be’» dice il nonno, «c’ero anch’io.»

«Siamo stati sposati per quarantaquattro anni» dice la nonna Minnie, «e non mi aveva mai parlato in quella maniera lì.» Dice: «Forse stava soffrendo, ma questa non è mica una scusa».

«Ma come facevo a parlare» dice il nonno Ben, «se ero morto?»

La nonna Minnie insiste: «No, era fissato di venirti a prendere, Semino di zucca».

A questo punto, gentili Tweeter, una teoria comincia a prendere forma nella mia pancia pensante di soprannaturalista.

«E dopo» dice la nonna, «era come un’altra persona.»

«Ero come una persona morta.»

Solo per chiarire, domando: «Volete dire che la squadra dei soccorritori ha usato un defibrillatore cardiaco sul nonno?».

La nonna dice: «Voleva venire a cercarti in quello schifoso gabinetto pubblico». Dice: «Era pallido, arrancava. Gli infermieri pensavano che sarebbe morto da un momento all’altro».

Il nonno usa la punta di un dito indice per farsi una croce sul petto. «Giuro» dice. «Sono morto tra le braccia di tua nonna sui gradini della veranda.»

Gli infermieri, spiega la nonna, lo avevano rianimato e gli avevano fatto firmare un foglio di dimissioni. Lui aveva aspettato che se ne andassero e subito dopo era saltato sul suo furgoncino.

Nana si sporge verso di me e mi confida in un sussurro plateale: «Mi ha chiamato p…!».

«Ma non è vero» dice il nonno, conciliante. «Ne abbiamo già discusso un milione di volte.»

Lei tossisce. «Mi hai detto quella parola e poi sei corso via per andare a cercare Maddy in quella schifosa isola spartitraffico.»

I miei nonni, loro Ctrl+Alt+Litigano. Si tengono il broncio. La paziente soprannaturalista empirica che è in me è duramente provata. Alla fine, per favorire una qualche conciliazione, domando: «Nonno, ascoltami, tu per caso sei andato nel bagno e ti sei ritrovato con la tua vecchia salsiccia strappata?».

Lui mi guarda sgomento. «Maggiolino mio! Come ti viene in mente anche solo di farmi una simile domanda?»

«Perché è successo!» grida la nonna Minnie. «Qualche mostro ti ha strappato le parti intime e tu sei morto dissanguato come un maiale!»

«Non è successo.»

«Io ho visto il tuo cadavere!» dice la nonna. «Non li guardate i notiziari in paradiso?» Le sue mani nodose impaginano parole immaginarie nell’aria. «Tutti i giornali hanno titolato: Padre di attrice torturato e ucciso in una toilette

In questa situazione di stallo chiaramente già più volte sperimentata, nonostante il continente di Madlantide stia sciogliendosi in alto mare, e burinisti ornati di fiamme ci sfreccino accanto simili a comete umane, mi rendo conto di essermi sbagliata. È ovvio: l’anima del nonno Ben era volata via, e un altro spirito aveva preso possesso del suo ex corpo. Qualche fantasma o forza demoniaca ha usato l’elettroshock dei paramedici come un giovane delinquente che accenda un’auto con i fili elettrici per poi andare a farsi un giro. Come ho appena fatto io con il cadavere di Mr Ketamina. È stato quello strano rubacadaveri sventolasalsiccia ad avvicinarmi nel gabinetto del Nord dello Stato. Non il mio carissimo nonnino.

Provo a pensare alla svelta e cerco con cautela di deviare l’ira dei nonni domandando: «Nonna, sai cos’è che mi manca, più di tutto, dell’essere viva?». Senza aspettare risposta, butto lì: «La tua deliziosa cheesecake al burro d’arachidi!». A mio nonno dico: «Mi dispiace di non essere stata lì a dirti addio quando sei morto!». Intonando le parole con una sincerità particolarmente infantile, dico: «Grazie per avermi insegnato a costruire le casette per gli uccellini».

Protendo le mie paffute braccia fantasma cingendoli in un goffo abbraccio proprio mentre due fanali d’auto tinti di rosso si avvicinano. Una strana automobile – chiazzata di sangue, sfrangiata di filamenti di sangue coagulato – procede come per magia, silenziosamente, su per il pendio del monte in eruzione. In questo momento dolcissimo del nostro ricongiungimento, una luccicante Lincoln Town Car nera si ferma proprio accanto a noi.

Sventura
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