21 DICEMBRE, 13.16, ORA STANDARD DELLE HAWAII-ALEUTINE
Lo scopo della mia orribile vita, svelato!
Postato da Madisonspencer@oltretomba.inferno
Gentili Tweeter,
il paradiso esiste.
Esiste un Dio, non solo Warren Beatty.
Il paradiso c’è, gentili Tweeter, ma questo fatto offre ben poco sollievo a chi di noi è destinato a trascorrere l’eternità altrove. Il mio Festus del Nord dello Stato è diventato uno scintillante, minuscolo angioletto, mentre io, cicciottella, sopporto gli ardenti, sulfurei laghi di merda e Il paziente inglese. Sono felice per lui. Deliziata. Dico davvero, ma questi momenti di disuguaglianza sociale non rientravano nell’impegnativo programma del corso di etichetta. Per fortuna, questa difficoltosa conversazione viene interrotta dall’insistente squillo del telefono del salone. Babette risponde secca: «Sì?».
Tenendo d’occhio Festus e me, ascolta la voce all’altro capo. Un attimo dopo sbotta: «No, non voglio rispondere a un sondaggio su prodotti di consumo». Dice: «Emily, come hai fatto a trovare questo numero?».
Squilla anche il telefono di mia madre, che risponde. E poi suona quello di mio padre.
Vi devo eterna gratitudine, HadesBrainiacLeonard, PattersonNumber54 e CanuckAIDSemily. Il vostro tempismo è eccezionale.
«Il mio chewing gum preferito?» domanda mia madre, incredula. «Leonard, caro, sei tu?»
Mio padre dice: «No, non ho mai comprato quelli d’agnellino».
Nel conseguente caos da telemarketing, il giovane Festus mi porta via di soppiatto dal salone dello yacht. Fuggiamo per corridoi e boccaporti. Nella nostra fuga ridacchiante, ci dissolviamo attraverso paratie e cameriere somale, gustando vernice e banana curry semidigerito, finché non arriviamo nella mia cabina privata, da tempo sigillata. Lì, troviamo le tende tirate, le luci spente, l’aria condizionata a conservare i miei orsacchiotti Steiff e le edizioni economiche di Judy Blume a temperature da archivio. Ogni capello perduto, ogni vasetto di lucidalabbra alla fragola, è stato conservato con una cura degna di un diorama della Smithsonian o del museo di storia naturale. Morti come siamo, il mio solido scudiero e io, siamo cionondimeno due persone single in cerca di rifugio in una stanza con un letto e chiusa a chiave.
Troppo impregnato di possibilità romantiche è il mio cuore fantasma per poter ignorare questa svolta. Mi stendo sul copriletto di satin in una posa che spero non susciti indifferenza. Nella mia mente di fantasma si forma spontanea, indesiderata, l’immagine della mia nonna che fumava, senza parrucca e senza mutande sul letto identico nell’attico del Rhinelander. Per scacciare questa immagine, do con la mia mano post-viva qualche colpetto accanto a me e dico: «Insomma… sei un angelo. Bel colpo». Se il mio Festus è all’oscuro dei miei trascorsi di maciullatrice di parti maschili delicate, io non smanio certo dalla voglia di informarlo. E non so neanche se lui sa che la mia anima è stata condannata all’Ade. Dopo un po’, azzardo: «Insomma, in paradiso si sta bene. Non trovi?».
Festus mi sorride con la stessa espressione condiscendente e con gli occhi tristi che mia madre adotta quando si rivolge all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Un diluvio di lacrime compassionevoli, trattenuto a malapena.
Imperterrita, dico: «Sì, il paradiso è molto meglio di quel che mi ero immaginata…».
Festus, silente, continua a guardarmi, le labbra tremanti per la pena.
Diffidente, domando provocatoriamente: «Ehi, quando la mietitrebbia ti ha fatto a brandelli, hai sofferto? Cioè, ti ha tagliato via le mani, prima? Com’è andata?».
A questo punto, Festus accomoda il suo io angelico sul letto accanto a me. «Non vergognarti, signorina Madison» dice. «Io so, infatti, che fosti scartata dal creato e destinata a trascorrere l’eternità nell’ano ustionante di Ade.» Il suo viso placido parla senza la minima traccia di malignità. «So che soffri la fame eterna senza aver nulla per rifocillarti e dissetarti, se non un sontuoso banchetto di urina ed escrementi freschi…»
Santo cielo, gentili Tweeter, sono senza parole. Non so da dove abbia tratto queste informazioni, ma l’inferno non è così male. Non mangio pezzi di mierda e non bevo pipì. Non dovete credere a una sola parola.
Non sono mica Charles Darwin!
«So anche» dice, gettandomi uno sguardo di suprema pietà, «so che sei costretta a copulare senza requie con demoni lebbrosi e a generare la loro sudicia progenie in circostanze di assoluta degradazione.»
Ehi, CanuckAIDSemily, dammi una mano, qui. Nessuno è costretto a darci dentro coi demoni, vero? In quanto virgo intacta, ho prove concrete per confutarlo, ma non c’è modo di sottoporre queste prove all’ispezione di Festus. Insomma: se io anche solo provassi a mostrargli il mio imene ci farei un po’ la figura della puttanella.
«So che conduci la tua esistenza disprezzata da tutti gli esseri rispettabili.» Festus sbatte le palpebre sui suoi bovini occhi azzurri. «Che qualunque creatura senziente ti considera indegna di rispetto. Che nel tuo stato presente sei più ignobile di…»
«Taci!» Lo interrompo, distesa rigida sul copriletto. Il petto ansimante. I nervi sfrigolanti. Preferisco passare l’eternità a sgranocchiare pupù marcia che sopportare i rimproveri di un angelo moralista. Possibile fidanzato o meno, me ne vado. Mi alzo in piedi. Mi sistemo gli occhiali. Mi liscio la gonna-pantalone. «Se vuoi scusarmi» dico, «temo di dover andare a fornicare con qualche gargolla impestata marcia o roba del genere.»
«Aspetta» supplica Festus.
Aspetto. Eccola la mia più grande debolezza: la speranza.
«Dio ti ha relegato nella Fossa non perché tu non sia nobile, bensì perché conosce la tua forza» dice Festus. «Dio sa che sei intelligente e coraggiosa e che non sei debole e non ti saresti lasciata avvilire dai tormenti che distruggono anime più fragili…» Festus si alza e levita, svolazzando nell’aria vicino alla mia faccia. «Sin dall’inizio dei tempi Dio ha prescritto che tu fossi Sua emissaria nella perdizione.»
«Dio» spiega Festus «sa che sei pura di cuore.»
Dio riconosce la mia eccezionalità. Crede che io sia dolce, intelligente e sensibile. Dio non pensa che io sia grassa. Mi vuole come sua agente infiltrata supersegreta.
Simile in tutto e per tutto a una versione celestiale dei fastidiosi fringuelli di Darwin, Festus sprinta e sfreccia nella sua aurea e fatata eccitazione, per poi appollaiarsi infine sulla mia spalla. Posato a mo’ di pappagallo accanto al mio orecchio, mi dice: «Dio ti supplica di impedire una grave catastrofe incombente».