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Nello stesso momento, fuori, un refolo di vento diede il colpo finale al cartellone, i cavi si spezzarono e la banana si staccò dai bulloni e prese il volo, volteggiando come un boomerang sul piazzale del campeggio, superò il chiosco delle bibite, superò alcune roulotte e s’incuneò nella fiancata destra del camper.
Beppe urlò, si avvinghiò a Ida e pensò che fosse esplosa una bomba. Mario Lo Vino li aveva scoperti e aveva messo un ordigno esplosivo sotto il camper.
Ma poi si accorse che una parete era divelta, aperta come una scatoletta di tonno da una mezza banana gialla con tanto di gambo marrone che faceva capolino tra la dînette e l’angolo cucina.
Il cartellone doveva aver colpito un punto nevralgico della struttura del camper perché il tetto si staccò dalla fiancata con un lamento cupo e il vento, ululando attraverso la falla, lo scoperchiò portandoselo via.
I due poveri amanti, bagnati e nudi, si abbracciarono terrorizzati su ciò che restava della verandina.
137.
Quattro Formaggi durante il ritorno a casa non aveva incontrato un cane. Non se n’era stupito, quella era una notte speciale.
La sua notte.
Quasi cinque chilometri di strade allagate, alberi abbattuti e cartelloni strappati dalla bufera. In piazza Bologna il grande display luminoso con la temperatura e l’ora, poggiato sulla palazzina delle Assicurazioni Generali, era caduto e penzolava attaccato a un cavo elettrico; non c’era in giro nemmeno una macchina della polizia, un camion dei pompieri.
Quattro Formaggi si fermò davanti al Mediastore e legò il motorino con la catena al solito palo e zoppicò verso le scalette che scendevano a casa. Aprì la porta e se la chiuse alle spalle, ci si poggiò contro, spalancando la bocca, e nonostante il dolore alla spalla, dove Ramona gli aveva piantato lo specchietto, cominciò a piangere di gioia scuotendo la testa.
Si osservò le mani.
Quelle mani avevano ucciso.
Quattro Formaggi deglutì e un brivido impudico gli afferrò le cosce e gli strizzò il pube. Le gambe, illanguidite, non gli ressero, e si dovette attaccare al paletto della serratura per non finire a terra.
Si liberò delle scarpe e si spogliò buttando tutto a terra come se i panni gli bruciassero addosso.
Chiuse gli occhi e vide la mano della ragazza che gli stringeva il cazzo, sull’anulare l’anello d’argento con il teschio. Lo cercò dentro la tasca dei pantaloni e quando lo trovò lo strinse forte tra le mani e poi lo ingoiò.
138.
Rino Zena, il Grande Generale delle Formiche, aveva disposto il suo esercito di insetti in un milione di battaglioni.
Le formiche erano brave e ubbidienti e avrebbero fatto tutto quello che lui avesse comandato.
Ascoltatemi!
Le formiche, sotto il cielo viola, si misero sull’attenti e miliardi di occhi neri lo guardarono.
Voglio che andiate tutte nel mio braccio destro.