8

Cominciò a saltare per risvegliare i piedi insensibili come pezzi di legno. «Ti odio! Perché mi fai questo?»

E si morse una mano per non mettersi a urlare dalla rabbia. Un grumo di odio gli si era piantato dentro la gola come una scheggia affilata.

Basta! Fa un freddo fottuto… Io me ne torno a casa. Fece tre passi tirando calci alla neve, ma subito ci ripensò.

Non poteva tornare a casa.

Cominciò a percorrere il perimetro della rete cercando il punto migliore dove arrampicarsi.

Il cane, intanto, abbaiava con lo stesso tono monocorde.

C’era un palo a cui era attaccata la rete e dove il filo spinato era un po’ più basso.

Si attaccò al palo e infilando la punta degli stivali nelle maglie arrivò in cima senza difficoltà. Ora doveva riuscire a non rimanere appeso al filo spinato.

Con calma fece passare prima una gamba e poi l’altra, e trattenendo il respiro si gettò di sotto. Atterrò nella falegnameria.

Tirò fuori la pistola. Tolse la sicura e la caricò.

Sapeva usarla bene, la pistola.

Suo padre gli aveva insegnato a sparare allo sfascio delle macchine. All’inizio non riusciva a prendere la mira, il braccio gli tremava come se avesse il Parkinson.

Ma a furia di sparare a vetri, specchietti retrovisori, pantegane e gabbiani aveva capito che era solo una questione di posizione e di respiro.

«Come sul cesso alla turca» gli aveva detto Rino.

Gambe larghe, sedere un po’ in fuori, le braccia distese ma non troppo rigide. La pistola parallela agli occhi. E il respiro era importantissimo. Bisognava appoggiare la punta della lingua contro i denti di sotto e buttare fuori l’aria attraverso il naso e sgonfiando la pancia contare fino a quattro e poi sparare.

Si guardò in giro. Niente. Il bastardo si sgolava dall’altro lato del capannone.

Se si fosse avvicinato lentamente aveva buone possibilità di arrivargli abbastanza vicino da mirarlo, la neve avrebbe coperto il rumore dei passi e quell’idiota era troppo preso ad abbaiare per accorgersi che stava per finire nel paradiso dei cani.

Se invece il cane gli veniva addosso avrebbe dovuto avere il sangue freddo di fermarsi, mettersi in posizione e mirare mentre quello gli correva incontro.

Avanzò accucciato, trattenendo la voglia di correre, fino a un blocco di tavole impilate una sull’altra. Formavano un lungo parallelepipedo alto più di quattro metri che arrivava in fondo al cortile, a pochi metri dalla statale. Cristiano ci salì su, infilando i piedi tra le assi e afferrandosi ai bordi ghiacciati con le mani.

Quando fu sopra si accorse che tra una pila e l’altra c’era un salto di un metro. Come tra i vagoni di un treno.

Da dove si trovava riusciva a vedere uno spicchio del parcheggio deserto e l’area bambini con la giostra con i nani e le altalene imbiancate e i lampioni con le palle di vetro che spandevano una sfera lattiginosa.

Del cane nessuna traccia.

A quattro zampe, bagnandosi ginocchia e mani, arrivò in fondo alla prima pila. Prese coraggio e saltò.

Le assi si sollevarono e ricaddero facendo un rumore d’inferno. Da quella posizione si vedeva anche l’altro lato del parcheggio, dove erano posteggiati tre furgoni con scritto sulle fiancate:

MOBILIFICIO FRATELLI CASTARDIN

Come Dio Comanda
titlepage.xhtml
index_split_000.html
index_split_001.html
index_split_002.html
index_split_003.html
index_split_004.html
index_split_005.html
index_split_006.html
index_split_007.html
index_split_008.html
index_split_009.html
index_split_010.html
index_split_011.html
index_split_012.html
index_split_013.html
index_split_014.html
index_split_015.html
index_split_016.html
index_split_017.html
index_split_018.html
index_split_019.html
index_split_020.html
index_split_021.html
index_split_022.html
index_split_023.html
index_split_024.html
index_split_025.html
index_split_026.html
index_split_027.html
index_split_028.html
index_split_029.html
index_split_030.html
index_split_031.html
index_split_032.html
index_split_033.html
index_split_034.html
index_split_035.html
index_split_036.html
index_split_037.html
index_split_038.html
index_split_039.html
index_split_040.html
index_split_041.html
index_split_042.html
index_split_043.html
index_split_044.html
index_split_045.html
index_split_046.html
index_split_047.html
index_split_048.html
index_split_049.html
index_split_050.html
index_split_051.html
index_split_052.html
index_split_053.html
index_split_054.html
index_split_055.html
index_split_056.html
index_split_057.html
index_split_058.html
index_split_059.html
index_split_060.html
index_split_061.html
index_split_062.html
index_split_063.html
index_split_064.html
index_split_065.html
index_split_066.html
index_split_067.html
index_split_068.html
index_split_069.html
index_split_070.html
index_split_071.html
index_split_072.html
index_split_073.html
index_split_074.html
index_split_075.html
index_split_076.html
index_split_077.html
index_split_078.html
index_split_079.html
index_split_080.html
index_split_081.html
index_split_082.html
index_split_083.html
index_split_084.html
index_split_085.html
index_split_086.html
index_split_087.html
index_split_088.html
index_split_089.html
index_split_090.html
index_split_091.html
index_split_092.html
index_split_093.html
index_split_094.html
index_split_095.html
index_split_096.html
index_split_097.html
index_split_098.html
index_split_099.html
index_split_100.html
index_split_101.html
index_split_102.html
index_split_103.html
index_split_104.html
index_split_105.html
index_split_106.html
index_split_107.html
index_split_108.html
index_split_109.html
index_split_110.html
index_split_111.html