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«Non vale! Ti sei attaccato a me.»
«E invece… partire prima del via? È… sportivo?»
Aveva la faccia paonazza. «Cazzo, come sto… Le sigarette…
Dai, dammi quella mano.»
Cristiano l’afferrò e si fece tirare su. Dalla fatica gli veniva da vomitare.
«Vabè, hai perso… Ma… ti sei comportato bene… Ti credo.»
«Ba…stardo. Ti ho fatto vincere… perché sei vecchio…
Ecco perché…»
«Sì… Hai fatto bene. Bisogna rispettare i vecchi.» E
Rino gli mise un braccio sulle spalle.
Ora padre e figlio erano seduti in pizzo a quel cucuzzolo e guardavano la pianura opaca e il fiume che in quel punto si allargava in una grande ansa sabbiosa.
La sponda opposta era lontana, immersa nella foschia, e solo le cime spoglie dei pioppi ne emergevano come alberi di navi fantasma. Più giù l’acqua aveva superato gli argini allagando i campi. Da là sopra si vedevano il profilo della centrale elettrica e la sfilza dei piloni dell’elettricità e il cavalcavia dell’autostrada.
Rino ruppe il silenzio: «Hai scritto un bel tema. Mi è piaciuto. Hai detto bene. Fuori gli extracomunitari e lavoro per gli italiani. Giusto».
Cristiano prese un mucchietto di sabbia e cominciò a farci una palla. «Certo, però, uno non ha nemmeno la libertà di scrivere quello che pensa.»
Rino si chiuse la giacca. «Non parlare di libertà. Tutti sono bravi a parlare di libertà. Libertà di qua, libertà di là. Ci si riempiono la bocca. Ma che diavolo te ne fai della libertà? Se non hai una lira, un lavoro, hai tutta la libertà del mondo ma non sai cosa fartene. Parti. E
dove vai? E come ci vai? I barboni sono i più liberi del mondo e muoiono congelati sulle panchine dei parchi.
La libertà è una parola che serve solo a fottere la gente.
Sai quanti stronzi sono morti per la libertà e nemmeno sapevano che cos’era? Sai chi sono gli unici ad averla? La gente che ha i soldi. Quelli sì…» Rimase in silenzio a rimuginare e poi poggiò la mano sul braccio del figlio. «Vuoi vedere qual è la mia libertà?»
Cristiano fece sì con la testa.
Rino tirò fuori da dietro la schiena una pistola.
«Questa signorina qui di cognome fa libertà e di nome fa 44 Magnum.»
Cristiano rimase a bocca aperta. «È bellissima.»
«È un gioiello. Smith & Wesson. Canna corta. Interamente cromata.» Rino la teneva in mano tutto soddisfatto.
Tirava fuori il tamburo, lo faceva girare e poi con un colpo di polso lo faceva tornare a posto.
«Fammela toccare.»
Rino gliela porse per il calcio.
«È pesantissima. Questa è quella di coso…?» Cristiano cominciò a impugnarla con due mani e a mirare lontano. «Come si chiama? Quello del Cielo di piombo.»
«L’ispettore Callaghan. Solo che quella è a canna lunga. Com’è? Non è stupenda?»
«È incredibile. Che gli facevo, se sparavo con questa, al cane di Castardin?»
«Lo spargevi fin sulla strada. Questa ragazza qui è un’orfanella come te. Solo che le mancano sia il papà che la mamma. Il numero di serie è stato cancellato.»
Cristiano, con un occhio chiuso, stendeva un braccio e teneva la pistola storta di lato. «E quanto l’hai pagata?»
«Poco…»
«Ma perché l’hai comprata? Hai già la Beretta…»
«Che palle! Mi fai gli interrogatori invece di chiedermi di provarla?»