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KleinWork European Livestock Research Centre, monte Cardou, Francia,
venerdì, 14 agosto 2043
Ubicato su poco meno di cinquecento acri di campi, colline e affioramenti di roccia annerita, ciò che restava dello European Livestock Research Centre della KleinWork dava proprio l’impressione di un luogo abbandonato. Per ventiquattro chilometri in ogni direzione, i campi, di proprietà esclusiva della controllata europea della KRT, erano deserti, a eccezione di una foschia bassa che impregnava la vegetazione rigogliosa, coprendo il sito come un lenzuolo bianco sporco gettato sul cadavere di un uomo.
Al mondo esistevano cose che persino Dio preferiva non vedere.
Fuori dell’edificio di pietra ruvida a un piano, sulle cui tegole scintillava la pioggia, era parcheggiato un veicolo solitario: la quattro per quattro di Klein e del suo team. In quel momento regnava il silenzio, ma qualche minuto prima si era sentito un urlo che, provenendo da dentro, aveva echeggiato nella campagna come se volesse sfuggire a un destino sconosciuto. Era il genere di urlo che il mondo intero non aveva mai udito, che aveva pregato di non udire mai.
Un altro veicolo, che era rimasto posteggiato davanti all’ELRC per quasi tutta la mattina, se n’era andato.
In quell’istante era fermo a tre chilometri e mezzo di distanza, a Serres. Dopo aver ricevuto l’autorizzazione via radio, Kerr se ne stava sotto la pioggerella, immerso fino alle ginocchia nell’erba bagnata di un cimitero sul confine settentrionale della città. La custodia rossa di un portatile gli pendeva dalla spalla, mentre osservava la guardia che scavava il terreno duro. Quella stessa guardia che la mattina, assieme a tre colleghi, aveva scortato D’Almas nel laboratorio.
Il cumulo di terra pesante, così satura da essere quasi nera, cresceva di minuto in minuto alla sua sinistra e, nel silenzio, i suoi respiri affannosi diventavano sempre più udibili.
Nel centro, Rachael, l’operatrice del Sequence arrivata da Los Angeles per gestire il nuovo laboratorio, continuò a controllare le letture, mentre Sherman camminava avanti e indietro nella stanza attigua. Attorniato da scrivanie bianche e vuote, era sempre più nervoso.
«Quanto può volerci per scavare una fossa?» chiese a nessuno in particolare. Poi, si rivolse a Klein in tono provocatorio: «Augurati che funzioni».
L’altro, sulla sedia a rotelle, guardò fuori della minuscola finestra e sorrise. «Il tuo problema, Dave, è che non hai fede.»
«Ah, sì? E tu, Josef, a volte ne hai un po’ troppa.»
Klein, che non era in vena di discussioni, disse soltanto: «Funzionerà».
Ne era certo.
La vanga colpì qualcosa di duro.
«Forse ci siamo, signore», annunciò la guardia.
Kerr prese la radio dalla cintura e fece rapporto. L’altro, dentro la buca, raddrizzò l’arnese e lo spinse forte nel restante centimetro di terreno, al che il legno invecchiato della bara si spaccò come un guscio d’uovo.
«Cristo, che puzzo.» Kerr si voltò, chinando il capo.
La guardia sbiancò, come se fosse sul punto di vomitare. Si premette un braccio contro il naso, allungò l’altro e ruppe alcuni frammenti di legno. Quindi, infilò dentro la mano guantata e tastò. Niente.
«Continua a cercare.» Kerr si allontanò dal tanfo.
L’uomo obbedì, cercando di respirare il meno possibile e staccando altri pezzi, che atterrarono sul mucchio di terra. L’interno era soffice, molliccio e stranamente caldo. Il genere di calore che va di pari passo con la decomposizione.
«Ho trovato qualcosa.»
«Tiralo fuori.» Kerr andò verso un ceppo e, dopo aver aperto la custodia, vi posò il computer.
La guardia uscì dalla buca vomitando. Era sudicia e aveva con sé una scatola di metallo. Kerr tentò di aprirla a mani nude, poi ordinò all’uomo di prendere la vanga. Dopo alcuni colpi, il contenitore si spalancò, col metallo corroso che cadeva a terra come una manciata di coriandoli scuri.
Kerr estrasse una pergamena arrotolata, sporca e trattenuta da un nastro rosso cupo. Quando sciolse il fiocco, il tessuto quasi si disintegrò e la pergamena si srotolò. Quando lesse la scritta in fondo e vide lo schizzo del tatuaggio, sorrise. Senza dubbio era di D’Almas.
Quel bastardo di Klein ce l’aveva fatta.
Appiattì il foglio, prese il telefono touch screen e, dopo aver selezionato un comando sul display, lo passò sopra la superficie ingiallita, scansionando il testo scritto a mano. Infine, premette INVIO e aspettò.
La connessione, sicura e criptata, raggiungeva direttamente il telefono di Sherman, che emise un bip per segnalare l’arrivo del messaggio. Lo scienziato guardò Klein, che sorrise.
«Credo sia per noi», disse il vecchio.
Si avvicinò mentre l’altro richiamava l’immagine sullo schermo. Lo scanner aveva colto ogni dettaglio, ogni sfumatura, compreso il segno di un’impronta digitale senza rilievi visibili, caso mai ci fosse stato qualche dubbio. Klein, con la voce arrochita dalla malattia e dalla fatica del viaggio, lesse ad alta voce.
Benché D’Almas avesse svolto l’incarico a puntino e avesse inserito molti dettagli, le informazioni di cui aveva bisogno erano contenute soltanto nel primo e nell’ultimo capoverso:
1307, non 1311! Tre amici Templari. Tavole trasferite da Gerusalemme a Troyes nel 1132. Rubate lungo la strada, forse durante sosta a Narbonne, verso fine anno, ottobre o novembre, ma nessuno lo sa per certo. Una notte nella «locanda principale della città», e tavole saranno state ben sorvegliate. Stima più accurata: dieci uomini di guardia per tutta la notte. Saranno state nella scatola di legno con croce dei Templari (in quel punto D’Almas aveva aggiunto uno schizzo approssimativo della croce in questione), tavole non hanno raggiunto Troyes e i Templari non ne hanno più sentito parlare. Amici sospettosi per tutte le mie domande, ma è stato quasi duecento anni fa perciò penso nessun problema.
I due capoversi successivi si dilungavano sulle tradizioni dei Templari e su altri oggetti di cui erano entrati in possesso dopo l’incursione a Gerusalemme.
L’ultimo parlava dei luoghi di sepoltura:
Questa fossa solo seconda in cimitero (da cui la scritta 1311 sulla lapide). Qui niente tombe fino al 1309. Ho dovuto aspettare quattro anni per funerale adeguato (due persone). Sepolto il giorno dopo. Fatto come richiesto ma nessun posto dove seppellire qui fino al 1309. Mi hanno detto che prima chiesa costruita 850 d.C. Chiesa diversa dalla vostra, anche se struttura identica dunque probabilmente ristrutturata e altare ora è uguale al vostro, perciò forse originale?
Sono uomo libero, sì? Vi auguro una vita di merda.
Klein fece scorrere il dito sullo schermo, tracciando i contorni del tatuaggio. «Ce l’abbiamo fatta.»
Sherman annuì. «E ora, diamo istruzioni a Davies?»
«Sì, certo.»