12

Downtown Los Angeles,

giovedì, 9 giugno 2011

Feci del mio meglio per commentare il quadro, come avrei potuto fare se l’avessi visto una volta e lo stessi descrivendo nel corso di un’indagine. Rappresentava un’ambientazione semidesertica, del tipo che ci si aspetterebbe di vedere in un Paese mediorientale. Per ovvi motivi, i colori predominanti erano i gialli, gli arancioni e le sfumature dell’ocra. A sinistra c’erano due uomini barbuti, seduti e avvolti in tuniche, il più vicino con una T maiuscola sulla spalla destra. Il suo amico teneva un bastone nella destra e parlava, mentre il primo cercava d’ignorarlo e di leggere un libro.

Anche quello con la T aveva un bastone, ma, anziché stringerlo – aveva il libro, non dimenticarlo –, l’aveva appoggiato a una piccola formazione rocciosa trasformata in un altare esagonale spartano. Là sopra, al centro del quadro, c’erano una statuina con la base di legno raffigurante la crocifissione di Cristo, una bottiglia di vetro verde, una clessidra e la metà superiore di un teschio umano. La ragione per cui i due protagonisti avessero portato con sé un teschio umano durante un lungo viaggio nel deserto era un mistero. Oltre al libro del primo uomo, ce n’erano altri tre addossati all’altare. Nell’angolo in basso a sinistra si distinguevano una damigiana ricoperta di vimini e una ciotola crepata.

I due uomini sedevano ai piedi di una parete rocciosa che occupava tutto il lato sinistro del dipinto, e il deserto si stendeva a perdita d’occhio dall’altra parte, perciò il cielo s’intravedeva solo in alto a destra, ma nell’azzurro pallido volavano due uccelli. Uno era lontano, tratteggiato da qualche rapida pennellata, mentre l’altro era stato disegnato per dare nell’occhio. Era nero – un corvo o una cornacchia – e stringeva nel becco una grossa pagnotta rotonda. Molto grossa, il che era sorprendente per un animale così piccolo. Il rapporto impossibile tra le dimensioni e il peso mi rammentò il Sacro Graal dei Monty Python e le rondini che migravano trasportando noci di cocco.

Uno dei protagonisti indicava l’uccello, forse stupendosi che fosse riuscito ad alzarsi in volo con cibo sufficiente a sfamare i piccoli per un mese. Nel frattempo, una figura solitaria si allontanava indifferente sulla pianura, sotto una chiesa. O non aveva notato l’uccello o l’aveva già scorto in precedenza, oppure non si sarebbe meravigliata finché non l’avesse visto con un hamburger in bocca. Sarah ascoltò ogni mia parola con espressione ora dubbiosa, ora divertita. Capì che ce la stavo mettendo tutta, e forse fu per quello che non assunse un’aria troppo severa.

«Hai notato quasi tutto, ma non te ne sei reso conto», disse quando ebbi finito. «Ci sono delle linee, Nick. Linee molto precise e inconfondibili, se sai dove cercarle. Quasi tutti i dipinti le hanno, ma queste sono strutturate con molta cura. Okay, prima costruiamo il ’quasi quadrato’ di cui ti parlavo.» Spostò il cursore sulla barra degli strumenti e selezionò un’applicazione con cui disegnare linee rette. All’epoca non ero ferrato in informatica come forse avrebbe voluto Deacon, ma fin lì riuscii a seguirla.

«Prima i bastoni: sono posizionati con estrema cura. Perché? Be’, scopriamolo, giusto?» propose Sarah.

Tracciò una linea nera lungo ciascuno dei bastoni, ma le prolungò fino alla cornice scansionata del dipinto, in alto e in basso. «A sinistra, questa crepa nella ciotola è il nostro indizio.» Tirò un’altra riga verticale sull’incrinatura, fermandosi ancora sul bordo. «E a destra abbiamo il tetto della chiesa, o meglio, l’apice del tetto e il suo rapporto con la finestra nell’edificio più piccolo, in basso.» Una terza linea verticale, che attraversava la sommità del tetto e la finestra. «Sto procedendo a spanne, ma fidati di me. Per quanto si possa essere precisi, questa è roba complicata. Perciò limitiamoci a completare il quadrato e poi uniamo gli angoli per trovare il centro.» Collegò il punto in cui le linee dei bastoni intersecavano le righe verticali a formare un quadrato approssimativo. Una di loro costituiva già una diagonale da un angolo all’altro, dunque Sarah aggiunse quella mancante.

«Un quadrato quasi perfetto, o almeno uno che misuri novanta gradi rispetto alla verticale, è troppo ovvio per qualsiasi sistema di codificazione. In più, al centro non c’è nulla d’interessante, il che è quantomeno bizzarro, se si conoscono le regole. Così ho disegnato il quadrato su uno strato a parte, perché so che occorre spostarlo. Ora vediamo come Teniers vuole che lo spostiamo.»

«Come vuole che lo spostiamo?»

«Oh, sì. Forse non proprio noi, ma qualcuno in generale.» Si girò verso lo schermo. «Guarda gli uccelli: sono posizionati in modo attento, e sono sempre molto simbolici nella produzione di Teniers. Di solito in relazione alla scena visibile più che a un codice nascosto, ma hanno sempre uno scopo. Perciò, incliniamo il quadrato, usando l’asse in alto a sinistra, finché non passa attraverso i due uccelli. O, a essere più precisi, attraverso i loro occhi. Anche gli occhi sono molto importanti. Vedono le cose. E cosa otteniamo?»

Ruotò una copia del quadrato che aveva disegnato, lasciando che l’originale sbiadisse fino a diventare grigio. Sorprendentemente, la nuova versione seguiva alla perfezione la linea di una pietra in basso a sinistra, oltre alle rocce inclinate che correvano dalla chiesa verso il suolo del deserto.

«Qual è ora il punto centrale?» chiese.

«Il teschio.» Iniziai a intravedere una logica curiosa.

«Il teschio. O meglio, i suoi importantissimi occhi. Ormai ti resta soltanto da decifrare il significato del ’quasi quadrato’ e sei arrivato alla meta.»

«E dove sarebbe la meta, con esattezza?»

«Se sei il primo a raggiungerla, è un luogo in cui il governo statunitense preferirebbe che tu non andassi.» Fece una smorfia incurante. «Ora, se fossi così gentile da darmi il testo…»

La Teoria Dell'eternità
titlepage.xhtml
OEBPS_Text_part0000.html
OEBPS_Text_part0001.html
OEBPS_Text_part0002.html
OEBPS_Text_part0003.html
OEBPS_Text_part0004.html
OEBPS_Text_part0005.html
OEBPS_Text_part0006.html
OEBPS_Text_part0007.html
OEBPS_Text_part0008.html
OEBPS_Text_part0009.html
OEBPS_Text_part0010.html
OEBPS_Text_part0011.html
OEBPS_Text_part0012.html
OEBPS_Text_part0013.html
OEBPS_Text_part0014.html
OEBPS_Text_part0015.html
OEBPS_Text_part0016.html
OEBPS_Text_part0017.html
OEBPS_Text_part0018.html
OEBPS_Text_part0019.html
OEBPS_Text_part0020.html
OEBPS_Text_part0021.html
OEBPS_Text_part0022.html
OEBPS_Text_part0023.html
OEBPS_Text_part0024.html
OEBPS_Text_part0025.html
OEBPS_Text_part0026.html
OEBPS_Text_part0027.html
OEBPS_Text_part0028.html
OEBPS_Text_part0029.html
OEBPS_Text_part0030.html
OEBPS_Text_part0031.html
OEBPS_Text_part0032.html
OEBPS_Text_part0033.html
OEBPS_Text_part0034.html
OEBPS_Text_part0035.html
OEBPS_Text_part0036.html
OEBPS_Text_part0037.html
OEBPS_Text_part0038.html
OEBPS_Text_part0039.html
OEBPS_Text_part0040.html
OEBPS_Text_part0041.html
OEBPS_Text_part0042.html
OEBPS_Text_part0043.html
OEBPS_Text_part0044.html
OEBPS_Text_part0045.html
OEBPS_Text_part0046.html
OEBPS_Text_part0047.html
OEBPS_Text_part0048.html
OEBPS_Text_part0049.html
OEBPS_Text_part0050.html
OEBPS_Text_part0051.html
OEBPS_Text_part0052.html
OEBPS_Text_part0053.html
OEBPS_Text_part0054.html
OEBPS_Text_part0055.html
OEBPS_Text_part0056.html
OEBPS_Text_part0057.html
OEBPS_Text_part0058.html
OEBPS_Text_part0059.html
OEBPS_Text_part0060.html
OEBPS_Text_part0061.html
OEBPS_Text_part0062.html
OEBPS_Text_part0063.html
OEBPS_Text_part0064.html
OEBPS_Text_part0065.html
OEBPS_Text_part0066.html
OEBPS_Text_part0067.html
OEBPS_Text_part0068.html
OEBPS_Text_part0069.html