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Non c’era ragione che lo sapessi, o che me ne importasse qualcosa, ma fu quello stesso giovedì che il numero 2817 della rivista New Scientist uscì in edicola. Si apriva con un articolo secondo cui l’uomo avrebbe potuto atterrare su Marte entro il 2025.
Dammi pure del cinico, perché lo sono, ma ho studiato nel dettaglio troppe fotografie e, mentre ero al bar, ho ascoltato almeno tre o quattro discussioni più del necessario. Di conseguenza, sono ancora dell’opinione che avrebbe aiutato la causa, se prima l’umanità avesse messo piede su quel cavolo di luna. Spiacente, Neil, ma non posso nemmeno affermare che la tua sia stata un’interpretazione degna della nomination all’Oscar, dato che hai pronunciato una sola battuta decisiva nell’intera farsa e che nel corso della diretta sei riuscito a rovinare persino quella.
Mi scuso anche con Buzz, benché debba precisare che riservo le mie più sentite condoglianze per Michael Collins (l’uomo che è dovuto restare sulla capsula). Nell’hangar. In Nevada (o in qualche posto altrettanto noioso). Che peccato. Immagina di fare tutta quella strada – in jeep, suppongo, anziché a bordo di una navicella spaziale con una capacità di calcolo inferiore a quella del telecomando con cui cambio canale ogni volta che la messinscena viene trasmessa in TV – solo per diventare il tizio che non ha mai nemmeno dovuto fingere di mettere piede sull’unico e assolutamente irraggiungibile satellite della terra. Tanto per far incazzare i comunisti.
Per quanto riguarda l’articolo, non lo lessi mai e trascorse un altro anno e mezzo prima che riuscissi a ordinare un arretrato di quel numero. A interessarmi era la pagina 47, quasi tutta dedicata a un articolo che descriveva una strana – si legga «inspiegabile» – scoperta fatta durante una trivellazione petrolifera in Russia:
I DIAMANTI NON SONO I MIGLIORI AMICI DELL’AGERILL
«L’Agerill Manson, la società di trivellazione statunitense che da quasi un anno opera nei giacimenti petroliferi del Varyegan occidentale e di Tagrinsk, millecinquecento chilometri a nord-est di Mosca, è incappata in una serie di problemi in concomitanza degli scavi esplorativi vicino a Casel’ka.
«Dopo aver trivellato sino a una profondità di 1827 metri, gli addetti si sono imbattuti in quello che all’inizio hanno scambiato per uno strato di roccia estremamente compatto, che ha smussato la testa di perforazione. In seguito alla rimozione della batteria di sonda in segmenti da dieci metri, gli ingegneri hanno deciso di usare una punta diamantata. Ciononostante, non sono riusciti a superare la barriera dei 1827 metri e, quando hanno recuperato la seconda testa di perforazione, hanno constatato che si era smussata a sua volta. È stato montato un altro tagliatore diamantato, ma anch’esso si è rotto in breve tempo.
«Gareth Swales, responsabile dell’Agerill Manson per le esplorazioni in Russia, ammette che lui e gli altri ingegneri sono rimasti sconcertati: ’Ho lavorato in oltre duecento siti di trivellazione, raggiungendo profondità fino a seimila metri, e mi considero abbastanza esperto in questo campo. Non abbiamo mai avuto problemi insormontabili quando si trattava di raggiungere la profondità necessaria, ma si direbbe che qui abbiamo trovato una roccia davvero impenetrabile. Tuttavia, la zona sembra essere circoscritta, perché nella regione abbiamo tre torri di perforazione RA-D (Rig Automation Drilling), e le altre due hanno toccato la profondità desiderata. Sfondare la barriera dei 1827 metri sull’RA-DB è diventato una questione di principio. Non intendiamo darci per vinti’.
«È la prima volta che l’Agerill Manson usa l’RA-D nei giacimenti siberiani. Questo sistema, che riduce in modo considerevole le difficoltà pratiche dell’operazione e i rischi cui gli operai sono esposti intorno alla testa del pozzo, prevede l’uso di una gru a portale robotizzata per sollevare la dotazione di tubi necessaria da e verso la torre di perforazione. ’Il sistema si sta rivelando straordinariamente affidabile. I segmenti misurano soltanto dieci metri l’uno, invece dei soliti trenta, perciò si possono trasportare e immagazzinare assai più facilmente, oltre a consentire la costruzione di una torre più piccola e maneggevole. L’RA-D ha dispositivi di movimentazione azionati idraulicamente e un funzionamento controllato da computer, perciò è in grado di estrarre dal pozzo una batteria di sonda completa, fino a seimila metri, e d’impilarla senza l’intervento umano. L’unica difficoltà è che, sebbene questo sistema aumenti la sicurezza e necessiti di meno manodopera, il maggior numero di tubi corti aumenta il tempo complessivo per la rimozione della batteria. Di solito, ciò non rappresenta un problema, ma l’RA-DB a Casel’ka sembra richiedere più sostituzioni degli altri per portare a termine il lavoro’, ha spiegato Swales.
«Invitato a fare un’ipotesi sulla natura dell’ostruzione, non si sbilancia: ’Non ne ho idea, ma, anche se a prima vista sembra che le due sonde precedenti non abbiano guadagnato neppure un centimetro di profondità, sono sicuro che tra non molto l’ostacolo, qualunque esso sia, s’indebolirà e si arrenderà alla forza del mio team’. Gli scienziati accarezzano già la speranza di aver scoperto una specie di ’super-roccia’, molto più compatta di quelle rinvenute in passato. Se è così, quando la squadra riuscirà nel suo intento, i campioni portati in superficie potrebbero rivelarsi di enorme interesse scientifico.
«Dobbiamo augurarci che Swales e i suoi uomini raggiungano l’obiettivo; lo scavo siberiano dell’Agerill Manson, infatti, è finanziato da un prestito di dodici milioni e mezzo di dollari (pari a nove milioni ottocentomila euro) della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), che ha sostenuto l’erezione e l’azionamento dei tre impianti RA-D dopo che i test sismici avevano previsto buoni rendimenti. Tom Agerill, cinquantotto anni e amministratore delegato dell’AM nonché veterano delle trivellazioni petrolifere, rende noto che l’RA-DA e l’RA-DC producono complessivamente venticinquemila barili al giorno. Tuttavia, questo risultato è ben lontano dai centoventimila barili promessi alla BERS. A quanto pare, sarà impossibile conseguire questi obiettivi finché l’RA-DB non riuscirà a farsi strada nel terreno.
«Ma cosa c’è là sotto? Come sempre, vi terremo aggiornati.»
Sebbene, secondo la data di pubblicazione, la vicenda risalisse già a sei settimane prima, quelli furono gli ultimi ragguagli sui fallimenti delle punte diamantate dell’RA-DB a Casel’ka. Non ci furono altri articoli, né nuovi sopralluoghi o risposte definitive. Come l’esplorazione della luna (e quella di Marte, temo), la notizia svanì nei meandri della storia.
Al di fuori della Siberia o dell’Agerill Manson, nessuno scoprì mai se gli ingegneri avessero trovato un vasto giacimento di oro nero, e ben presto la questione cadde nel dimenticatoio. Proprio come volevano «loro». Non l’Agerill Manson, ovviamente. I suoi rappresentanti furono felici, e sollevati, quando l’RA-DB s’imbatté in un pozzo molto ricco (emerse che avevano solo dovuto spostare l’impianto di qualche metro: erano semplicemente stati sfortunati con l’ubicazione iniziale). Tuttavia, la società non mantenne la promessa di annunciare al mondo il proprio successo, il che induce chiunque abbia un briciolo di cervello a sospettare che qualcuno, da qualche parte, abbia messo tutto a tacere. Qualcuno che aveva le risorse necessarie per fare una cosa simile. Preoccupante, non è vero?
Passando a un argomento che in apparenza non c’entrava nulla, in fondo a pagina 47 – in un trafiletto di soli dieci centimetri per due e mezzo – il New Scientist aveva pubblicato una domanda e un suggerimento per acquistare la risposta a buon mercato:
TELEPATIA, TELECINESI, PSICOCINESI,
CHIAROVEGGENZA ED ESPERIENZE EXTRACORPOREE…
TRUFFE E FANDONIE, O FENOMENI DEGNI DI UNO STUDIO SCIENTIFICO DETTAGLIATO?
«In Intelligenza al di là dell’universo (State University Press, 23,50 $, ISBN 0-6879-2413-2), l’autorevole scienziata Victoria Bovey definisce la concezione meccanicistica del mondo, condivisa da quasi tutti gli scienziati, un dogma ottuso che impedisce un’indagine approfondita del paranormale.»
Non era un annuncio pubblicitario della casa editrice, bensì un ammiccamento del New Scientist agli sciroccati che indossavano T-shirt spiritose e che forse non erano i lettori ideali della rivista, ma erano impazienti di tirare fuori delle tasche dei loro calzoncini hawaiani i cinque dollari e novantacinque che non avrebbero saputo come altro spendere.
La testata aveva pubblicato il trafiletto nel vano tentativo di sembrare alla moda, ma gli aveva concesso così poco spazio perché in realtà non era trendy come credeva di essere e perché riteneva che in quelle righe non ci fosse nulla di remotamente simile alla vera scienza.
Soltanto che si sbagliava. L’articoletto si riferiva alla scienza più autentica cui l’uomo si fosse mai avvicinato senza, però, comprenderla appieno. Più reale della fisica quantistica, della ristrutturazione genetica, della clonazione, della computazione ad alta entropia e dell’intelligenza artificiale messe assieme. Ci sarebbe voluto ancora un lungo periodo prima che raggiungesse anche noi, ma era sempre esistita, in attesa di essere scoperta come un vecchio cimelio in una soffitta polverosa.
Quando questa scienza venne alla luce, accadde grazie al ragionamento ispirato dalla scoperta dell’oggetto che aveva ostinatamente smussato varie teste di trivellazione diamantate, cento chilometri a sud di Casel’ka. Nel giorno in cui comparvero i due articoli, nessuno notò il legame. Nessuno avrebbe nemmeno potuto immaginare che ne esistesse uno.
È ironico, dunque, che i due pezzi siano usciti sulla stessa pagina.
Devo dargliene atto, Dio agisce in modi molto misteriosi.
A volte.