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Downtown Los Angeles,
giovedì, 9 giugno 2011
Sarah rilesse il testo latino, traducendolo ad alta voce: «’Porto con me un grande segreto, che m’inquieta profondamente. Il destino dei cavalieri mi cerca e il mio momento si sta avvicinando. Sicché sottraggo il segreto alla loro conoscenza e lo lascio nelle tue mani. Che il Signore sia con te e ti guidi’».
«Conosci il latino?» chiesi.
Rise. «Sì, ma non molto bene. Me la cavo con le nozioni di base, ma le fricative sono ostiche. Tina è molto più brava.»
«Cosa intende l’autore per ’il destino dei cavalieri’?»
«Ammesso e non concesso che sia un uomo, si riferisce ai Templari, presumo, e il loro destino fu la morte, così prolungata e straziante che non riusciresti neanche a immaginarla. Il fatto che vengano citati i Templari è logico perché, a quanto si sa, i Cavalieri templari furono gli ultimi custodi delle tavole.»
«Quali tavole?»
«Le tavole della Testimonianza. ’Le leggi divine di Dio e dell’uomo’, ricordi?» Poi, notando la mia perplessità, aggiunse: «Esodo, 31,18: ’Quando il Signore ebbe finito di parlare con Mosè sul monte Sinai, gli diede le due tavole della Testimonianza, tavole di pietra, scritte dal dito di Dio’».
«Allora le leggi divine sono i dieci comandamenti?»
«Certo che no. Cavolo, qui c’è qualcuno che non è mai andato a catechismo. I dieci comandamenti furono dettati da Dio, ma scritti da Mosè. ’Il Signore disse a Mosè: ”Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra, la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli”.’ Esodo 24,12, amico mio.»
«Ma hai detto che fu Mosè a scrivere i dieci comandamenti.»
«Esatto. Vedi, Mosè scese dal monte e ruppe gli originali, così Dio lo richiamò, come si legge in Esodo 34,27: ’Il Signore disse a Mosè: ”Scrivi queste parole, perché sulla base di queste parole io ho stabilito un’alleanza con te e con Israele”. Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti senza mangiar pane e senza bere acqua. Il Signore scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza, le dieci parole’.»
«Non si può dire che tu non conosca la Bibbia.»
«Conosco molte cose, ma finora non conoscevo questo.»
Fece scorrere le dita lungo le righe del testo e lesse ad alta voce: «I tego arcana dei [itineris haud temptatio] invenio indicium ineo crux diabolis adeo pinetum exinde cancer adeo cervus balineum occasis adeo esperaza revenio crux peracto quadrum teniers. Tradotto letteralmente, significa: ’Va’ dove nascondo i segreti di Dio, viaggia senza tentazione per scoprire la prova; inizia alla Croce del diavolo fino al legno di pino; poi a sud fino alle renne che fanno il bagno; a ovest fino a Espéraza, quindi torna alla croce. Completa il quadrato di Teniers’. Ed ecco la nostra mappa».
Qualche clic del mouse, e lo schermo visualizzò una carta molto dettagliata della Francia meridionale. Sarah zumò. «Questa è Espéraza, una delle città menzionate. E qui c’è la Croce del diavolo.» Indicò un elemento segnalato dalla sigla CRX. «Così, con un po’ di traduzione, ora abbiamo anche Lespinas, i pini, e Rennes-les-Bains, le renne che fanno il bagno. I quattro punti del quadrato.»
Selezionò l’area in questione, la copiò nella memoria del computer, poi tornò all’immagine del dipinto su cui aveva tracciato le linee geometriche e ve la incollò sopra. Spostando il cursore in basso a destra, regolò un puntatore digitale per ridurre l’opacità, in modo che si vedessero entrambe le figure contemporaneamente.
Mi guardò e proruppe in una risata fragorosa, scuotendo la testa in un gesto disperato. «Stupidi, stupidi, stupidi», disse, come se stesse guardando due ragazzacci che si sfidavano a una prova di coraggio, piazzandosi davanti a un treno in corsa.
«Chi?»
«I membri del team statunitense.» Nascose l’immagine, selezionò sull’hard disk un file denominato Cardou e aprì un documento, mentre continuava a ridere. Indicò una fotografia aerea in bianco e nero, raffigurante perlopiù colline, ma con rettangoli scuri in posizione abbastanza centrale. «Questa foto mostra il luogo in cui il governo degli Stati Uniti ha uno scavo archeologico in corso. Hanno comprato il terreno dai francesi nel ’98, oppure l’hanno barattato con qualche tecnologia o roba simile, non lo so. In ogni caso, ora sono cinquecento ettari di territorio americano, e il resto del mondo gira al largo, inclusi i francesi. È questo l’accordo. Ma il fatto è che scavano da quasi tredici anni e non hanno trovato un bel niente. E, porca miseria, sono incazzati neri.»
Richiamò un’immagine a colori, che ritraeva due uomini dall’espressione severa all’interno dello stesso accampamento.
Quello a sinistra era sulla cinquantina e aveva un portamento militare, mentre l’altro era più giovane, ma calvo, e stava indicando una mappa su un tavolo pieghevole. Sullo sfondo, altri due tipi molto più giovani, sempre con un’inconfondibile aria militare, avevano gli occhi schermati da lenti scure. Uno stava parlando mentre l’altro fumava una sigaretta. Parevano tutti e quattro contrariati.
«Questa foto viene dallo scavo. Ho un’amica laggiù, una fotogiornalista che si chiama Kelly. Ha i diritti esclusivi, ma potrà pubblicare le foto soltanto quando troveranno qualcosa. Tuttavia, in cambio di una piccola somma, mi spedisce una o due immagini quando può, tanto per mostrarmi cosa combinano.» Accennò agli uomini in primo piano. «Questi due sono i coglioni al comando: il generale Peter Grier, a sinistra, e il professor Josef Klein, quello con gli occhiali, sulla destra. Grier si occupa della sicurezza interna ed esterna, mentre Klein supervisiona lo scavo.»
«Allora è l’archeologo fisso?»
«Magari», disse sprezzante. «È uno scienziato. Fa ricerche per il MIT, collabora col governo e dirige almeno tre aziende high-tech. Molto ricco, molto potente e molto, molto stupido. D’accordo, ha dei bravi archeologi nel suo team, alcuni dei migliori, ma non riconoscerebbe la vera archeologia nemmeno se gliela sventolassero sotto il naso.» Guardò l’immagine e scrollò il capo, sempre sorridendo.
«Cosa c’è di così divertente?»
«Come dicevo, quello è territorio americano. Hanno insistito molto su questo punto, forse perché erano sicuri che avrebbero trovato qualcosa, ma finora sono rimasti a mani vuote. Questo campo, in caso tu non ci sia arrivato, Nick, sorge sul crinale meridionale del monte Cardou.»
Non c’ero arrivato. Neppure vagamente. «Monte…?»
Indicò lo schermo.
Allora capii, ma non mi era chiaro cosa ci fosse da ridere. «Il teschio?»
«Hanno acquistato quel maledetto teschio. Santo cielo, stento a credere che pensino sia così semplice.»
Ero confuso per l’ennesima volta. «Non lo è?»
Si appoggiò allo schienale e mi guardò come a dire: Che idiota. «Proprio non ce la fai, vero?»
«Ci sto provando, soltanto che non sono molto religioso.»
«Non occorre essere religiosi. È sufficiente… Fidati, non occorre essere religiosi.» Visualizzò la mappa. «Guarda: se conosci le città, puoi decifrare il testo latino, perché i loro nomi compaiono soltanto lì, giusto? E dov’è il teschio rispetto alle città?»
Studiai l’immagine. Conoscevo la risposta, o almeno credevo di conoscerla, ma, dato che stavo già facendo la figura dello scemo, preferii verificare. «Al centro?»
«Al centro. Ci sei, ora?»
No, non c’ero.
Sarah sospirò spazientita. «Se è al centro delle quattro città, a cosa diavolo serve il dipinto? Se tutte le città sono note e se basta collegarle per trovare il punto centrale, perché il dipinto?»
Ebbi un’illuminazione: il quadro non avrebbe avuto altro scopo, se non guidare l’osservatore in un altro luogo.
«Ovunque sia, puoi star certo che non è il teschio. Quello serve soltanto a dimostrare che l’angolo di rotazione è corretto. È per questo che il governo degli Stati Uniti possiede cinquecento ettari di terreno francese del tutto inutile, che, tra parentesi, corrispondono più o meno alle dimensioni del teschio sovrapposto alla mappa», proseguì.
«Perciò le tavole sono…?» Nel breve silenzio imbarazzante che seguì, per fortuna mi risposi da solo: «… sotto qualcos’altro».
Forse tirò un impercettibile sospiro di sollievo. «Sì, ma ora dobbiamo scoprire sotto cosa.»
La osservai mentre scrutava lo schermo, col volto immobile ma con gli occhi penetranti che saettavano da sinistra a destra. Corrugava la fronte ogni volta che faceva cilecca, e i suoi respiri diventarono più profondi, come quelli di un nuotatore pronto a immergersi. Dopo tre o quattro minuti inspirò a fondo e assunse un’espressione stupita. Qualunque cosa fosse, ovunque fosse, ebbi la netta impressione che l’avesse appena trovata.
«’Viaggia senza tentazione.’» Si voltò verso di me e ripeté le parole, ponendo l’accento su una in particolare: «’Viaggia senza tentazione’».
«Continua.»
«Cosa fai quando non sei tentato, Nick?»
«Dico di no.» Fu l’unica risposta che mi venne in mente.
«Che altro?»
«Non saprei.» Provai a immaginarmi mentre resistevo a una tentazione. Tenendo presente che fumavo (avevo ricominciato), che bevevo come una spugna e che, se ne avessi avuto la possibilità, sarei andato anche a donne, non fu facile visualizzarmi in quella situazione. «Boh, mi volterei e me ne andrei.»
Annuì molto lentamente e mi puntò gli occhi addosso. «Dimmi, Nick: chi non è tentato?»