19

Unità di massima sicurezza Polunsky, Huntsville, Texas,

venerdì, 20 aprile 2040

Marshall aveva proprio l’aspetto dell’avvocato: capelli biondo scuro lisciati all’indietro, occhialetti rotondi, lineamenti spigolosi e completo elegante. Nella destra portava una valigetta di cuoio marrone chiaro, abbinata al Rolex d’oro. Le scarpe fatte a mano erano molto costose, con le suole italiane che scandivano i suoi passi cadenzati sulle piastrelle, mentre Joe Drinkard, il direttore del carcere, l’accompagnava dall’uomo che era così impaziente di vedere.

«Un po’ tardi per cambiare avvocato», commentò Drinkard, quasi indifferente.

«Non è mai troppo tardi», replicò Marshall impassibile.

Svoltarono in fondo al corridoio, e una guardia aprì il cancello della sezione più sicura della Polunsky: il braccio della morte.

«Ci vorrà la divina provvidenza, o il diavolo in persona, per tirare questo tizio fuori dei guai. È già sotto stretta sorveglianza e ho disposto il trasferimento alla Walls per dopodomani. Da là, il nostro amico finirà dritto al Byrd, può scommetterci le palle. Non è mai arrivata una sospensione dalla Walls», spiegò Drinkard, come se il visitatore fosse interessato.

La Walls era l’unità nel centro di Huntsville, una devota città battista centodieci chilometri a nord di Houston. Era la «città carceraria» del Texas, dove un abitante su quattro era un detenuto e il dipartimento di Giustizia penale era di gran lunga il principale datore di lavoro.

La Walls, a una ventina di chilometri dalla Polunsky, era la sede di tutte le esecuzioni statali. Fino alla metà del XX secolo aveva anche ospitato i carcerati, finché un aumento eccessivo del numero di criminali pericolosi non aveva determinato il loro trasferimento sistematico nella più grande Ellis Unit.

Dopo un tentativo di evasione fallito da parte di tre detenuti nel 1998, il carcere era stato spostato in una struttura più sicura, la vicina Terrell Unit, che era stata soprannominata «Polunsky».

Il Byrd, invece, era il Joe Byrd Cemetery. Anche se alcuni prigionieri decidevano di donare il proprio corpo all’ospedale di Galveston, molti non vedevano il motivo di aiutare il sistema che, senza tante cerimonie, avrebbe tolto loro la vita. Alcuni consegnavano la propria salma ai congiunti, ma altri, Mason compreso, non avevano parenti che potessero accettare un dono così prezioso. In quel caso, i detenuti finivano «dritti al Byrd», dove le loro tombe non recavano che una semplice croce bianca. Niente epitaffio, soltanto nome e numero.

«Badi bene, sono certo che la provvidenza o il diavolo deve averci messo lo zampino, se lei è entrato in scena a cose quasi fatte. Di solito non succede.» Drinkard guardò Marshall, continuando a camminare spedito. «Quale dei due?»

«Prego?» Marshall non era in vena di chiacchiere.

«La provvidenza o il diavolo?»

L’altro sorrise. «L’una e l’altro.»

«I condannati a morte? Dimmi che stai scherzando, Josef. Non puoi farlo», protestò Alison.

«Perché no?»

«Perché è sbagliato. È disumano», disse furiosa.

«Più disumano che ucciderli?» Klein sottolineò volutamente l’ultima parola. «Di togliere loro la vita? Sono il loro salvatore, Alison, non il loro nemico. Faccio in modo che riprendano in mano la loro miserabile esistenza, offrendo la possibilità di viverla sino in fondo, se ne sono in grado.»

«Ma dove? Quando?»

«Credi che gliene importi? E, a noi, dovrebbe importare? Qualsiasi cosa è meglio della morte, non trovi? In cambio dovranno soltanto recuperare gli oggetti di cui abbiamo bisogno – tesori artistici, manufatti religiosi, beni preziosi all’apparenza perduti per sempre – e diventare la ragione per cui se ne sono perse le tracce. Non è un compito così difficile per individui che sono perlopiù killer e ladri esperti, non pensi? Poi, quando avranno portato a termine l’incarico, potranno vivere da uomini liberi nell’epoca più idonea alle nostre esigenze.»

«E, se falliscono, cosa succede in quel caso?»

Sherman incrociò le braccia. «Cosa intendi?»

Alison si voltò nella sua direzione. «Supponi di sapere per certo… non so, che le ossa di Cristo – per tornare al tuo esempio – erano ancora in circolazione, ipotizziamo, in Persia nel 1200. Spedisci laggiù un uomo, una delle tue piccole cavie…»

«Preferisco chiamarli ’topi’, in onore di Charlie», la interruppe Klein.

La ragazza sentì montare l’esasperazione. «Mandi qualcuno a rubare l’oggetto che ti serve e lui lo seppellisce. Magari in Europa, perché avrebbe una bella gatta da pelare se finisse in un continente ancora sconosciuto. E poi? Cosa accade se decide di fregarsene e di non concludere la missione? Se vuole, può tagliare la corda e vivere da uomo libero. Perché rischiare la pelle? E che mi dici della lingua? Come diavolo comunicherebbe una volta arrivato?»

«Una lingua si può imparare. Quanto alla missione, la condurrà a termine. Perché se non rispetta i patti, se non ce la fa, il suo successore diventerà la ragione per cui non ce l’ha fatta, lo farà fuori», spiegò Klein.

«Eccetera eccetera. Fino a quando? Prima o poi esaurirai le persone da rispedire indietro nel tempo.»

«Ci sono molti altri candidati», disse Klein, calmo.

Kerr chiuse il fascicolo e lo spinse sul mogano lucido. «Esatto», approvò, lasciando trasparire un certo entusiasmo. «Insomma, potremmo diventare tanto la ragione per cui il primo uomo ha fallito, quanto quella per cui le ossa di Cristo sono scomparse. L’uomo A potrebbe addirittura non sapere di aver fallito finché non incontra l’uomo B. Ma noi lo sapremmo, perché avremmo esplorato il luogo A senza trovare le ossa. Così, assegneremmo il luogo B e manderemmo l’uomo B indietro nel tempo. Il suo compito sarebbe rubare le ossa e, va da sé, uccidere A. O soltanto ucciderlo, se l’altro non le ha mai rubate. A quel punto, può recuperare il reperto e mettere tutto a posto, risparmiandoci d’incaricare l’uomo C di farlo fuori a sua volta. È logico.»

Alison lo fulminò con lo sguardo. «Logico? Cristo, niente di tutto questo è logico. Non state mettendo le cose a posto, le state scompaginando, si parla d’interferire col flusso della storia. Come diavolo può essere logico questo concetto?»

Klein sorrise. «Come hai spiegato con molta chiarezza, Miss Bond, non possiamo ’interferire’ con la storia. Quegli uomini farebbero parte della storia. Anzi, chissà, forse lo sono già.»

«Giusto», confermò Sherman. Era evidente che approvava il progetto. Magari era stato addirittura lui a idearlo. «Chi dice che ogni riferimento a Nostradamus contenuto nei libri di storia non sia un riferimento a… Michael Davies?» disse, dopo aver dato una scorsa alla lista di nomi e date. «Soprattutto dato che ’Nostradamus’ non è altro che il nome latino adottato da Michel de Nostredame. O che il tizio noto come Isaac Newton non fosse in realtà, non so, Jeffrey Mason? Questi sono esempi estremi di uomini che hanno precorso i tempi con le loro conoscenze, ma il principio è lo stesso. Può darsi che oggi leggiamo libri di storia con riferimenti a individui che non abbiamo ancora mandato indietro nel tempo.»

«Come intendete finanziarli?» domandò Alison.

«Oro, diamanti, pietre preziose. Credo si possano usare come valuta in qualunque secolo.»

«Ma non possono portare con sé nulla che non sia vivo. E dubito che possano tenere i vestiti. Perciò finirebbero nudi e senza il becco di un quattrino in un’epoca che non conoscono. Francamente, non mi sembra una strategia molto efficace.»

«È proprio per questo che Charlie si è rivelato così utile. Soprattutto perché, come tutti i tuoi adorati animaletti, era munito di un sistema di localizzazione.»

D’un tratto, Alison si rese conto di una cosa che le era completamente sfuggita: Charlie era dotato di una piccola capsula inserita nel collo, che raccoglieva tutti i suoi dati e che poteva essere scansionata e letta in qualsiasi momento. Sarebbe stata utile anche per rintracciarlo nell’edificio in caso fosse scappato dalla gabbia. Tuttavia, dopo la scomparsa del topo, la cassetta era vuota. Niente topo, niente capsula. Poteva significare soltanto che, poiché il dispositivo era circondato da tessuto vivo, aveva seguito l’animale nel passato.

«Possiamo sempre infilarglieli nel culo.» Kerr sorrise trionfante.

«Già», fece Klein divertito.

«Cristo, parlate come se dovesse succedere davvero. Come se non fosse nemmeno in discussione.»

«Sta già accadendo. Ho parlato col procuratore generale – che, devo dire, è entusiasta delle nostre ricerche – e stiamo negoziando dei rilasci con la condizionale», replicò Klein, come se nulla fosse.

Alison scrollò il capo e mormorò una parola: «Merda».

Mason aspettava, impassibile. Di persona sembrava ancora più robusto e aggressivo che nelle fotografie che Marshall aveva con sé quel giorno, e il visitatore non era mai stato così grato per l’invenzione del vetro temperato.

Il prigioniero indossava una tuta arancione, con le maniche arrotolate a mostrare i tatuaggi sulle braccia possenti. Molti rivelavano i nomi delle bande di cui aveva fatto parte e uno diceva KITTY, unico ricordo tangibile della ragazza uccisa nella sparatoria che era sfociata nel suo arresto e nella sua condanna.

Dei dieci reati capitali elencati nel codice penale degli Stati Uniti, ne aveva commessi otto, molti più di una volta. Aveva ucciso prima e dopo essere finito in carcere (omicidio di una guardia carceraria, omicidio da parte di un detenuto di un penitenziario statale che stia scontando l’ergastolo per qualunque dei cinque reati: omicidio, omicidio capitale, rapimento aggravato, aggressione sessuale aggravata o rapina aggravata) e aveva evitato soltanto l’omicidio durante un’evasione e l’omicidio di un individuo sotto i sei anni di età.

Gli altri – omicidio di un ufficiale della pubblica sicurezza o di un vigile del fuoco; omicidio durante la perpetrazione di rapimento, violazione di domicilio, rapina, aggressione sessuale aggravata, incendio doloso, resistenza a pubblico ufficiale o rappresaglia; omicidio su commissione e pluriomicidio – erano stati commessi tra il 2024 e il 2026, un periodo durante cui Mason si era convinto di essere al di sopra non soltanto della legge, ma anche di Dio.

Come Drinkard aveva spiegato a Marshall il giorno prima, per telefono e con dovizia di particolari, era «un tipo con cui è meglio non attaccar briga».

Tuttavia, Marshall aveva intenzioni ben diverse, sempre che il detenuto avesse collaborato.

Prese la cornetta. L’altro rimase immobile, mentre lo fissava con occhi freddi e inespressivi. Marshall gli fece segno. Ancora niente. Trascorsero circa due minuti, prima che il prigioniero decidesse di parlare. «Non sei il mio avvocato.» Aveva la voce rauca e un inconfondibile accento texano.

«No. Ho fatto un accordo col tuo legale e sono qui per aiutarti.»

Il detenuto proruppe in una risata sprezzante. «Aiutarmi? L’unico che può aiutare Mason è Mason. Mason sopravvivrà.»

«Forse. Ma dove?»

Il prigioniero si sporse verso il vetro e si grattò la barba irregolare, come se stesse riflettendo con attenzione, ammesso e non concesso che ne fosse in grado. «Be’, sai, mi sono informato. Ho avuto molto tempo, capisci? Sembra che andrò alla Walls con un bel furgone. Poi, il giorno dopo, mi metteranno su una barella, come se fossi un paziente o roba del genere, e mi faranno un’iniezione. Ma non mi guariranno, nossignore, perché solo Mason può guarire Mason. Perciò si sbarazzeranno di me.»

Si tirò indietro sorridendo, col telefono ancora premuto contro l’orecchio. «Ma Mason continuerà a vivere nel cuore e nella mente di tutti quelli che hanno provato a rompergli le palle. E delle loro famiglie, dei loro amici e anche del loro cazzo di cane. Nessuno dimenticherà Mason. Mai. Vivrà a lungo dopo che il cloruro avrà fatto effetto e loro avranno sprecato cento dollari.» Il suo sorriso si allargò.

Mason aveva ragione. A meno che Marshall non fosse riuscito a concludere un accordo, avrebbe trascorso il suo ultimo giorno alla Walls. Poi, ventiquattr’ore dopo, legato a una barella, avrebbe ricevuto un’iniezione contenente una dose letale di tiopentale sodico, che l’avrebbe sedato; pancuronio bromuro, un miorilassante che gli avrebbe causato un collasso del diaframma e dei polmoni; e cloruro di potassio, che, a prescindere dalle altre sostanze chimiche, gli avrebbe fermato il cuore. Sette minuti dopo sarebbe stato morto, e il costo per il dipartimento di Giustizia penale non avrebbe superato i cento dollari.

Mason aveva un’aria indifferente. Aveva visto abbastanza avvocati per sapere che valevano meno di zero. Come l’altro tizio, l’avvocato d’ufficio. Non ricordava neppure come si chiamasse, soltanto che era un lurido portoricano. La sua faccia l’aveva vista più spesso in TV che dall’altra parte del vetro. Avvocati. Che vadano tutti a fare in culo, pensò. Erano interessati ai dollari, non al cliente. Forse anche quello, col suo completo costoso e con la sua bella abbronzatura, voleva sfoggiare i dentoni bianchi in televisione, perorando la causa di Mason, benché sapesse che era troppo tardi.

Non aveva uno straccio di possibilità. Non se fosse dipeso da Mason. Sarebbe potuto tornare nel suo ufficio pretenzioso e scegliere un altro idiota da sfruttare per fare carriera. A Mason non fregava un bel nulla.

Il prigioniero sorrise e gli mandò un bacio. «Che ne dici di riportare il tuo bel culetto da avvocato nella grande città e far gestire a Mason questa situazione a modo suo?»

«Non ho mai detto di essere l’avvocato di nessuno», fece Marshall sprezzante, e gli lanciò un’occhiataccia. «E, a differenza degli avvocati di tua conoscenza, posso farti uscire di qui entro domattina. Se, beninteso, riesci a chiudere quella boccaccia per qualche minuto e ad ascoltare quello che ho da dirti.»

Mason s’incuriosì, non era ciò che si era aspettato. «Se non sei un avvocato, allora chi cazzo sei?»

«Mi chiamo Marshall.» Estrasse un biglietto da visita dal taschino e lo mise contro il vetro freddo. «Lavoro per persone molto importanti. E sembra che ora si possa dire lo stesso di te», aggiunse, con uno strano sorriso indecifrabile.

Mason lesse il biglietto. Per sua stessa ammissione, «Mason non sa leggere bene», ma se la cavò, senza trattenersi dall’articolare le parole con le labbra:

ROBERT L. MARSHALL

RESPONSABILE ACQUISIZIONI SENIOR

KLEINWORK RESEARCH TECHNOLOGY

La Teoria Dell'eternità
titlepage.xhtml
OEBPS_Text_part0000.html
OEBPS_Text_part0001.html
OEBPS_Text_part0002.html
OEBPS_Text_part0003.html
OEBPS_Text_part0004.html
OEBPS_Text_part0005.html
OEBPS_Text_part0006.html
OEBPS_Text_part0007.html
OEBPS_Text_part0008.html
OEBPS_Text_part0009.html
OEBPS_Text_part0010.html
OEBPS_Text_part0011.html
OEBPS_Text_part0012.html
OEBPS_Text_part0013.html
OEBPS_Text_part0014.html
OEBPS_Text_part0015.html
OEBPS_Text_part0016.html
OEBPS_Text_part0017.html
OEBPS_Text_part0018.html
OEBPS_Text_part0019.html
OEBPS_Text_part0020.html
OEBPS_Text_part0021.html
OEBPS_Text_part0022.html
OEBPS_Text_part0023.html
OEBPS_Text_part0024.html
OEBPS_Text_part0025.html
OEBPS_Text_part0026.html
OEBPS_Text_part0027.html
OEBPS_Text_part0028.html
OEBPS_Text_part0029.html
OEBPS_Text_part0030.html
OEBPS_Text_part0031.html
OEBPS_Text_part0032.html
OEBPS_Text_part0033.html
OEBPS_Text_part0034.html
OEBPS_Text_part0035.html
OEBPS_Text_part0036.html
OEBPS_Text_part0037.html
OEBPS_Text_part0038.html
OEBPS_Text_part0039.html
OEBPS_Text_part0040.html
OEBPS_Text_part0041.html
OEBPS_Text_part0042.html
OEBPS_Text_part0043.html
OEBPS_Text_part0044.html
OEBPS_Text_part0045.html
OEBPS_Text_part0046.html
OEBPS_Text_part0047.html
OEBPS_Text_part0048.html
OEBPS_Text_part0049.html
OEBPS_Text_part0050.html
OEBPS_Text_part0051.html
OEBPS_Text_part0052.html
OEBPS_Text_part0053.html
OEBPS_Text_part0054.html
OEBPS_Text_part0055.html
OEBPS_Text_part0056.html
OEBPS_Text_part0057.html
OEBPS_Text_part0058.html
OEBPS_Text_part0059.html
OEBPS_Text_part0060.html
OEBPS_Text_part0061.html
OEBPS_Text_part0062.html
OEBPS_Text_part0063.html
OEBPS_Text_part0064.html
OEBPS_Text_part0065.html
OEBPS_Text_part0066.html
OEBPS_Text_part0067.html
OEBPS_Text_part0068.html
OEBPS_Text_part0069.html