Significato
Utilizzerò una frase del grande pedagogista americano John Dewey per riflettere sul rapporto tra le nostre esperienze quotidiane, la nostra cultura e la nostra felicità. La frase è: «Educare significa arricchire le cose di significati».
Immaginiamo di fare un viaggio in India per visitare i monumenti hindu di Tamil Nadu; poi ci spostiamo in montagna, nel cantone dei Grigioni per visitare Lenzerheide e le terme di Vals; poi ancora ce ne andiamo a Londra e poi scendiamo in Toscana. Spostarsi in luoghi così diversi tra loro è ciò che chiamiamo «esperienza». Ma è un’esperienza più o meno intensa e felice a seconda della nostra cultura, della nostra preparazione, della nostra sensibilità. Questo ci ha insegnato John Dewey, personalità di spicco non solo nella pedagogia ma anche nella vita sociale del XX secolo.
Dewey nacque a Burlington nel 1859 e morì a New York nel 1952.
Le migliori università del Vermont e di Baltimora lo educarono all’evoluzionismo di Darwin e al pragmatismo. Divenne a sua volta professore e insegnò prima nelle università del Michigan e del Minnesota, poi in quella di Chicago, dove mise a punto un metodo rivoluzionario per il rinnovamento del sistema scolastico, ispirato ai princìpi di quella che, da allora in poi, si chiamerà appunto la Scuola di Chicago.
Nella sua lunga vita viaggiò dalla Cina al Giappone, dalla Turchia al Messico e alla Russia; unì la teoria alla pratica, l’impegno sociale alla lotta politica. Si schierò in favore di Sacco e Vanzetti, si batté per il voto alle donne, denunziò i crimini staliniani, sostenne l’urgenza di riforme radicali per rendere effettiva la democrazia americana, influenzò il pensiero politico di Roosevelt e dei democratici rooseveltiani.
Nella sua pedagogia è centrale il ruolo dell’esperienza. Per prepararsi alla vita – egli sostiene – ogni giovane deve sperimentare attivamente, in prima persona, gli aspetti concreti del mondo che lo circonda, allargando via via la sua curiosità, le sue conoscenze e la sua riflessione, apprezzando la dialettica tra opinioni contrastanti e impegnandosi in prima persona nel miglioramento della società. La pedagogia di Dewey presuppone che il mondo sia in continuo progresso e la collettività possegga le forze necessarie per rinnovare i suoi valori, per fare tesoro della sua tradizione, per vincere le grandi sfide che la natura le impone.
Poiché la sorte di ogni cittadino è influenzata dall’ambiente sociale in cui egli si trova a vivere, occorre che questo ambiente sia profondamente democratico. Solo una società democratica, infatti, stimola al rinnovamento attraverso le sue crisi ricorrenti. Ma non vi può essere democrazia senza la partecipazione attiva del singolo cittadino e non vi può essere vera partecipazione se il cittadino non è adeguatamente educato alla libertà di pensiero, alla condivisione e alla socialità. Questa formazione può compiersi solo se lo Stato fornisce al singolo la cultura necessaria per rintuzzare criticamente la manipolazione esercitata dai media e se, nei confronti dell’economia, lo Stato riesce a svolgere un autorevole ruolo regolatore, garante del pluralismo.
Tra i tanti insegnamenti di John Dewey, trovo più prezioso di tutti quello contenuto nella frase che ho ricordato all’inizio: «Educare significa arricchire le cose di significati».
Di fronte allo stesso panorama, allo stesso monumento, allo stesso film, persone diverse colgono significati diversi e provano emozioni diverse a seconda del modo con cui sono state educate a comprendere, valutare e assaporare tutta la ricchezza di contenuti che quel film o quel monumento o quel panorama contengono. Non serve a nulla viaggiare in un Paese o vedere un film solo perché la pubblicità li reclamizza. Le lunghe file di visitatori che si accalcano per una mostra possono dimostrare che cresce il bisogno profondo di godimento culturale ma possono anche segnalare la mercificazione dell’arte ridotta a un fatto di moda. Perché un’esperienza sia ricca di significati fino a renderci felici, occorre trattarla come un’avventura dello spirito alla quale ci si prepara con l’attenta trepidazione che merita un incontro amoroso. Mollie Orshansky ha detto che «la povertà, come la bellezza, sta negli occhi di chi guarda».