Sicurezza

I Greci, come sappiamo, si dedicarono più di qualsiasi altro popolo alla definizione e alla ricerca della felicità. Aristotele elencò minuziosamente quelli che, a suo avviso, erano gli ingredienti della felicità: buona nascita, buoni amici, salute, bellezza, prosperità, virtù, vita indipendente e così via.

Molto più vicino a noi, Abraham Maslow, professore dell’università Brandeis nel Massachusetts, pubblicò un volume che sarebbe poi diventato una sorta di bibbia per tutte le business school del mondo. Il volume, intitolato Motivazione e personalità (1954), sosteneva che ogni essere umano, pur nella sua singolarità, colloca i propri bisogni su una medesima scala gerarchica fatta di cinque gradini. Prima di tutto – secondo Maslow – noi avvertiamo i bisogni di sopravvivenza fisica: cibo, aria, sonno e sesso. Una volta soddisfatti questi bisogni primari, scattano quelli connessi alla sicurezza del corpo, del lavoro, della famiglia, della salute, della proprietà. Vengono poi i bisogni di appartenenza sociale, come l’affetto familiare e l’amicizia. Nel gradino successivo sono collocati i bisogni che riguardano la stima di se stessi e la stima reciproca. Infine, nel gradino più alto, vi sono i bisogni di autorealizzazione come la creatività, la spontaneità, la soluzione di problemi, l’assenza di pregiudizi.

Come si vede, sono passati ventiquattro secoli ma il bisogno di sicurezza resta prioritario nella vita umana.

Per averne una dimostrazione, basta leggere un passo del Mondo di ieri di Stefan Zweig, che descrive l’Austria Felix agli inizi del Novecento. «Nella monarchia austriaca quasi millenaria» scrive Zweig «tutto pareva duraturo… La nostra moneta circolava in pezzi d’oro e garantiva così la sua stabilità; ognuno sapeva quanto possedeva o quanto gli era dovuto, quel che era permesso e quel che era proibito… Ogni famiglia aveva un bilancio preciso, sapeva quanto potesse spendere per l’affitto e il vitto, per le vacanze o per gli obblighi sociali, e vi era anche sempre una piccola riserva per gli imprevisti, per le malattie e il medico… Appena un neonato era in culla, si metteva nel salvadanaio o si deponeva alla cassa di risparmio il primo obolo per il suo avvenire, una piccola riserva per il suo cammino.»

L’aspirazione alla sicurezza è impressa nel Dna di tutti gli esseri umani e ancora oggi guida le nostre scelte di vita, di lavoro, di tempo libero. Anche quando andiamo in vacanza, non solo scegliamo luoghi rassicuranti, senza conflitti religiosi, etnici o militari, ma desideriamo avere la massima garanzia circa la qualità e i prezzi dei beni e dei servizi. In un Paese vasto e bellissimo come il Brasile, il turismo contribuisce appena per il 2 per cento al prodotto nazionale proprio perché è scoraggiato dalle notizie allarmanti sull’insicurezza.

Questa qualità, importante nella valutazione dei beni, è addirittura fondamentale nella valutazione dei servizi e rappresenta l’essenza stessa della vita socioeconomica.

Certo, oggi siamo ben lontani dall’idilliaca situazione dell’Austria Felix descritta da Zweig: il debito pubblico, le fluttuazioni monetarie, le crisi finanziarie, l’inflazione minano le nostre certezze economiche. Lo spettro della disoccupazione è così incombente che abbiamo fatto di necessità virtù, teorizzando il tramonto del posto fisso. L’instabilità politica mina quotidianamente l’affidabilità dei nostri governi traballanti. E poi c’è la paura della bomba demografica, del debito pubblico, delle invasioni barbariche, della criminalità, delle epidemie, dei terremoti, degli tsunami.

Quando nacquero, nel Settecento, gli Stati Uniti dichiararono irrinunziabile la ricerca della felicità, ma poi affidarono la loro felicità alle armi e alla guerra. Alla fine della Seconda guerra mondiale, nel 1945, l’esercito americano arruolava 6 milioni di persone. Nel 1952, all’epoca della guerra di Corea, erano sotto le armi un milione e mezzo di soldati. Dopo il crollo delle Twin Towers, nel 2001, e dopo il crollo della Lehman Brothers, nel 2008, anche l’America ha dovuto prendere atto che, nella società postindustriale, non c’è esercito e non c’è armamento capace di garantire la sicurezza a un popolo che, pretendendo di essere il più potente del pianeta, finisce per essere il più odiato.

Così l’ex segretario alla Difesa Chuck Hagel era arrivato a proporre la riduzione dell’United States Army a 450.000 soldati, riportandola alle dimensioni di settant’anni prima, quando l’America non era ancora scesa in guerra, e Obama ha proposto di non combattere mai più due guerre contemporaneamente, ma di affrontarne una seconda solo dopo averne vinto una prima. Questa volta la sicurezza non viene dal numero di soldati impegnati su un campo di battaglia dove uccidono e possono essere uccisi. Viene dagli informatici impegnati nelle cyberwars e dagli esperti che pilotano i droni restandosene al sicuro negli uffici del Pentagono e che ogni sera, dopo avere teleammazzato qualche centinaia di civili che dormivano a 10.000 chilometri di distanza, se ne tornano a casa per innaffiare il giardino e cantare la ninnananna al neonato.

Una semplice rivoluzione
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