CAPITOLO SESSANTADUE

Coatlicue…

Il nome filtrò negli interstizi che separavano i Regni d’Ombra.

— Coatlicue…

Il nome vibrò e tremò, pulsò e palpitò.

— Coatlicue…

Una singola voce. Che riecheggiava, riecheggiava, riecheggiava…

Le erano rimasti soltanto i sogni.

Sogni di un’età dell’oro.

Sogni di un tempo dorato.

Di un tempo in cui era bellissima.

Di un tempo in cui era giovane.

Di un tempo in cui dominava il mondo.

E ora qualcosa disturbava quei sogni.

— Coatlicue…

Josh Newman trasse un respiro profondo e si concentrò sulle quattro spade, che Dee aveva disposto a formare un quadrato sul pavimento. Emanavano tutte un fioco bagliore, esalando vapori rossi e bianchi, verdi e marroni.

— Coatlicue…

— Non devi fare altro che chiamarla — aveva detto Dee. — I nomi sono potenti, magici. Lei ti sentirà e verrà. La combinazione straordinaria delle spade e della tua aura l’attirerà qui.

— E mi insegnerà la negromanzia? — aveva chiesto Josh.

— Sì — aveva risposto Dee, e per un solo istante, Josh aveva avuto l’impressione di udire Nicholas e Perenelle gridare “No!”. Poi aveva capito che era soltanto ciò che probabilmente avrebbero detto. Se avesse imparato la negromanzia, sarebbe stato in grado di scoprire la verità sul conto dei Flamel e degli Antichi Signori, ma non solo. Avrebbe potuto parlare con i grandi personaggi della storia, avrebbe potuto interrogarli, scoprire i loro segreti, rinvenire i loro tesori nascosti. Poteva far risorgere i dinosauri da un singolo osso e perfino ricreare gli uomini primitivi, per permettere ai suoi genitori di studiarli di prima mano. E da qualche parte, in un angolino del suo cervello, si chiese perché Dee, se era un negromante, non avesse usato quel potere nello stesso modo. A cos’altro gli era servita la negromanzia?

— Coatlicue… — Josh si concentrò sul nome che stava evocando.

Clarent formava la base del quadrato, con la punta rivolta a sinistra. Durendal era il lato sinistro, con la punta verso l’alto; Excalibur era il lato superiore, con la punta rivolta a destra, verso Joyeuse, puntata verso il basso. Le spade di pietra emettevano una scia di fuoco nell’aria, e i colori avevano iniziato a intrecciarsi e a fondersi al centro del quadrato.

Dormiva.

E il suo sonno durava da un’eternità.

Sognava.

E i suoi sogni duravano secoli.

Ma gli incubi duravano millenni.

E in quel luogo senza luce, senza suoni, senza percezioni, non distingueva più la veglia dal sonno. Esisteva e basta.

Rosso. Una macchia di colore.

Ma in quell’orrenda prigione, la luce non esisteva.

Un altro puntino: bianco. Minuscolo, distante.

Gli Antichi Signori l’avevano relegata nelle tenebre più assolute. Non c’era mai stata luce. Fino ad allora.

Una terza macchia: marrone.

E adesso una quarta luce, ed era verde.

Si voltò a guardarle.

Il fumo emesso dalla lame ondeggiò, si piegò, come mosso da una brezza.

Virginia conficcò le dita nel braccio di Dee. — Sta succedendo qualcosa.

— Quando arriverà, dobbiamo fare in fretta — disse il Mago. — Non appena comparirà all’interno del quadrato, spingeremo il ragazzo dentro. Finché il quadrato è intatto, resterà intrappolata.

— E se il quadrato si spezza? — domandò Virginia.

— Sarebbe una brutta cosa.

— Ma non ha un aspetto raccapricciante?

— In lingua nahuatl, la chiamano “la Donna Vestita di Serpenti”.

— Carino! — commentò Virginia. — E il ragazzo come reagirà a un’apparizione del genere?

— Quando l’ho toccato un momento fa, gli ho praticato un semplice incantesimo. Vedrà soltanto una giovane e bellissima donna. Non so quanto durerà l’incantesimo, ma se il ragazzo dovesse esitare, voglio che tu lo spinga da lei. Quando si sarà sfamata, saremo in grado di trattare.

— E se lei non dovesse accettare? — domandò Virginia.

— La farai addormentare con il tuo flauto e la rispediremo nella sua prigione — rispose Dee.

— Hai pensato a tutto, vero?

— Sì.

Pensieri vaghi e spaventosi avevano iniziato ad affollarsi ai margini del cervello di Josh. Visioni di una creatura dalla testa di rettile vestita di serpenti vivi, alla guida di un esercito mostruoso nel mare di fango di un campo di battaglia. E di fronte a lei: la figura di un uomo incappucciato con un uncino al posto della mano sinistra, affiancato da una pallida guerriera dai capelli rossi.

— Coat… — cominciò, ma gli tremò la voce e si interruppe.

Dee uscì dalle tenebre. — Josh, va tutto bene?

— Non… non ne sono sicuro — rispose il ragazzo, premendosi una mano sulla fronte. — All’improvviso mi è venuto un mal di testa tremendo. Questa Coatlicue… — Si leccò le labbra. — Che aspetto ha?

— Quando era Arconte, era considerata di una bellezza straordinaria — replicò Dee, cauto. — Perché me lo chiedi?

— Continuo a pensare ai serpenti, e io odio i serpenti, dal profondo del cuore. — Josh si schiacciò le mani sulla testa dolorante e strinse forte gli occhi. Non aveva mai sperimentato un’agonia del genere. Era come se la sua testa stesse per esplodere. Era un’emicrania? Perfino muovere gli occhi gli provocava delle dolorosissime fitte nel cranio.

— Ti fa molto male? — chiese Dee, lanciando un’occhiata a Virginia, alla quale chiese: — Hai un analgesico?

— Sono un’immortale risvegliata, non essere ridicolo — replicò lei, alzando gli occhi al cielo. — Ma ho il sospetto che questo mal di testa non sia naturale.

— È un’emicrania — bisbigliò Josh. — Devo smettere. Può sostituirmi lei?

— Coatlicue tratterà soltanto con chi la evoca — replicò Dee. Posò una mano sotto il mento di Josh e gli inclinò il capo, per guardarlo bene negli occhi. — Puoi fidarti di me. Sono un dottore. — Il colore degli occhi di Josh aveva iniziato a cambiare, perdendo il rosso e tornando al bianco e all’azzurro originari. — Soffri di emicranie, normalmente?

— No. Non ne ho mai avuta una in vita mia. Zia Agnes ne ha in continuazione — rispose Josh, a denti stretti. — Ma questi non sono giorni normali, no? — Gli si stava rivoltando lo stomaco e pensò che avrebbe finito per vomitare.

— No, decisamente no — confermò Dee, guardandolo profondamente negli occhi…

A oltre cento chilometri di distanza, a Pont Reyes, Nicholas e Perenelle si scansarono di scatto. Dee li aveva appena guardati negli occhi.

Prometeo teneva entrambe le mani premute sul teschio di cristallo, che ormai palpitava come un grande cuore pulsante. L’Antico Signore aveva gli occhi stretti, ma muoveva le labbra, e lo udivano sussurrare in una dozzina di lingue. — Vedo meraviglie… e orrori… meraviglie e orrori.

Nicholas e Perenelle guardarono Dee e videro che pure lui muoveva le labbra.

Mezzo secondo dopo, lo udirono parlare come se fosse lì, in quella stessa stanza.

— Josh, penso di avere una cura per il tuo mal di testa — affermò il Mago. — Devi dire: “Addio, Nicholas; addio, Perenelle”.

L’Alchimista e la Fattucchiera udirono Josh ripetere con voce opaca quelle parole.

— Addio, Nicholas; addio, Perenelle.

E l’immagine svanì di colpo.

Il teschio si spense.

Prometeo rabbrividì, scivolò giù dalla sedia e cadde a terra privo di sensi.

Perenelle guardò il marito. Erano entrambi smarriti ed esausti. — Cos’è successo?

— Dee ha capito che stavamo guardando. Deve aver scagliato un incantesimo di guardia. Josh è solo, adesso. Speriamo che riesca a resistere fino all’arrivo degli altri.

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 4. Il Negromante
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