CAPITOLO DUE
— Non avrei mai detto che avrei rivisto questo posto — disse Nicholas Flamel, aprendo con una spinta la porta sul retro della libreria.
— Nemmeno io — concordò Perenelle.
Il battente si bloccò e Nicholas dovette spingere forte con la spalla; la porta si aprì grattando sul pavimento di pietra. I due furono investiti da un tanfo terribile: un fetore dolciastro di legno marcio e carta fatiscente, mescolato a un odore rancido e nauseabondo di imputridimento.
Perenelle tossì e si premette una mano sulla bocca, strizzando gli occhi per scacciare le lacrime improvvise. — È ripugnante!
Nicholas inspirò con cautela. Riusciva ancora a percepire le tracce sulfuree della magia di Dee nell’aria secca, l’odore disgustoso di uova marce.
La coppia percorse un corridoio buio con le pareti tappezzate fino al soffitto di scatoloni di libri di seconda mano. Il cartone era striato di nero e i bordi avevano iniziato ad arricciarsi. Alcune scatole erano esplose, riversando il contenuto sul pavimento.
Perenelle passò un dito su uno scatolone e lo ritirò nero di muffa. Lo mostrò al marito e disse: — Racconta.
— Io e il dottore abbiamo avuto uno scontro.
— Questo lo vedo — replicò la Fattucchiera, con un sorriso. — E hai vinto tu.
— Be’, vincere è un termine relativo… — Nicholas aprì la porta in fondo al corridoio ed entrò nella libreria. — Temo che il negozio non ne sia uscito molto bene. — Porse la mano alla moglie e la introdusse nell’ampia stanza piena di volumi.
— Oh, Nicholas… — mormorò Perenelle.
La libreria era uno sfacelo.
Uno spesso strato di soffice muffa ricopriva ogni cosa, e l’odore di zolfo era asfissiante. I libri erano sparsi ovunque – pagine strappate, copertine a brandelli, dorsi spezzati – tra i tavoli e gli scaffali fracassati che un tempo li sostenevano. Una grossa porzione del soffitto era caduta e l’intonaco pendeva come un brandello di stoffa, lasciando scoperte le travi di legno e i fili dell’impianto elettrico; nel punto in cui una volta c’era l’ingresso della cantina si spalancava uno squarcio, con i bordi ridotti a un disgustoso marciume nero chiazzato di funghi. Piccole larve bianche brulicavano nella sporcizia. Il vivace tappeto che un tempo copriva il centro del pavimento era ridotto a uno straccio grigio e consunto.
— Distruzione e decadenza… il biglietto da visita di Dee. — Perenelle avanzò con prudenza. Tutto ciò che toccava si riduceva in polvere o si dissolveva in una nuvola di spore. Le tavole del pavimento erano vischiose, come se fossero di spugna, e cigolavano inquietanti a ogni passo, minacciando di farla precipitare al piano di sotto. Perenelle si fermò al centro della stanza e ruotò lentamente su stessa, con le mani sui fianchi. I suoi grandi occhi verdi si riempirono di lacrime.
Aveva amato quella libreria: era stata la loro casa e la loro vita per un decennio. Avevano svolto molte professioni nel corso dei secoli, ma quel luogo più di ogni altro le ricordava i suoi primi anni con Nicholas, quando lui faceva lo scrivano e il libraio nella Parigi del Quattordicesimo secolo. Allora erano persone comuni e conducevano una vita qualunque, fino al giorno fatale in cui Nicholas aveva acquistato il Codice, il Libro di Abramo il Mago, da quell’uomo incappucciato con incredibili occhi azzurri. Quel giorno la loro vita ordinaria era finita ed erano entrati nel mondo dello straordinario, dove nulla era ciò che sembrava e non ci si poteva fidare di nessuno.
Perenelle si voltò a guardare il marito: non si era mosso dalla porta e stava scrutando il negozio con un’espressione addolorata in viso. — Nicholas… — disse piano.
Quando lui alzò lo sguardo, la Fattucchiera si rese conto di quanto l’ultima settimana lo avesse invecchiato. Per secoli, il suo aspetto era cambiato molto poco. Con i capelli tenuti sempre molto corti, il volto privo di rughe e gli occhi chiarissimi, aveva sempre dimostrato una cinquantina di anni, ovvero l’età che aveva quando avevano cominciato a produrre la pozione dell’immortalità. Quel giorno, ne dimostrava almeno settanta. Aveva perso gran parte dei capelli, e la fronte era segnata da rughe profonde; altre rughe solcavano gli angoli degli occhi infossati, e sul dorso delle mani erano comparse delle macchie scure.
L’Alchimista si accorse dello sguardo di Perenelle e sorrise mesto. — Lo so. Sono vecchio. Ma non me la cavo tanto male per uno di seicentosettantasette anni.
— Settantasei — lo corresse la moglie, con garbo. — Mancano ancora tre mesi al tuo compleanno.
Nicholas la raggiunse e la prese tra le braccia, stringendola forte. — Non credo che arriverò a festeggiarlo — disse molto piano, con la bocca accostata al suo orecchio. — Nell’ultima settimana ho attinto alla mia aura più di quanto abbia fatto negli ultimi vent’anni. E senza il Codice… — Gli si spense la voce. Non aveva bisogno di finire la frase. Senza l’incantesimo dell’immortalità che compariva ogni mese sulla settima pagina del Codice, lui e Perenelle sarebbero invecchiati, e la morte sarebbe giunta in fretta con il peso di tutti gli anni accumulati.
La Fattucchiera scostò con un gesto brusco il marito. — Non siamo ancora morti! — protestò, tornando per rabbia al francese provinciale della sua giovinezza. — Ci siamo già trovati in situazioni difficili in passato, e ce l’abbiamo fatta. — Una lievissima traccia della sua aura crepitò intorno al corpo, sotto forma di sottili volute di vapore color ghiaccio.
Nicholas fece un passo indietro e incrociò le braccia al petto. — Abbiamo sempre avuto il Codice.
— Non sto parlando dell’immortalità, adesso. Abbiamo vissuto secoli, Nicholas, secoli. Non ho paura di morire, perché so che, quando succederà, ce ne andremo insieme. È vivere senza di te che sarebbe insopportabile.
L’Alchimista annuì, senza azzardarsi a replicare. Non riusciva neanche a immaginare una vita senza Perenelle.
— Dobbiamo fare quello che abbiamo sempre fatto: combattere per la sopravvivenza della razza umana. — La Fattucchiera afferrò il marito per le braccia, conficcandogli le dita nella carne. — Da seicento anni proteggiamo il Codice e teniamo gli Oscuri Signori alla larga dalla Terra. Non ci fermeremo. — Il suo volto si indurì. — Ma ora, Nicholas, non abbiamo niente da perdere. Invece di scappare e nasconderci per proteggere il libro, dobbiamo attaccare. Dobbiamo muovere guerra contro gli Oscuri Signori.
L’Alchimista annuì, a disagio. Era in momenti come quello che Perenelle lo spaventava. Anche se erano sposati da secoli, c’erano ancora tante cose che non conosceva di lei e del dono straordinario che le consentiva di vedere le ombre dei morti. — Hai ragione, non abbiamo niente da perdere — disse piano. — Abbiamo già perso così tanto.
— Stavolta abbiamo il vantaggio dei gemelli — gli ricordò lei.
— Non so se si fideranno completamente di noi — replicò Nicholas. Fece un respiro profondo. — A Londra, hanno saputo degli altri gemelli.
— Da Gilgamesh?
Nicholas annuì. — Dal Re, sì. Non so se crederanno più a tutto ciò che gli diciamo.
La Fattucchiera fece un sorriso cupo — E va bene. Gli diremo la verità. Tutta la verità.
Nicholas sostenne quello sguardo per un attimo, poi distolse gli occhi. — E nient’altro che la verità. — Sospirò. Attese che la moglie fosse uscita dalla stanza e poi aggiunse piano: — Ma la verità è un’arma a doppio taglio. È pericolosa.
— Ti ho sentito! — gridò lei di rimando.