CAPITOLO QUATTRO

Zia Agnes pigiò un tasto di chiamata rapida e passò il telefono a Josh. — Adesso devi parlare subito con i tuoi genitori — ordinò. —E dov’è Sophie? Chi è la ragazza con cui sta parlando?

— La sorella di qualcuno che conosciamo — rispose Josh, avvicinando il telefono all’orecchio. La risposta giunse al primo squillo.

— Agnes?

— Papà! Sono Josh.

Josh!

Il ragazzo si ritrovò a sorridere – il sollievo nella voce di suo padre era evidente – e poi si sentì assalire dall’imbarazzo e dal senso di colpa per non essersi fatto vivo prima.

— Va tutto bene? — La voce di Richard Newman quasi si smarrì nel crepitio della linea.

Josh si tappò un orecchio con un dito e si concentrò sui suoni. — Sì, papà. Stiamo bene. Siamo appena tornati a San Francisco.

— Io e la mamma stavamo cominciando a preoccuparci. A preoccuparci sul serio.

— Eravamo con i Fla… Flemings — replicò Josh, correggendosi subito. — Il cellulare non prendeva, però siamo riusciti a ricevere la tua e-mail domenica sera. Ho visto la foto dei denti di squalo. Non ho riconosciuto il tipo, ma a giudicare dalle dimensioni, era una squalo d’acqua dolce, vero? — domandò, cambiando volutamente argomento.

— Bravissimo, figliolo. È un lissodus del Cretaceo superiore. In ottime condizioni.

— Voi state bene? — lo incalzò Josh, perché continuasse a parlare. Lanciò un’occhiata alla porta, sperando che Sophie si decidesse a entrare. Il trucco delle domande non avrebbe funzionato con sua madre, e ne intuiva già la presenza all’altro capo della linea, pronta a impossessarsi del telefono. — Come vanno gli scavi?

— Alla grande. — Sulla linea si sentì mugghiare il vento, e un rumore di detriti crepitò contro il telefono. — Abbiamo scoperto un probabile ceratopside.

Josh aggrottò la fronte. Quel nome gli era familiare. Da bambino conosceva i nomi di centinaia di dinosauri. — Il dinosauro cornuto?

— Sì, del Cretaceo, e risale a circa settantacinque milioni di anni fa. Abbiamo trovato anche un piccolo sito Anasazi, probabilmente intonso, in uno dei canyon, e alcuni straordinari petroglifi Fremont poco distante dal Range Creek Canyon.

Sorridendo per l’entusiasmo traboccante del padre, Josh si avvicinò alla finestra. — Quali dei due venivano chiamati “Gli Antichi” dai navajo? — chiese, pur conoscendo già la risposta. — I Fremont o gli Anasazi? — Stava cercando di guadagnare tempo per Sophie.

— Gli Anasazi — rispose Richard Newman. — A dire il vero, la traduzione corretta sarebbe “Antenati Nemici”.

Josh rimase di sasso, sbalordito. Un paio di giorni prima quel nome non gli avrebbe detto nulla, ma ormai conosceva l’esistenza degli Antichi Signori, la razza che aveva dominato il mondo nel passato remoto. E ormai aveva capito che dietro ogni mito e ogni leggenda si celava ben più di un granello di verità. — “Antenati Nemici” — ripeté, sforzandosi di mantenere la voce salda. — Che significa?

— Non lo so — ammise Richard Newman. — Ma preferisco il termine “Antichi” o “Pueblo Ancestrale” o anche “Hisatsinom”.

— Ma è una definizione così strana — insistette Josh. — Secondo te, a chi si riferivano? Di certo non parlavano di se stessi.

— Probabilmente si riferivano a un’altra tribù. Forestieri, estranei.

— Ma prima di loro chi c’era, papà? Chi c’era prima degli Anasazi e dei Fremont?

— Non lo sappiamo. È quello che viene definito il Periodo Arcaico. Come mai questo improvviso interesse per l’America antica? Pensavo che l’archeologia ti annoiasse.

— La storia e il mondo antico mi sembrano più interessanti, da un po’ di tempo a questa parte — disse Josh, con sincerità. Si voltò di nuovo verso la finestra…

E fece appena in tempo a vedere la gemella di Scatty premere una mano sulla fronte di Sophie, che sveniva tra le braccia dell’autista. Inorridito, vide la vampira che si voltava a guardarlo di scatto, scoprendo i canini in quello che avrebbe potuto essere un sorriso. Poi la vide aprire lo sportello posteriore della limousine, per permettere all’autista di gettare Sophie sul sedile. A quel punto, ancora in piedi davanti allo sportello aperto, Aoife lo salutò beffardamente con la mano.

Per Josh fu come un pugno nello stomaco. Gli mancò il fiato e il cuore gli martellava in petto. — Papà… torno subito… — bisbigliò con voce roca. Lasciò cadere il telefono, corse fuori dalla stanza e imboccò il corridoio. Raccogliendo al volo i resti del bastone da passeggio che l’autista aveva spezzato, spalancò la porta e per poco non cadde dalle scale. Si era aspettato di vedere la macchina allontanarsi, ma Aoife lo stava aspettando con pazienza. — Ridammi mia sorella! — gridò il ragazzo.

— No.

Josh corse verso la macchina, sforzandosi di ricordare tutto quello che Giovanna d’Arco gli aveva insegnato sulla scherma. Rimpianse di non avere Clarent con sé. Perfino Scatty – che non aveva paura di nulla – era terrorizzata dalla spada di pietra. Ma doveva accontentarsi di un bastone da passeggio spezzato.

La vampira piegò la testa, osservando il ragazzo che le correva incontro, e sorrise.

Mentre Josh attraversava la strada, il terrore innescò la sua aura: un debolissimo bagliore dorato gli circondò il corpo. Quando vide la sorella giacere immobile sul sedile posteriore dell’auto, la paura si trasformò in una rabbia furente. L’aura divampò, riccioli di vapore dorato si levarono dalla pelle, gli occhi si tramutarono in due monete fuse. L’oro si solidificò in guanti intorno alle mani, e da lì fluì anche sui bastoni spezzati, trasformandoli in verghe dorate. Josh cercò di parlare, ma aveva la gola chiusa, e la voce che gli uscì dalla bocca era profonda e roca, più bestiale che umana. — Ridammi… mia… sorella.

Il sorriso arrogante della vampira scomparve. Aoife urlò un solo comando in giapponese, si voltò e si tuffò nella limousine, sbattendo lo sportello. Il motore ruggì, le ruote sgommarono e fumarono sull’asfalto.

No! — Josh raggiunse la macchina nell’istante in cui partiva. Sferrò un colpo con una verga dorata e infranse il finestrino posteriore, che esplose in una polvere candida, mentre il bastone lasciava un lungo squarcio nel metallo nero e luccicante. Un altro colpo segnò il bagagliaio con una profonda ammaccatura e ruppe uno dei fari posteriori.

La macchina si allontanò facendo stridere le gomme. Preso dalla disperazione, il ragazzo le scagliò dietro le due verghe dorate. Nell’istante in cui si staccarono dalle sue mani, però, tornarono due semplici pezzi di legno e rimbalzarono innocui sul paraurti.

Josh corse dietro la macchina. La potenza dell’aura fluiva in tutto il suo corpo, dandogli la forza e la rapidità necessarie per muoversi più velocemente di quanto avesse mai fatto. La limousine però continuava ad accelerare; sfrecciò a un incrocio, svoltò un angolo facendo di nuovo stridere le gomme e infine scomparve.

E con la stessa rapidità con cui gli erano giunte, le forze abbandonarono Josh. Crollò bocconi in fondo a Scott Street, con i polmoni che scoppiavano, il cuore a mille, ogni singolo muscolo del corpo in fiamme. Dei puntini neri gli danzavano davanti agli occhi, e pensò di stare per vomitare. Osservò il bagliore dorato svanire dalle mani, l’aura che si staccava dalla pelle come vapore giallo, e si ritrovò esausto e dolorante. Cominciò a tremare, e fu colto da un crampo improvviso ai polpacci, appena sotto le ginocchia. Il dolore era lancinante. Si mise supino e affondò i talloni a terra, cercando di alleviarlo. Poi si rialzò a fatica, affranto, e cominciò a zoppicare verso casa. Sophie se n’era andata. Rapita da Aoife.

Doveva trovarla. Ma ciò significava una cosa sola: tornare da Nicholas e Perenelle Flamel.

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 4. Il Negromante
titlepage.xhtml
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_000.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_001.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_002.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_003.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_004.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_005.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_006.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_007.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_008.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_009.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_010.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_011.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_012.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_013.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_014.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_015.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_016.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_017.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_018.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_019.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_020.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_021.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_022.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_023.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_024.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_025.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_026.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_027.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_028.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_029.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_030.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_031.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_032.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_033.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_034.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_035.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_036.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_037.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_038.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_039.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_040.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_041.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_042.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_043.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_044.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_045.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_046.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_047.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_048.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_049.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_050.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_051.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_052.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_053.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_054.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_055.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_056.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_057.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_058.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_059.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_060.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_061.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_062.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_063.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_064.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_065.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_066.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_067.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_068.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_069.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_070.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_071.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_072.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_073.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_074.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_075.html
CR!VK2JM7YN956E9DNF7Z8WQTVAHTN6_split_076.html