CAPITOLO DICIOTTO
I corvi osservavano la snella figura femminile uscire dalle tenebre con un lungo flauto di legno alle labbra.
Vagamente – ma fu più una sensazione nelle ossa che una vibrazione nell’aria – avvertirono lo spettro di un suono. Antichi istinti li indussero a librarsi verso l’alto, sempre più su, lontano da quella melodia fatale.
Dalla grande altezza raggiunta, osservarono i cucubuth cadere come fili d’erba appiattiti dal vento. E videro Dee e la donna muoversi tra i loro corpi, allontanandosi senza fretta dal caos.
Nel suo Regno d’Ombra, Odino osservò la coppia attraverso gli occhi dei corvi. Chi era quella donna e come aveva fatto a stordire i cucubuth?
L’Antico Signore si accigliò, sforzandosi di mettere a fuoco l’umana. C’era qualcosa di familiare in lei. Evidentemente era un’alleata di Dee, e possedeva uno degli antichi manufatti del potere.
All’improvviso il nome gli sovvenne insieme a un’ondata di brutti ricordi. Gettò indietro la testa e ululò per la soddisfazione. Virginia Dare: uno dei pochi immortali che avevano ucciso il proprio padrone ed erano sopravvissuti. Conosceva bene l’Antico Signore che aveva eliminato. Ora poteva vendicare la morte del suo amore, e anche quella di un amico.
— Portatemi Dee — ordinò ai corvi. — Uccidete la femmina.
In alto, sopra la città, i corvi si misero all’inseguimento dei due immortali, mente l’Antico Signore continuava a guardare attraverso i loro occhi.