CAPITOLO VENTOTTO

Il fantasma di Juan Manuel de Ayala fluttuava in silenzio tra le rovine di Alcatraz. Il tenente spagnolo era stato il primo europeo a scoprire la piccola isola nel 1775 e le aveva dato il nome ispirandosi al gran numero di pellicani che vi regnavano indisturbati: la Isla de los Alcatraces. L’isola fu venduta al governo americano nel 1854, e per allora era ormai diventata Alcatraz.

Quando De Ayala era morto, il suo spirito era tornato a vivere lì, e la proteggeva da allora.

Aveva visto la natura dell’isola cambiare più volte nel corso dei secoli: era stata la sede del primo faro sulla costa della California; poi aveva ospitato una fortezza militare che ben presto era divenuta una prigione, alloggiando tra il 1861 e il 1963 alcuni dei più violenti e pericolosi criminali d’America.

Negli ultimi anni era stata un’attrazione turistica di un certo successo, e De Ayala si era divertito molto a mescolarsi non visto tra le comitive di visitatori, ascoltando i loro commenti eccitati. Gli piaceva soprattutto seguire quelli che parlavano la sua lingua madre, lo spagnolo.

Negli ultimi due mesi, tuttavia, la natura di Alcatraz era cambiata di nuovo. L’isola era stata venduta a una compagnia privata, la Enoch Enterprises, che aveva subito fermato tutti i tour. E quasi subito dopo erano giunti dei prigionieri nuovi. Nessuno dei quali era umano. C’erano creature che De Ayala riconosceva vagamente dai racconti dei marinai – lupi mannari e draghi, viverne e vermi giganti – e altre che ricordava dalla mitologia, come il minotauro e la sfinge, ma la maggior parte di esse gli era del tutto ignota.

E poi Perenelle Flamel era stata imprigionata sull’isola.

De Ayala l’aveva aiutata a evadere dalla sua cella ed era stato felicissimo di vederla fuggire da Alcatraz, lasciando i due pericolosi nuovi arrivati, Machiavelli e Billy the Kid, bloccati insieme ai mostri. Aveva sperato che i due si fermassero per la notte – lui e gli altri fantasmi dell’isola si sarebbero divertiti un po’ – ma gli immortali erano stati salvati da un nativo americano. Mentre osservava la loro barca dirigersi verso la città, De Ayala si era chiesto che ne sarebbe stato della sua amata Isla de los Alcatraces. La sfinge si aggirava ancora nei corridoi della prigione, l’orrendo ragno Areop-Enap si era avvolto in un bozzolo enorme tra le macerie della casa del guardiano, mentre il Vecchio del Mare e le sue orribili figlie pattugliavano le acque.

Lo spettro si portò in cima alla torretta di guardia e si voltò a guardare la città che non aveva mai potuto visitare. Com’era, si chiese, quella metropoli sorta ai margini del continente? Riusciva a scorgere le sue torri cha si innalzavano nel cielo, e quel favoloso ponte arancione che si inarcava sulla baia. Osservò le navi che solcavano le acque, vide gli uccelli d’acciaio tra le nubi e scorse lo scintillio metallico delle macchine che si muovevano sulla costa. Quando aveva scoperto Alcatraz, Philadelphia era la città più grande degli Stati Uniti, con una popolazione di trentaquattromila abitanti. Ora a San Francisco vivevano più di ottocentomila anime – un numero inconcepibile – e oltre trentasei milioni di persone popolavano la California. Cosa sarebbe accaduto a tutta quella gente quando i mostri sarebbero stati sguinzagliati per le strade e nelle fogne della città?

Senza rendersene conto, De Ayala sorvolò un tratto di mare e puntò verso San Francisco, finché i lacci invisibili che lo legavano ad Alcatraz non lo tirarono indietro. Il suo compito era proteggere l’isola. Ma per quanto tempo ancora? Le forze degli homines e degli Antichi Signori si stavano radunando e, comunque fosse finita, lo spettro dubitava che la sua amata Alcatraz sarebbe sopravvissuta alla guerra imminente.

E senza più la sua isola da custodire, anche lui avrebbe finalmente cessato di esistere.

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 4. Il Negromante
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