CAPITOLO CINQUANTATRÉ

Josh sapeva che era un sogno, solo e soltanto un sogno particolarmente vivido.

Sognava di guidare la limousine nera di Niten verso nord, lungo la Sir Francis Blake Boulevard. Era ancora notte, sebbene il cielo alla sua destra stesse già cominciando a schiarirsi.

Era uno di quei sogni perfetti in ogni minimo dettaglio. A volte faceva sogni muti e in bianco e nero, ma quello era a colori, e Josh riusciva perfino a sentire l’odore di pelle degli interni dell’auto e il profumo vagamente floreale di un deodorante nascosto chissà dove.

Tirò su col naso. C’era anche un altro odore, di plastica bruciata. Un ricciolo di fumo grigio gli salì davanti agli occhi, costringendolo ad abbassare lo sguardo. Sulle prime pensò di indossare dei guanti rossi e dorati; ma poi si rese conto che le sue mani erano incandescenti e stavano fondendo il volante. Quando staccò la presa, si portò dietro dei fili di plastica appiccicosa come gomma da masticare.

Non era un incubo. Era soltanto un sogno… strano.

Si chiese dove stesse andando.

— Pensa a tuo fratello — ordinò Perenelle.

Sophie trasse un respiro profondo e posò le mani sul teschio. Il cristallo assunse subito un’intensa colorazione argentata, tanto da sembrare scolpito nel metallo.

— Pensa a Josh — disse Nicholas.

La ragazza si concentrò per cercare di visualizzare il fratello, decisa a vederlo in ogni dettaglio. Le orbite vuote del teschio si scurirono, poi si illuminarono come uno specchio, e all’improvviso un’immagine si formò nell’aria, ma era vaga e frammentata, poco più di una macchia di colori.

Sophie si accorse che le dita di Aoife rinsaldarono la presa sulle spalle, e una forza gelida filtrò nella sua carne. Si rese conto che la guerriera la stava trasmettendo un po’ della forza della sua aura, e poi sentì il suo respiro caldo sull’orecchio destro. — Pensa al tuo gemello — le ordinò Aoife.

Suo fratello gemello: gli stessi capelli biondi, gli stessi occhi azzurri. Nato ventotto secondi dopo. Fino ai tre anni, nessuno era stato capace di distinguerli.

E all’improvviso i colori mutevoli che fluttuavano sopra il teschio rotearono e si stabilizzarono, assumendo forma e definizione. E si ritrovarono a guardare l’immagine di un volante che si scioglieva. Stavano osservando il mondo attraverso gli occhi di Josh.

Dopo un po’, il sogno divenne noioso.

Josh avrebbe voluto svegliarsi.

Guidò a lungo sulla Sir Francis Drake Boulevard, poi svoltò a destra sulla Highway 1 e poi sulla Shoreline Highway. Era una strada stretta a due corsie, e la nebbia del mattino rimbalzava sui fari, ma Josh non era preoccupato. In sogno non poteva succedergli nulla. Se avesse avuto un incidente, si sarebbe svegliato. Però era un peccato che stesse sognando di guidare; avrebbe preferito di gran lunga volare. Quello era uno dei suoi sogni preferiti.

— Ma come fa? — bisbigliò Sophie. — Dorme o è sveglio?

Nicholas si sporse in avanti, posò i gomiti sul tavolo e poggiò la testa sulle mani a coppa. Fissò attentamente l’immagine che aleggiava sopra il teschio. — È probabile che sia cosciente fino a un certo livello, ma qualcosa lo sta controllando. Credo che qualcosa… qualcuno lo abbia chiamato.

Prometeo squadrò il teschio con un’espressione di profondo disgusto. — Se avessi saputo che avevate quell’oggetto abominevole, vi avrei impedito di portarlo nel mio Regno d’Ombra. Mia sorella ha dedicato la maggior parte della vita e della fortuna di famiglia a distruggere i giocattoli degli Arconti.

L’Alchimista lanciò un’occhiata di traverso alla moglie. — Arconti? Pensavo che il teschio fosse opera degli Antichi Signori.

Prometeo ignorò la domanda, concentrandosi sull’immagine tridimensionale che fluttuava sopra il teschio. — Forse potremmo riscuoterlo e svegliarlo in qualche modo.

— No! — gridò Sophie. L’istinto le diceva che sarebbe stato un sbaglio.

— No — concordò Aoife. — Potrebbe perdere il controllo della macchina.

— Così ce ne stiamo seduti qui ad aspettare che giunga a destinazione? — chiese Prometeo.

— Sì. — Perenelle parlò senza staccare gli occhi dall’immagine. — Credo che il nostro primo dovere sia assicurarci che giunga a destinazione sano e salvo. Se avesse un incidente, potrebbe restare ferito o perdere la vita. — La voce della Fattucchiera si addolcì. — Sophie, concentrati su tuo fratello, costringilo a impegnarsi nella guida.

— Come? — chiese lei di rimando, con un’ombra di disperazione nella voce. Stava facendo molta fatica a tenere il panico sotto controllo. — Cosa dovrei fare?

Perenelle fece un’espressione perplessa. Cercò l’aiuto del marito con la sguardo, ma Nicholas scosse la testa. — Non lo so — ammise infine. — Cerca solo di impedirgli di fare qualcosa di stupido.

— Stiamo parlando di Josh — mormorò Sophie. — Fa in continuazione cose stupide. — E sempre quando lei non era con lui.

Josh aveva voglia di accelerare. Quella sezione della Shoreline Highway era relativamente diritta, e la nebbia non era troppo densa. Avrebbe potuto schiacciare il piede sul pedale e filare come un treno.

“Sophie non approverebbe.”

Il pensiero gli spuntò in testa non appena premuto il piede sull’acceleratore.

Ma era un sogno.

“Sophie non approverebbe.”

Josh sollevò il piede e scosse la testa. Sua sorella riusciva a comandarlo a bacchetta perfino in sogno.

Il gruppo sedeva intorno al tavolo da più di novanta minuti, e Sophie tremava per lo sforzo.

Aoife era in piedi dietro di lei, con le mani sulle sue spalle, e le trasmetteva la propria forza, ma l’aura d’argento di Sophie ormai era quasi dello stesso grigio peltro di quella della guerriera, e le immagini che aleggiavano sopra il teschio erano scolorite, quasi trasparenti.

— Non so… per quanto tempo ancora… posso resistere — sussurrò Sophie. Le pulsava la testa e le sembrava di avere le spalle e la schiena serrate in una morsa.

— Dov’è ora? — chiese Flamel con voce roca, cercando di dare un senso agli scorci di strade e paesaggi che si vedevano nelle immagini.

Niten si sporse a guardare oltre la spalla di Aoife, socchiudendo gli occhi. — Sta svoltando da Van Ness Avenue in Bay Street.

Perenelle guardò Prometeo. — Da chi sta andando? Devono esserci degli Oscuri Signori a San Francisco.— Ce ne sono diversi. Quetzalcoatl, il Serpente Piumato, ha una casa qui, ma questa è un’operazione troppo sottile per lui. Eris è in città; una volta si vedeva dalle parti di Haight-Ashbury, dove ha ancora un appartamento, ma i suoi giorni di gloria sono finiti. Non ha questo genere di potere. — L’Antico Signore si sporse in avanti. — Sophie, hai modo di controllare il tuo gemello?

La ragazza si girò a guardarlo, con gli occhi annebbiati per lo sforzo.

— Puoi costringerlo a voltarsi o a guardare in una certa direzione?

— Non lo so. Perché?

— Cerca di fargli aggiustare lo specchietto. Voglio vedere i suoi occhi.

Josh giocherellò con la manopola del riscaldamento.

Accese la radio, ma c’erano solo rumori di sottofondo, perciò si mise a frugare tra i CD. Erano tutti di gente di cui non aveva mai sentito parlare: Isao Tomita, Kodo e Kitaro. Regolò il sedile avanti e indietro, su e giù, aprì il cruscotto, trovò un pacchetto di mentine scadute da due anni ma le mangiò lo stesso, giocherellò con la manopola dell’aria condizionata, aggiustò gli specchietti elettrici laterali e poi, finalmente, afferrò lo specchietto retrovisore…

I suoi occhi erano rosso sangue. Riflessi nello specchio, aleggiarono nell’aria sopra il teschio, immobili, fermi, senza traccia di pupille.

L’ondata di orrore che investì Sophie fu palpabile. Stava guardando il volto del fratello, ma quelli erano gli occhi di…

— Marte Ultore! — esclamò Prometeo. — Il ragazzo è schiavo del Dio Addormentato.

— È stato Marte a risvegliare Josh — bisbigliò Nicholas, atterrito.

— Perciò è lui che lo controlla — aggiunse l’Antico Signore.

— Ma dove lo sta portando? — chiese l’Alchimista.

— Hanno appena imboccato Lombard Street — annunciò Niten. — Sta andando verso la Telegraph Hill.

— La sede della compagnia di Dee, la Enoch Enterprises, è proprio sotto la Coit Tower — intervenne Perenelle, e come se pensasse ad alta voce aggiunse: — Ma Dee è intrappolato in Inghilterra. È impossibile che sia arrivato qui…

— Ne sei sicura? — domandò Prometeo. — Stiamo parlando di Dee.

Nicholas annuì. — Anche se avesse prenotato un volo questa mattina, sarebbe ancora in viaggio. Non può essere in città.

— E se avesse usato una porta d’energia? — chiese Aoife.

— Quelle che conducono qui sono poche. E Dee non ha il potere necessario per attivare la porta di Stonehenge. E poi usando i suoi poteri rivelerebbe la sua posizione ai suoi padroni. Dubito che voglia farlo.

— Ha imboccato la Telegraph Hill — annunciò Niten. — È un vicolo cieco.

Nel dormiveglia, Josh non aveva idea di dove fosse.

Aveva guidato attraverso la città, svoltando a destra e a sinistra, con una vaga consapevolezza dei nomi delle strade: Van Ness Avenue, Bay Street, Columbus e Lombard. Alcune erano quasi familiari, ma quando alla fine imboccò la Telegraph Hill, all’improvviso capì dove si trovava: vicino alla Coit Tower. Anche se la torre era a quattro passi dalla casa di zia Agnes, lui e Sophie non erano mai riusciti a trovare il tempo di andare a visitarla. Alla sua sinistra c’era il Bay Bridge, mentre alla sua destra c’erano case e appartamenti di lusso; Josh continuò a guidare e, mentre la strada saliva, riuscì a scorgere la città, che stava cominciando a emergere dalla nebbia.

La vista era splendida, ma Josh non ne poteva più di quel sogno. Voleva che finisse, voleva svegliarsi. Era quasi tentato di andare fuori strada solo per vedere cosa sarebbe successo.

“Sophie non approverebbe.”

Il ragazzo scosse di nuovo la testa. Quando tornò a guardare la strada, tuttavia, comparve una donna. Nell’istante in cui la vide, Josh capì che era lì per lui, e stava già rallentando e accostando al marciapiede quando lei lo salutò con la mano e sorrise. Josh si fermò e premette il pulsante per aprire il finestrino. La donna era giovane e graziosa e indossava un paio di jeans e una giacca di pelle scamosciata con le frange; una folta criniera di capelli nerissimi le arrivava sino in fondo alla schiena.

Quando la donna si sporse nel finestrino e gli sorrise, Josh notò che i suoi occhi erano dello stesso colore di quelli di zia Agnes, lo stesso colore di quelli del dottor Dee. Fece un bel respiro e fu inondato dal profumo nitido e riconoscibile della salvia.

E siccome quello era un sogno, la donna conosceva il suo nome. — Ciao, Josh Newman. Ti stavamo aspettando.

— Virginia Dare! — esclamò Prometeo cupo. — L’assassina.

Sophie fu l’unica a non voltarsi verso l’Antico Signore. Si concentrò sul volto della donna, scrutandola attraverso gli occhi di Josh.

— Il suo padrone era mio amico — continuò Prometeo. — È morto per causa sua.

Nicholas guardò la moglie. — Ma una volta non era una complice di Dee?

— Molto tempo fa, ma credo che non si vedano da secoli. Eppure, il fatto che sia qui non può essere una coincidenza.

— Sono d’accordo — mormorò l’Alchimista, cupo. — Le coincidenze non esistono.

Le immagini ormai erano intermittenti, andavano e venivano come su un televisore sintonizzato male.

— Sto perdendo la connessione — bisbigliò Sophie. Si voltò a guardare Aoife. — Aiutami. Ti prego.

La guerriera strinse le mani salde sulle spalle della ragazza, sostenendola e trasmettendole la sua forza.

Josh seguì la donna fino a una porta a vetri opaca con un’elaborata scritta dorata sui battenti: Enoch Enterprises. La vide tendere la mano verso il citofono, ma la porta si aprì prima che lei schiacciasse il pulsante. E siccome quello era ancora un sogno, Josh non si stupì di trovare il dottor Dee ad accoglierlo sorridente.

— Josh Newman, che bello rivederti. Ti trovo in forma, e mi pare di capire che adesso sei un Maestro del Fuoco. — Il Mago fece un passo indietro. — Entra liberamente e di tua spontanea volontà.

Senza esitazione, Josh varcò la soglia.

A oltre cento chilometri di distanza, nelle ultime immagini spettrali e intermittenti, gli osservatori muti udirono Dee domandare: — Allora, Josh, ti piacerebbe imparare una delle magie più potenti in assoluto… qualcosa che neanche il leggendario Nicholas Flamel saprebbe insegnarti?

— Sarebbe forte! — rispose Josh.

E poi la porta si chiuse con uno scatto e l’immagine scomparve.

Sophie trasse un respiro tremante e staccò le mani dal cristallo surriscaldato del teschio. Si accasciò in avanti, e sarebbe caduta se non ci fosse stata Aoife a sostenerla. Guardò l’Alchimista. — Cosa può insegnargli Dee di diverso da lei? — domandò con voce roca, preoccupata da morire.

Nicholas scosse la testa. — Non ne ho idea. Abbiamo studiato discipline molto simili: l’alchimia, la matematica, l’astrologia, la biologia, la medicina… — Si fermò di colpo. — Ce n’è una sola diversa. — Nicholas era sbiancato in viso, e gli anelli scuri intorno ai suoi occhi divennero ancora più pronunciati. — C’è un’arte che mi sono rifiutato di apprendere… ma in cui Dee è un vero maestro.

— No! — esclamò Perenelle, sconcertata.

— La negromanzia — disse l’Alchimista. — L’arte di resuscitare i morti.

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 4. Il Negromante
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