CAPITOLO CINQUANTUNO
Scathach intravide un guizzo di movimento in cielo e allontanò Jeanne con una spinta… un istante prima che Saint-Germain precipitasse fuori dal nulla e atterrasse scompostamente ai loro piedi.
Il francese drizzò la schiena e si spazzolò la polvere di dosso con aria schizzinosa, sotto lo sguardo sbigottito delle due donne; aveva appena finito di alzarsi quando si udì uno schianto tra gli arbusti alle loro spalle. Le due guerriere si voltarono, con le armi sguainate… e Palamede e Shakespeare sbucarono dall’erba alta.
— Ci rivediamo, finalmente! — esclamò Shakespeare, mostrando i denti marci in un sorriso.
Jeanne emise un gridolino deliziato e si lanciò su Saint-Germain, avvolgendolo con le braccia e con le gambe e facendolo barcollare all’indietro; stringendola forte, il Conte la fece girare più volte in tondo. — Sapevo che saresti venuto a prendermi — bisbigliò Jeanne in francese.
— Ho detto che ti avrei seguita in capo al mondo, e ora sai che facevo sul serio — mormorò lui nella stessa lingua. Posò la moglie a terra e rivolse un inchino all’Ombra. — Siete sane e salve, vedo.
— Sì. — Scatty ricambiò l’inchino. — Pensavo di avere perso la capacità di sorprendermi molto tempo fa ma, a quanto pare, mi sbagliavo. E io detesto le sorprese — aggiunse.
Saint-Germain si voltò verso Palamede e Shakespeare e inarcò le sopracciglia, stupito.
Il Cavaliere saraceno sorrise, con i denti candidi che risaltavano sulla pelle scura. — Che c’è, credevi che ti avremmo lasciato tutto il divertimento?
— Ma come…?
Palamede si rivolse a Shakespeare. — Diglielo.
Il Bardo si strinse nelle spalle. — Ho suggerito all’Uomo Verde di inviarci qui al tuo seguito. — Will sorrise. Poi si fermò e rivolse un inchino a Scatty e Jeanne. — Signore.
— E Tammuz l’ha fatto? — Saint-Germain sembrava sorpreso.
— Ha sollevato qualche piccola obiezione — replicò Palamede, con la sua voce profonda. — Finché Will non l’ha minacciato con non so quale orribile fungo. — Il Cavaliere si inchinò. — Signore, è un piacere vedervi.
— Anche per noi, Cavaliere — disse Jeanne.
— Ne è passato di tempo, Pally — aggiunse Scathach, con un sorriso.
Il Cavaliere fece una smorfia. — Ti prego, non chiamarmi Pally. Lo detesto.
— Lo so.
L’incappucciato era rimasto seduto sulla roccia. I suoi vivaci occhi azzurri osservavano gli immortali uno a uno, mentre faceva scorrere con aria assente il dito indice lungo l’uncino che sostituiva la mano sinistra.
William Shakespeare fece un passo avanti, si tolse gli occhiali dalla montatura nera e li strofinò sulla manica. — Credo, signore, che ci debba una spiegazione.
Anche se la bocca e il naso dell’incappucciato erano nascosti dalla sciarpa, i suoi occhi si corrugarono in un’espressione divertita. — E io credo che vi dirò soltanto ciò che ritengo vi serva di sapere, e nulla più.
Palamede mosse una mano. La spada che portava in spalla gli comparve in pugno. — Ci darà una spiegazione, e poi ci farà tornare nella nostra epoca.
L’incappucciato rise. — Nessuno di voi può tornare a casa. Non ancora.
Palamede sollevò la spada e fece un passo avanti.
— Oh, non essere stupido! — esclamò l’incappucciato, quasi con impazienza.
La spada di Palamede si trasformò all’improvviso in un pezzo di legno, su cui spuntarono rapidamente le foglie. Dei tralci iniziarono ad avvolgersi intorno al polso e al braccio del Cavaliere.
Palamede lasciò cadere la spada, e l’arma fu inghiottita dal terreno, lasciando una chiazza scura ai suoi piedi. — Era la mia spada preferita — mormorò.
— Questo è il mio mondo — disse l’incappucciato. — L’ho creato io e lo controllo, insieme a tutto ciò che esso contiene. — Tese l’uncino verso l’acqua e lo mosse in senso orario: l’abbeveratoio gelò all’istante, formando uno spesso strato di ghiaccio. Quando mosse l’uncino in senso antiorario, il ghiaccio si trasformò in una pozza di lava ribollente e tossica. — In questo momento, voi siete qui… e ciò significa che siete sotto il mio controllo. — Mosse di nuovo la mano, e la lava tornò a essere acqua cristallina.
Shakespeare si avvicinò alla riva e si chinò a raccogliere un po’ d’acqua con una mano. Esitò un attimo prima di portarsela alle labbra. — Suppongo che sia potabile.
— Posso darle qualunque sapore desideri.
Il Bardo bevve un sorso. — Non ha intenzione di ucciderci, vero?
— No.
Shakespeare raddrizzò lentamente la schiena e scrutò con attenzione l’incappucciato. Si accigliò: c’era qualcosa di quasi familiare in lui. — Ci siamo già incontrati?
L’incappucciato sollevò il braccio sinistro, inclinando l’uncino in modo che catturasse la luce del sole. — Se così fosse, sono sicuro avresti ricordato il mio uncino.
— Eppure, c’è qualcosa… — continuò Shakespeare, scrutandolo con gli occhi socchiusi. — Ho la sensazione di conoscerti.
L’incappucciato si rivolse a Saint-Germain. — Noi sì che ci siamo già incontrati. È bello rivederti. Vedo che hai prosperato nei secoli trascorsi dal nostro ultimo incontro.
— Tutto grazie a te. — Saint-Germain fece un passo avanti e si inchinò. — Mi sono appena reso conto che tutto ciò è opera tua. Avevi pianificato tutto. E da molto tempo, credo, non è vero?
— Sì. Da molto, molto tempo.
— Flamel ha detto di averti incontrato mentre viaggiava per l’Europa alla ricerca di qualcuno capace di tradurre il Codice.
L’incappucciato si inchinò. — Ho avuto un breve incontro con lui e con Madame Perenelle.
— E hai insegnato a me a usare la Magia del Fuoco.
— Era necessario. Se non ti avessi insegnato ciò che sapevo, prima o poi ti saresti consumato da solo. Dovevo tenerti in vita.
— Te ne sono grato — replicò Saint-Germain.
L’incappucciato li guardò uno a uno. — Mi sono dato molto da fare per avervi tutti qui sani e salvi… anche nel tuo caso, Scathach. Aspettavo questo giorno da diecimila anni.
— Diecimila anni? — ripeté Shakespeare, sbalordito.
— Dalla caduta di Danu Talis.
— Eri sull’isola? — domandò Scatty, con un filo di voce.
— Sì. E c’eri anche tu, Scathach, e tu, Palamede, e anche voi, Shakespeare, Saint-Germain e Jeanne. Eravate tutti lì. Schierati al fianco dei gemelli originari, per combattere insieme a loro.
Ci fu un lungo silenzio, in cui perfino i rumori del paesaggio erano ammutoliti.
Alla fine, Scathach scosse la testa. — Impossibile. Se ero a Danu Talis nel passato, perché non me lo ricordo?
— Perché non ci sei ancora stata — rispose l’incappucciato. Scivolò giù dalla roccia e rimase in piedi di fronte agli immortali. Era leggermente più alto di Saint-Germain, anche se non quanto Palamede. — Vi ho riuniti qui per portarvi a Danu Talis con me. I gemelli hanno bisogno di guerrieri fidati. Venite, non c’è tempo da perdere.
— Così, come se niente fosse? — replicò Palamede. — Non ti aspetterai che accettiamo di viaggiare nel tempo e di combattere soltanto perché lo dici tu! Perché dovremmo combattere per te?
— Non combatterete per me — ribatté l’incappucciato, con impazienza. — Combatterete per l’esistenza stessa della razza umana. Se scegliete di non venire, Danu Talis non si inabisserà e le creature che conoscete come homines non diventeranno mai una civiltà. In modi diversi, tutti voi siete stati i paladini degli homines. È il momento di difendere la loro causa ancora una volta.
— Ma non possiamo venire con te proprio ora — osservò Saint-Germain. — Dobbiamo tornare nella nostra epoca.
Jeanne annuì. — Che ne sarà di Nicholas e Perenelle, e delle creature di Alcatraz che Dee e Machiavelli stanno per sguinzagliare in città? Dobbiamo combattere con i Flamel.
L’incappucciato scosse la testa. — Se falliamo e Danu Talis non viene distrutta, niente altro avrà più importanza.
— Un momento… — intervenne Shakespeare. — Hai detto che Danu Talis deve cadere…
— Naturalmente. Se l’isola non sarà distrutta, non ci sarà nessuna storia dell’umanità. Gli Antichi Signori rimarranno qui e il mondo che conoscete non sarà mai esistito.
— Ma Nicholas e Perenelle… — cominciò Jeanne.
— Temo che i Flamel e i gemelli debbano cavarsela da soli. Non potete aiutarli. Ma potete aiutare a combattere per un’intera razza. Se non lo farete, allora non ci sarà più motivo di preoccuparsi per i Flamel… perché non esisteranno.
Il gruppo rimase in silenzio per un attimo, cercando di mettere insieme tutti i pezzi di ciò che l’incappucciato stava dicendo. Danu Talis non era ancora caduta perché non c’era ancora stata nessuna battaglia. E loro erano i guerrieri che avrebbero combattuto quella battaglia. Un gruppo proveniente dal futuro per plasmare gli eventi del passato.
— E se rifiutassimo? — chiese Saint-Germain. — Puoi rimandarci nel nostro mondo? A Parigi, nella Foresta di Sherwood o a San Francisco?
— No. C’è voluto un enorme dispendio di energia per creare questo Regno d’Ombra preistorico; non ho né il potere né la capacità di rimandarvi indietro. Non appena io me ne andrò, questo mondo comincerà a decadere e a morire.
— Quindi non abbiamo molta scelta — commentò Saint-Germain.
— C’è sempre una scelta — replicò l’incappucciato. — Soltanto che alcune sono più difficili di altre. Potete venire con me e vivere, o restare qui e morire.
— Non mi sembra un granché, come scelta — osservò Palamede.
— È l’unica che avete.
— E una volta a Danu Talis, dobbiamo combattere?
— Sì. Combatterete… nella battaglia più grande in cui abbiate mai combattuto.
Palamede guardò il Bardo, e Shakespeare sorrise e annuì. — Ho sempre desiderato vedere una terra mitica — disse. — Ho una magnifica idea per un’opera… mi manca solo l’ambientazione…
— E io credo che mi piacerebbe vedere il luogo in cui sono nata prima che si inabissi in mare — affermò Scatty, con una strana urgenza nella voce. Sembrava perfino più pallida del solito.
Gli occhi dell’incappucciato si incresparono di nuovo. — Sì. E potresti anche riuscire a vedere i tuoi genitori.
L’Ombra fece un passo indietro, spaventata. Era esattamente quello che stava pensando.
— Ho una domanda — intervenne Jeanne, e tutti si voltarono a guardarla. — Come ti chiami? Tu ci conosci… in effetti, sembri conoscerci molto bene… ma noi non abbiamo idea di chi tu sia.
L’incappucciato annuì. — Ho avuto molti nomi nel corso dei secoli, ma quello che preferisco è il primo con cui sono stato chiamato a Danu Talis: Marethyu.
Scathach rimase a bocca aperta e gli umani immortali si voltarono a guardarla.
Jeanne posò una mano sul braccio dell’amica. — Che significa?
L’Ombra lanciò una rapida occhiata all’incappucciato.
— Diglielo — disse lui.
— Nella lingua di Danu Talis, significa “morte”.