CAPITOLO CINQUANTA

Nel cuore delle catacombe di Parigi, Marte Ultore si svegliò. Per un singolo istante i suoi occhi furono di un azzurro brillante, ma poi tornarono rapidamente ad ardere di rosso.

Il ragazzo, il gemello, colui che aveva risvegliato, colui al quale era connesso, aveva appreso la sua seconda magia, la Magia del Fuoco.

Chiudendo gli occhi, costringendosi a ignorare il dolore che tormentava ogni angolo del suo corpo, l’Antico Signore scrutò attraverso gli occhi del ragazzo e si ritrovò a fissare il volto del fratello di sua moglie: Prometeo. Interruppe la connessione all’istante, temendo che il gigante avvertisse la sua presenza. Marte Ultore, il Vendicatore che non aveva paura di nulla e di nessuno, era terrorizzato dal Signore del Fuoco.

Poi, quasi con riluttanza, si concentrò per visualizzare il volto del Mago inglese, e quando Dee alzò la testa per guardarlo con i suoi occhi grigi, l’Antico Signore disse: — È fatta.

— È fatta.

John Dee si svegliò così di soprassalto che cadde dalla sedia e si appoggiò sulle mani ustionate. Il dolore fu lancinante, ma lo ignorò: il suo sonno senza sogni era stato interrotto dall’immagine del Dio Addormentato, Marte Ultore, intrappolato nella sua prigione d’avorio nelle profondità di Parigi. Nel sogno, gli occhi dell’Antico Signore si erano aperti e lo avevano guardato, e Dee lo aveva udito parlare da dietro la maschera.

— È fatta. Il ragazzo ha appreso il Fuoco.

Dee si rimise in piedi, incrociò le braccia al petto e schiacciò la fronte sulla superficie fresca della parete di vetro. Concentrandosi, visualizzò la prigione di Marte Ultore in ogni dettaglio, finché non vide l’Antico Signore in persona. — Voglio il ragazzo — disse il Mago a voce alta.

All’altro capo del mondo, un fumo rosso sangue fuoriuscì dagli occhi del Dio Addormentato. — Josh… — bisbigliò Marte. — Josh.

Esausto e dolorante, Josh Newman si distese sul letto duro e scomodo e chiuse gli occhi. Un secondo dopo dormiva già.

E poi i suoi occhi si riaprirono di scatto.

Ma non erano più azzurri. Erano rossi, come quelli di Marte Ultore.