CAPITOLO QUARANTUNO

— Ègrosso — bisbigliò Josh sbigottito, lanciando un’occhiata alla sorella. — Cioè… è davvero grosso.

Sophie annuì, senza staccare gli occhi dalla figura.

Prometeo era enorme. Si avvicinava ai due metri e venti di altezza e sembrava pesare almeno un quintale e mezzo. Non c’era un solo grammo di grasso in tutto il corpo, soltanto muscoli. Aveva i jeans stracciati, con le ginocchia logore e l’orlo sfrangiato; il disegno della maglietta era talmente scolorito da risultare quasi invisibile, e gli anfibi erano incrostati di fango secco. Anche se i capelli erano una fitta massa di ricci rossi, la barba era striata di grigio e argento.

— Zio! — Con un grido di gioia, Aoife aprì lo sportello e gli gettò le braccia al collo.

— Aoife! — Prometeo la sollevò come una piuma e la lanciò in aria, tra le risate di entrambi.

Josh si ritrovò a sorridere all’immagine di quell’omaccione dall’apparenza feroce che lanciava in aria Aoife tutto contento: tra le sue braccia, la guerriera sembrava una bambina. All’improvviso ripensò a quando era bambino e suo padre gli faceva fare lo stesso gioco. Adorava quella sensazione di volo.

— La mia brava bambina. — Prometeo lanciò di nuovo la nipote nell’aria, ancora più in alto, e Aoife strillò di nuovo.

— Non farmi cadere — protestò la guerriera, con il fiato corto e il singhiozzo.

— Ti ho mai fatta cadere? — replicò l’Antico Signore, e Josh si accorse che parlava inglese con un incredibile accento strascicato del Sud.

— Mai — ammise Aoife, con un filo di voce.

— Ne è passato di tempo. Troppo! — Prometeo l’afferrò al volo, la posò a terra e fece un passo indietro, tenendola a un braccio di distanza per studiarla meglio. — Sei cresciuta…

— Nemmeno un centimetro dall’ultima volta.

— E quando è stata l’ultima volta?

— Oh, non tanto tempo fa. Saranno passati… Quanti? Centoventi anni, più o meno. — Aoife sollevò gli occhiali sopra la fronte e scrutò l’ampia faccia dello zio.

Josh si accorse subito che i loro occhi erano dell’identica sfumatura di verde.

— L’ultima volta che ci siamo visti è stato quando tu e Niten siete venuti a salvarmi a Krakatoa, dopo che mi ero cacciata nei guai con i naga — continuò Aoife.

Prometeo annuì e rise. — Sì, sì, me lo ricordo!

— Krakatoa! — esclamò Josh. — È dove sono stati mamma e papà cinque anni fa. È quell’isola col vulcano… — Si voltò a guardare gli altri passeggeri, ma nessuno lo stava ascoltando: Sophie, Nicholas e Perenelle non staccavano gli occhi dall’Antico Signore.

I genitori dei gemelli avevano trascorso un’intera estate sull’isola, quando i ragazzi avevano dieci anni, e Josh aveva usato le loro fotografie per un progetto scolastico. Sapeva che una delle più grandi esplosioni vulcaniche mai registrate sul pianeta era accaduta a Krakatoa alla fine del Diciannovesimo secolo, ovvero... trasalì: ovvero all’incirca centoventi anni prima.

— E come sta il tuo ragazzo, lo Spadaccino? — tuonò Prometeo.

— Non è il mio ragazzo — si affrettò a correggerlo Aoife, con le guance pallide cosparse di improvvise macchie di colore. — E sta bene.

— Lo hai visto di recente?

— Molto di recente. — Aoife si voltò mentre lo sportello del guidatore si apriva e Niten scendeva dall’auto. Con le mani posate sulle cosce, l’immortale giapponese si inchinò al cospetto dell’Antico Signore dai capelli rossi.

Prometeo rispose con un identico inchino. — Lieto di rivederti, amico mio! — esclamò con affetto.

— Altrettanto, Signore del Fuoco.

Josh si guardò intorno, accorgendosi solo in quel momento che nell’istante in cui Prometeo era apparso sul fianco della macchina, le figure di fango erano scivolate via, tornando a confondersi in mezzo agli alberi e all’erba alta ai lati della strada sterrata. Li intravedeva ancora tra le foglie, con le facce inespressive rivolte verso l’Antico Signore come fiori verso il sole.

Prometeo chinò la testa per guardare nei sedili posteriori dell’auto. — Vediamo un po’ che altre sorprese abbiamo qui — disse. — È una bella sorpresa…

Perenelle aiutò Nicholas a scendere.

— …oppure non tanto? — finì. Poi, drizzandosi in tutta la sua altezza, prese la mano della Fattucchiera tra le sue e fece un profondo inchino. — Vorrei poter dire che è sempre un piacere incontrarla, madame Perenelle, ma lei viaggia sempre in compagnia di cattive notizie.

— Ovvero viaggia sempre con me... — Nicholas gli porse la mano, ma Prometeo la ignorò e preferì abbracciarlo con delicatezza, sollevandolo letteralmente da terra.

— Tu sei sempre una cattiva notizia! — esclamò l’Antico Signore in tono allegro, smorzando la durezza del commento con un sorriso. Scrutò l’immortale, con un’espressione preoccupata negli occhi verdi. — E oggi non fa eccezione, a quanto vedo. Sei invecchiato, Alchimista. — Si voltò a guardare sua moglie. — Ma lei è bellissima come sempre.

— Sei sempre stato un mascalzone galante, Prometeo, e comunque hai ragione: mai dire a una donna che è invecchiata. — Perenelle sorrise.

— Siamo nei guai — ammise Nicholas. — Ti spiegherò tutto dopo. Ma prima, vorrei presentarti due persone.

Josh si accorse all’improvviso che l’Alchimista lo stava guardando. Trasse un respiro profondo, spinse lo sportello… e avvertì subito una pressione nell’aria, come se una forza invisibile lo stesse respingendo.

Gli sembrò di percepire una sorta di debole alone rosso intorno all’Antico Signore, ma non appena scese dall’auto vide che il bagliore si intensificava, finché fu come se Prometeo fosse avvolto in una nebbiolina rossa che si increspava sopra la sua pelle. Alle spalle del gigante, Josh vide che pure l’aura grigia di Aoife aveva preso vita, levandosi come fumo dal suo corpo. Fece un passo avanti, e la sua aura divampò. Si sentì prudere la testa e si passò le dita tra i capelli: scintille profumate d’arancio schioccarono nella sua carne.

— Un altro oro — constatò Prometeo, rattristato. Poi i suoi occhi si indurirono e guardò i Flamel. — Pensavo che dopo l’ultima volta avessimo pattuito che…

— Non è solo un altro oro — lo interruppe Nicholas. — È quell’oro. — Indicò Josh. — Guardalo bene, Prometeo. Guarda la sua aura. È il gemello d’oro della leggenda. È stato risvegliato, e ha appreso la Magia dell’Acqua da Gilgamesh. Ora ha bisogno di apprendere quella del fuoco.

— E ti aspetti che lo addestri io?

— Te ne prego. Non abbiamo molto tempo.

— È fuori discussione — tuonò Prometeo. — Ti ho detto che non avrei mai più addestrato homines.

Turbato e confuso, Josh stava per rivolgersi a Nicholas quando un brivido freddo gli corse lungo la schiena. Si voltò nell’istante in cui la sorella scese dalla macchina.

Il formicolio era iniziato non appena Sophie aveva visto la grossa testa di Prometeo sbirciare nell’auto. Si era diffuso con violenza in tutto il suo corpo, partendo dalla punta delle mani e dei piedi e accorrendo fino al cervello. E con il formicolio erano arrivati anche i ricordi.

… un ragazzo dai capelli rossi su una scogliera, un mostro tentacolare che sorgeva da un mare in tempesta…

… il ragazzo, ormai un giovane uomo in un’esotica armatura d’argento, che brandiva una spada rossa e fiammeggiante contro un’orda di guerrieri armati…

… lo stesso giovane uomo che bersagliava di palle di fuoco una flotta lontana di scintillanti navi di metallo…

… l’uomo, più anziano adesso, che si allontanava dalla Città Senza Nome, seguito da migliaia – decine di migliaia – di homines appena creati…

… l’uomo, ancora più vecchio, terribilmente ferito e incatenato a una roccia in un Regno d’Ombra velenoso, attaccato da feroci creature simili a uccelli…

Nell’istante in cui posò il piede a terra, l’aura di Sophie divampò, indurendosi e solidificandosi in un’armatura d’argento dall’aria esotica, completa di tutto punto. Un lucido elmo ovale le copriva la testa, con le fessure per gli occhi protette da vetro verde; i guanti sulle sue dita, pur essendo di metallo, erano flessibili come pelle.

— Riconosci l’armatura? — La voce di Sophie riecheggiò un poco all’interno dell’elmo, conferendole una nota quasi soprannaturale. L’armatura era una copia perfetta di quella che Prometeo aveva indossato da giovane.

L’Antico Signore fece un passo indietro, bianco come il gesso. Aoife lo prese per mano.

— Ricordi quando mi hai fabbricato un’armatura come questa, con la tua stessa aura? Per tenermi al sicuro, hai detto. — Nell’aria si diffuse un intenso profumo di vaniglia, che si intorbidì con un altro odore: quello secco delle foglie bruciate. L’argento si chiazzò di marrone, a macchie di leopardo.

Scuotendo la testa, Prometeo continuò ad arretrare, con la barba e i capelli che crepitavano di scintille. Una luccicante armatura cremisi cominciò a formarsi sul suo petto e sulle spalle. — Chi sei? — domandò nella lingua perduta di Danu Talis.

— Sono Sophie Newman — rispose la ragazza nella stessa lingua, prima di tornare all’inglese. — E ho un messaggio da parte di tua sorella.

L’aura di Prometeo divampò rosso sangue, e un’armatura identica a quella che indossava Sophie si plasmò intorno al suo corpo. Entrambe le armature – una rossa, una d’argento – mandavano scintille, colando fili di aura colorata nell’aria. — Mia sorella è morta per me — tuonò il gigante, con la voce amplificata dall’elmo. — Mi ha tradito… Ha tradito tutti noi…

L’armatura di Sophie impallidì, facendosi trasparente e cristallina e mostrando la ragazza sottostante. Gli occhi erano d’argento massiccio, come due specchi incastonati nel viso. — Ha fatto ciò che era necessario — replicò. All’improvviso la sua aura svanì, fluendo via verso l’alto e staccandosi dalla pelle in goccioline d’argento; quando Sophie parlò di nuovo, lo fece con la voce incrinata e anziana della Strega di Endor. — Fratellino, ho fatto ciò che dovevo fare, e l’ho fatto per te. Hai passato la vita a proteggermi e hai pagato un prezzo terribile. E sì, sono andata con Crono e gli ho sacrificato i miei occhi, ma in cambio ho ottenuto di poter vedere i fili mutevoli del tempo, così da poter sempre vegliare su di te e tenerti al sicuro.

— Sofonia… — sussurrò Prometeo. L’armatura fluì via dal suo corpo e si raccolse in una pozza ai suoi piedi, penetrando nel terreno. Fili d’erba verde e fiori alpini spuntarono tutt’intorno.

— Il mondo finirà — continuò Sophie, con la voce della Strega. — Questo è quanto ho visto in ogni filo del tempo… in tutti tranne che in uno. In quell’unico filo c’è una possibilità, una lievissima possibilità, di sopravvivenza. Ricordi quando combattevamo insieme per gli homines appena creati, fratellino?

Senza parole per lo shock, Prometeo riuscì soltanto ad annuire.

— È giunta l’ora che un’altra coppia di fratelli faccia lo stesso. E hanno bisogno del tuo aiuto.

Prometeo cominciò a scuotere la testa. I suoi occhi verdi erano lucidi di lacrime infuocate. — Ti prego, non chiedermelo…

C’era rabbia nella voce della Strega. — La tua aura ha acceso la scintilla della vita negli homines. Sei il loro padre e, come tutti i padri, hai la responsabilità della tua famiglia. Se rifiuti, condannerai gli homines alla distruzione.

Sophie cominciò a barcollare e Josh corse ad afferrarla. Fili della sua aura d’oro iniziarono ad avvolgerla, crepitando e scoccando scintille ogni volta che toccavano la pelle.

La ragazza rabbrividì. Quando aprì gli occhi, erano di nuovo azzurri. Sbatté le palpebre e le strizzò forte, guardando Josh. — Non deludermi. Sono sempre stata molto fiera del mio fratellino — bisbigliò prima di perdere del tutto conoscenza.

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 4. Il Negromante
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