CAPITOLO CINQUANTOTTO
“Josh.
Svegliati.
Josh. Svegliati.
Josh.”
E Josh si svegliò, al suono delle voci di Nicholas e Perenelle che gli riecheggiavano nella testa.
Ricordava di essersi disteso su quel divano scomodo nel cottage di Prometeo; poi aveva fatto un sogno… un sogno lungo e noioso.
Ma era stato davvero un sogno?
Era seduto su uno sgabello alto in un appartamento dall’aria moderna, con il dottor John Dee e la donna quasi familiare del suo sogno che lo guardavano.
— Sei sveglio! — esclamò Dee, quasi sorpreso.
La confusione cedette il passo alla paura, che si trasformò rapidamente in rabbia. — Che cosa mi ha fatto? — D’istinto, Josh afferrò Clarent e scivolò giù dallo sgabello, impugnando la spada con tutte e due le mani. Subito avvertì il calore familiare dell’arma che gli fluiva in corpo, e la sua aura cominciò a solidificarsi in un’armatura di piastre dorate intorno al corpo. Si guardò rapidamente attorno, cercando di orientarsi. — Dove sono? Dov’è mia sorella? Che avete fatto a mia sorella?
Tenendosi il Codice premuto sul petto, Dee si accostò alla punta della lama tesa. — Ricordi il sogno, Josh? Il sogno della lunga corsa in macchina?
Josh fece un passo indietro e annuì.
Il Mago fece un passo avanti. — Non era un sogno.
— Che cosa mi ha fatto… un incantesimo?
Dee si strinse nelle spalle. — Non mi piace la parola “incantesimo”… è troppo antiquata. Tecnicamente, ho chiesto a Marte Ultore di chiamarti. Tu sei connesso a lui; e lo rimarrai per il resto della tua vita.
— Dove sono? — chiese Josh, anche se aveva già una vaga idea della risposta.
— A San Francisco, sotto la Coit Tower, nella sede della Enoch Enterprises, la mia compagnia.
Clarent vibrava nella stretta di Josh. Dei guanti d’oro si erano formati intorno alle mani e agli avambracci, ma il metallo intorno ai palmi e alle dita era chiazzato di rosso ruggine nei punti in cui era in contatto con la spada.
— Grazie di essere venuto — continuò Dee, sorridendo come se non ci fosse nulla fuori dall’ordinario. Si scansò un poco. — Questa è la mia complice, la signorina Virginia Dare.
La donna fece un cenno col mento, ma non sorrise. Josh notò che stringeva un bastone di legno – un flauto? – in una mano.
— La signorina Dare, come me, è immortale. — Dee si voltò di scatto verso il ragazzo. — E a te non piacerebbe? Non vorresti diventare immortale?
Josh strizzò le palpebre, sorpreso. Ascoltando Nicholas, e poi Scathach e Aoife che ne parlavano, si era chiesto vagamente come sarebbe stato vivere per sempre, ma non aveva mai preso quell’ipotesi in seria considerazione. — Non ne sono sicuro — rispose.
— Io non posso renderti immortale, e nemmeno Virginia, ma conosciamo degli Antichi Signori che potrebbero elargirti questo dono — continuò Dee. — In effetti, lo stesso Marte Ultore potrebbe renderti immortale, se tu glielo chiedessi.
Frastornato e confuso da quella situazione assurda, Josh guardò prima il Mago e poi la donna. — Io non sono sicuro che…
— È troppo giovane per diventare immortale — disse Virginia. — È ancora un ragazzo. Rimarrebbe bloccato così per sempre. Chiediglielo di nuovo tra cinque anni.
Dee sorrise, con gli occhi grigi scintillanti. — Tra cinque anni. Sì, ma che bella idea. Ti rifaremo la domanda allora. Intanto tu pensaci — aggiunse in tono allegro. — Avere ventun’anni per sempre.
— Voglio andarmene — disse Josh, cercando una via d’uscita con lo sguardo.
— Naturalmente. Laggiù c’è un ascensore, e in quell’angolo ci sono delle scale.
— Posso andarmene così? — chiese il ragazzo, stupito.
— Ma certo. — Dee rise. — Josh, non sono tuo nemico. E non lo sono mai stato. Ti ho detto l’ultima volta che ci siamo visti chi erano i Flamel… che cosa erano. Non è vero?
Il ragazzo annuì e abbassò lentamente la spada.
— Hai passato con loro… quanto? Una settimana. Suppongo che tu abbia scoperto di persona alcune cose sgradevoli sul loro conto.
Josh annuì di nuovo.
— E naturalmente la domanda è: su che altro vi hanno mentito?
— Abbiamo saputo degli altri gemelli — ammise Josh. Notò ancora una volta la grande differenza che c’era tra Dee e Flamel. L’Alchimista sembrava parlargli sempre con sufficienza; il Mago lo trattava da pari.
— Vi hanno detto quanti?
Josh scosse la testa. — Ho avuto l’impressione che ce ne siano stati una dozzina, qualcosa del genere.
Dee scosse la testa. — Sono stati centinaia! Be’, a quanto ci risulta, almeno. Quando non riuscivano a trovare gemelli, andavano alla ricerca di singoli individui con aure d’oro e d’argento; e quando non riuscivano a trovare l’oro, si accontentavano di qualsiasi sfumatura affine: bronzo, arancione, rosso perfino; e quando non trovavano l’argento, usavano il grigio, l’alabastro, addirittura il bianco. Alcuni li hanno seguiti di spontanea volontà, ma altri sono stati comprati, o addirittura rapiti.
— Che fine hanno fatto? — chiese Josh in un sussurro inorridito. — Flamel ha detto che sono sopravvissuti.
— Flamel mente.
— Mi dica che fine hanno fatto! — gridò Josh.
Il Mago distolse lo sguardo, scuotendo la testa. — È troppo orribile perfino pensarci. Non lo avete chiesto all’Alchimista?
— Non ci ha dato una vera risposta.
— Be’, questo la dice lunga, non credi? — replicò Dee. — Josh, permettimi di ripeterlo ancora una volta: non sono tuo nemico. Sono sempre stato corretto e onesto con te. E devi ammettere che ho sempre risposto alle tue domande. Puoi dire lo stesso dell’Alchimista e di sua moglie?
Il ragazzo scosse la testa. Era spaventato – o meglio, terrorizzato – perché sua sorella era ancora con i Flamel. Doveva portarla via da loro. Poi fu colpito da un pensiero improvviso. — E l’esercito di mostri su Alcatraz?
— Ci sono delle bestie sull’isola, è vero. Ma Alcatraz è, come è sempre stata, una prigione. Quando qualcuno come me si imbatte in un mostro su questo pianeta, lo cattura e lo imprigiona sull’isola. Ecco perché Perenelle – che è mostruosa quanto qualsiasi altra bestia – era lì.
Clarent ormai puntava verso il pavimento, e l’oro era scomparso da gran parte delle mani di Josh. Solo la punta delle dita era metallica e rosso sangue al contatto con la pietra. — Perché mi ha chiamato? — chiese il ragazzo.
— Innanzitutto per sottrarti all’influenza dell’Alchimista e della Fattucchiera, in modo che potessi pensare per conto tuo e prendere delle decisioni autonome. E poi per farti un’offerta. — Dee posò il Codice sul tavolo e attraversò la stanza, accomodandosi su un divano.
Impugnando ancora Clarent, Josh lo seguì e gli si sedette di fronte. Virginia si portò alle spalle del Mago, restando in piedi nell’ombra.
— Tu sei d’oro, Josh. Oro puro. Ci sono state forse una dozzina di persone nella storia del mondo con un’aura come la tua: Tutankhamon, Montezuma, Askia, Osei Tutu, Mida, Giasone e perfino il creatore del Codice, Abramo in persona. In meno di una settimana, sei stato risvegliato e addestrato nell’Acqua e nel Fuoco. — Dee scosse la testa. — È stupefacente. Ma ora devi prendere una decisione. Devi capire da che parte combattere.
Josh posò la spada sul pavimento e seppellì il volto tra le mani. — Non so cosa pensare — mormorò, confuso e affranto. — Proprio non lo so. Quando parlo con Flamel, è lei il cattivo… eppure, quando parlo con lei, mi sembra una persona ragionevole. Le credo. Non del tutto, però — si affrettò ad aggiungere.
— Capisco — replicò Dee, con gentilezza. — Dico sul serio. — Fece una pausa e si sporse in avanti, con i gomiti sulle ginocchia. — C’è una cosa che posso fare per te, Josh. C’è un dono che posso farti e che ti aiuterà sempre a discernere la verità da solo.
Il ragazzo alzò lo sguardo, accigliato. All’improvviso aveva ricordato qualcosa. — Quando sono arrivato, prima, ha detto qualcosa… ha detto che avrebbe potuto insegnarmi la magia più potente in assoluto, qualcosa che neanche Nicholas avrebbe potuto insegnarmi. — Si fermò, prima di continuare cauto. — O l’ho sognato?
— No, non l’hai sognato. — Dee si alzò e si strofinò le mani. — C’è una sola arte che il leggendario Alchimista non ha mai imparato.
Anche Josh si alzò. — Perché no?
— Perché il tuo amico Nicholas non è né potente né intelligente come ama farsi credere. — Gli occhi di Dee scintillarono. — Josh, io posso darti il potere di far risorgere i morti, di parlare con loro, di comandarli.
Il ragazzo strizzò le palpebre. — I morti… — Non sapeva bene cosa pensare. Non gli sembrava un dono così potente.
— Pensaci. —Dee lo afferrò per le braccia, e sottili volute della sua aura gialla si attorcigliarono come serpenti intorno ai polsi del ragazzo. — Sarai in grado di interrogare qualsiasi morto, di qualsiasi epoca, sul conto dei Flamel. Chiedigli quello che vuoi… possono dirti solo la verità. Mentre li animi, sei tu il padrone e devono obbedirti. Trova le persone che conoscevano i Flamel – o che conoscevano me – e chiedi a loro. Sarai in grado di stabilire la verità da solo. Poi deciderai da che parte combattere.
Josh era ammutolito per lo shock. Alla fine, incredulo, chiese: — Chiunque?
— Chiunque. — Dee annuì. — Ti serve soltanto un piccolo frammento di ossa.
— O un brandello di stoffa, o un gioiello — disse Virginia. — O una spada — aggiunse, indicando la spada che giaceva ai suoi piedi.
— È così che ha fatto sorgere quelle creature a Ojai? — domandò Josh al Mago.
— Sì.
— Erano animali. Potrei far risorgere i dinosauri?
— Sì. Puoi riportare in vita qualsiasi cosa morta. È un potere eccezionale — affermò Dee. — Vuoi impararlo?
— Sì — rispose Josh. — Che cosa devo fare?
— Be’, intanto puoi aiutarmi a spostare questi mobili. A quanto pare, la signorina Dare non si occupa di questo genere di attività.
Il ragazzo aiutò Dee a spostare un pesante divano contro la parete. — Come si chiama questa magia, e perché stiamo sgombrando il pavimento?
— Farò di te un negromante, Josh. — Il Mago sorrise. — Di norma, ci vorrebbero decenni di addestramento, ma c’è qualcuno che può garantirti questo dono all’istante. Non devi fare altro che evocarla. — Indicò il pavimento sgombro. — Si trova in un Regno d’Ombra molto lontano, ma possiamo farla tornare qui.
— È un Antico Signore?
— Meglio: è un Arconte. Evocheremo Coatlicue, la Madre di Tutti gli Dei.