Da parte sua, Ming era disturbata dal comportamento del ministro. Questo anziano signore era sempre stato il più delle volte un tipo calmo e ottimista. Il suo modo di essere era quello di un bonario gentleman anche quando si portava lei o qualcun'altra dell'ufficio a letto. Era una qualità accattivante, una delle ragioni per cui le donne che lavoravano con lui non opponevano resistenza alle sue avances, e inoltre lui si prendeva cura di quelle che si preoccupavano delle sue esigenze. Questa volta lei scrisse tranquillamente quello che le veniva dettato, mentre lui sedeva sulla sua sedia, con gli occhi chiusi e un tono monotono. Ci mise mezz'ora, poi lei andò alla sua scrivania per la trascrizione. Era l'ora di pranzo, quindi quando finì andò a mangiare fuori con la sua collega Chai.
«Qual è il problema?» chiese a Ming.
«La riunione di questa mattina non è andata bene. Fang è preoccupato per la guerra.»
«Ma non sta andando bene? Non è quello che ci dicono in TV?»
«Sembra che ci siano state delle difficoltà. Questa mattina hanno discusso su quanto siano serie. Qian era particolarmente preoccupato, perché gli americani hanno attaccato i nostri ponti ferroviari ad Harbin e Bei
«Ah.» Chai portò del riso alla bocca con i suoi bastoncini.
«E come la sta prendendo Fang?»
«Sembra molto teso. Forse avrà bisogno di essere confortato, questa sera.»
«Oh? Bene, io posso prendermi cura di lui. Ho bisogno di una sedia nuova per il mio ufficio», aggiunse con un risolino. Il pranzo si protrasse più a lungo del solito. Evidentemente il loro ministro non aveva bisogno di nessuna delle due per il momento, e Ming approfittò per fare una passeggiata e vedere quale fosse lo stato d'animo della gente in strada. L'atteggiamento era abbastanza indifferente. Stette fuori abbastanza a lungo perché scattasse lo screen saver del suo computer, e quindi il monitor era vuoto, nella modalità di riposo: l'hard disk iniziò a girare e il modem, silenziosamente, si attivò.
Mary Pat Foley era nel suo ufficio, sebbene fosse passata la mezzanotte, e si connetteva alla sua casella elettronica ogni 15 minuti, sperando di ricevere qualche notizia da SORGE.
«C'è posta per te!» le disse la voce meccanica.
«Sì!» lei le rispose, scaricando immediatamente il nuovo documento. Poi alzò il ricevitore del telefono.
«Fai venire su Sears.» Fatto questo, la signora Foley guardò l'orario di arrivo dell'e-mail. Era stata inviata nel primo pomeriggio da Pechino... cosa poteva significare? si chiese, preoccupata che ogni irregolarità potesse significare la morte di SONGBIRD, e la perdita dei documenti SORGE.
«Sta lavorando fino a tardi?» chiese Sears entrando.
«E chi non lo fa?» rispose Mary Pat. Gli porse l'ultima stampa.
«Legga.»
«Riunione del Politburo nella mattinata per un cambiamento», disse Sears, leggendo la prima pagina.
«Sembra un po' brusco. Questo Qian sta creando un piccolo inferno... oh, okay, ha parlato con Fang dopo la riunione e gli ha espresso le sue serie preoccupazioni... concordato incontro più tardi e... oh, merda!»
«Che cosa?»
«Hanno parlato di tenere sempre più pronti i loro missili balistici intercontinentali... fammi vedere... non è stato deciso niente di certo per ragioni tecniche, non erano sicuri di quanto potessero tenere i missili armati, ma erano scossi dalla nostra eliminazione del loro sottomarino...»
«Evidenzialo. Lo contrassegnerò come CRITIC», annunciò la donna. CRITIC, abbreviazione di «critical», è la più alta priorità nella trasmissione dei messaggi del Governo degli Stati Uniti. Un documento contrassegnato come CRITIC deve essere nelle mani del Presidente dopo meno di quindici minuti dalla sua apparizione. Questo significava che Joshua Sears doveva elaboralo il più velocemente possibile, cosa che poteva anche causare errori nella traduzione.
Ryan dormiva da circa quaranta minuti quando il telefono vicino al suo letto squillò.
«Sì?»
«Signor Presidente», annunciò un'inespressiva voce nel While House Office of Signals, «abbiamo un messaggio CRITIC per Lei.»
«Va bene. Portatemelo su.» Jack si girò e mise i piedi per terra. Come ogni persona normale nella propria casa, non era tipo da vestaglia. In passato, solitamente camminava per casa in mutande e a piedi nudi, ma questo non era più permesso, e ora teneva sempre a portata di mano una lunga vestaglia blu. Era un regalo ricevuto tanto tempo prima, quando insegnava storia all'Accademia Navale, un regalo dei suoi studenti: aveva sulle maniche una larga fascia e le quattro strisce da Ammiraglio della Flotta. Così vestito, e calzando pantofole di pelle anch'esse acquisite con il nuovo status, uscì nel corridoio. La squadra notturna del servizio segreto era già all'erta e in movimento. Joe Hilton gli si avvicinò per primo.
«Abbiamo sentito, Signore. Sta salendo ora.»
Ryan, che nell'ultima settimana aveva dormito meno di cinque ore per notte, sentì un urgente bisogno di inveire e di spaccare la faccia a qualcuno, a chiunque, ma naturalmente non poteva fare una cosa del genere a gente che stava solo facendo il proprio lavoro e che stava attraversando anch'essa momenti difficili. L'agente speciale Charlie Malone era all'ascensore. Prese la carpetta dal corriere e si diresse verso Ryan.
«Hmm.» Ryan si fregò le mani sul viso e aprì la carpetta. Le prime tre righe colpirono direttamente la sua coscienza.
«Oh, merda.»
«Qualcosa che non va?» chiese Hilton.
«Un telefono», disse Ryan.
«Da questa parte, signore.» Hilton lo condusse nel tranquillo ufficio del servizio segreto al piano di sopra. Ryan alzò il ricevitore e disse,
«Mary Pat a Langley.» Non aspettò a lungo.
«Mary Pat, qui è Jack. Cosa succede?»
«Esattamente quello che vedi. Stanno discutendo di armare i loro missili intercontinentali. Almeno due di quelli sono puntati su Washington.»
«Ottimo. E ora?»
«Ho già incaricato un KH-11 di dare una rapida occhiata ai loro campi di lancio. Ce ne sono due, Jack, ma quello più pericoloso è a Xuanhua, circa quaranta gradi e trentotto primi a nord e centoquindici gradi e sei primi a est. Dodici silos contenenti missili CCC-4. Questo è uno dei più nuovi, e ha rimpiazzato i vecchi campi dove i missili venivano tenuti in grotte o gallerie. Sono silos dritti, verticali e scavati nel terreno. L'intero campo missilistico è circa sei miglia per sei miglia. I silos sono distanti l'uno dall'altro così che un singolo impatto nucleare non può eliminare più di due missili», spiegò Mary Pat, guardando molto oltre mentre parlava.
«Quanto è seria questa cosa?» Si udì una nuova voce all'apparecchio.
«Jack, sono Ed. Penso che dovremmo prenderla seriamente. Il bombardamento navale delle loro coste può averli fatti infuriare. Quei dannati stupidi pensano che potremmo tentare un'invasione.»
«Cosa? Con cosa?» domandò il Presidente.
«Possono avere una mentalità molto isolana, Jack, e non sono sempre logici secondo i nostri canoni», rincarò Ed Foley.
«Bene. Okay. Voi due venite qui giù. Portate anche il vostro miglior esperto in questioni cinesi.»
«Stiamo arrivando», rispose il direttore.
Ryan riattaccò e guardò Joe Hilton.
«Sveglia tutti. I cinesi potrebbero arrivare come falchi su di noi.»
La risalita del Potomac non era stata agevole. Il capitano Blandy non aveva voluto aspettare una guida esperta del fiume che lo aiutasse nel percorso si sa che gli ufficiali della Marina tendono a essere troppo orgogliosi quando si tratta di condurre le loro navi e questo aveva creato tensione alle sentinelle sul ponte. Raramente il canale aveva una larghezza maggiore di poche centinaia di iarde, e le navi da crociera sono barche da acque profonde, non da fiume. In un'occasione erano arrivati vicini a un banco di sabbia, ma il timoniere lo aveva evitato con una tempestiva virata del timone. Il radar dell'imbarcazione era acceso e funzionante: di solito si ha timore di spegnere gli strumenti di bordo perché è risaputo che, come la maggior parte dei congegni meccanici, è meglio che restino sempre in funzione poiché spegnendoli si potrebbe rompere qualcosa. L'energia di radiofrequenza irradiata dai quattro enormi trasmettitori di bordo della Gettysburg aveva causato forti interferenze in numerosi apparecchi televisivi lungo il percorso verso nord-ovest ma questo non si poteva evitare, e probabilmente, comunque, nessuno aveva notato la nave sul fiume, non a quell'ora della notte. Alla fine, la Gettysburg si fermò in vista del ponte Wilson Woodrow, e dovette aspettare che il traffico fosse fermato sulla D.C. Beltway. Questo avrebbe provocato la rabbia degli automobilisti, ma di notte non c'era così tanta gente, anche se qualcuno suonò il clacson quando l'imbarcazione passò attraverso le campate del ponte levatoio. Forse sono di New York, pensò il capitano Blandy. Da lì c'era un'altra virata a dritta nel fiume Anacostia, un altro attraversamento di un ponte, intitolato a Jhon Philip Sousa accompagnato da pochi altri sguardi sorpresi di altrettanti automobilisti e infine il morbido attracco lungo il molo che ospitava anche la USS Barry, un cacciatorpediniere in disuso relegato allo status di museo. Gli ormeggiatori sul molo, notò il capitano Blandy, erano quasi tutti civili. Non era strano tutto questo? «L'evoluzione», questo il termine che Gregorij aveva imparato per indicare la manovra di parcheggio di un'imbarcazione, era stata interessante ma non degna di particolare nota, anche se il capitano sembrava abbastanza sollevato per il fatto di averla completata.
«Spegnere i motori», disse l'ufficiale comandante alla sala motori, ed emise un lungo sospiro di sollievo, condiviso, come Gregorij poté vedere, dall'intero equipaggio del ponte.
«Capitano?» chiese l'ufficiale dell'esercito.
«Sì?»
«Cosa significa tutto questo, esattamente?»
«Be', non è ovvio?» rispose Blandy.
«Siamo in guerra con la Cina. Loro hanno i missili intercontinentali, e suppongo che il segretario alla Difesa voglia essere in grado di abbatterli se ce ne sganciano uno su Washington. SACLANT sta anche mandando un Aegis a New York, e scommetterei che la Pacific Fleet ne ha alcuni in fase di perlustrazione a Los Angeles e a San Francisco. Probabilmente anche a Seattle. In ogni caso, lì ci sono molte navi e depositi di munizioni piuttosto riforniti. Ha altre copie di riserva del suo software?»
«Sì, certo.»
«Bene, tra pochi minuti avremo una linea telefonica sul ponte. Vedremo se c'è la possibilità per lei di trasmetterlo ad altre parti interessate.»
«Oh», osservò con calma il dott. Gregorij. In realtà, doveva averci pensato per tutto quel tempo.
«Qui è RED WOLF FOUR. Ho un contatto visivo con le truppe avanzate cinesi», tuonò nella radio la voce del comandante di reggimento.
«Circa dieci chilometri a sud rispetto a noi.»
«Molto bene», replicò Sinjavskij. Proprio dove Bondarenko e i suoi appoggi americani avevano detto di essere. Bene. C'erano altri due ufficiali al posto di comando, i CG delle 201a e 80a Divisioni di fucilieri motorizzati, e si supponeva che anche il comandante della 34a stesse arrivando, sebbene la 94a si fosse spostata e riorientata per attaccare a est da un punto a circa 30 km a sud. Sinjavskij tolse il sigaro bagnato e ormai consumato dalla bocca e lo lanciò nell'erba, tirandone fuori un altro dalla tasca della sua giubba e accendendolo. Era un sigaro cubano, meravigliosamente dolce. Il suo comandante d'artiglieria era all'altro lato del tavolo da carteggio, solo un paio di assi su due cavalletti, perfetto per il momento. Nelle vicinanze c'erano dei buchi, scavati nel caso in cui i cinesi avessero sparato nella loro direzione con fuoco di artiglieria e, ancor più importanti, i cavi di collegamento alla stazione di comunicazione, sistemata a più di un chilometro a ovest e che era la prima cosa che i cinesi avrebbero cercato di colpire, supponendo che lui si trovasse lì. Infatti, le uniche presenze umane erano quattro ufficiali e sette sergenti in trincee scavate nel terreno per sicurezza. Il loro lavoro era riparare tutto ciò che i cinesi fossero riusciti a danneggiare.
«Così, Compagni, sono entrati proprio nel nostro salotto, eh?» disse a quelli che si trovavano intorno a lui. Sinjavskij era nell'esercito da ventisei anni. Stranamente, non era figlio di un militare. Suo padre era professore di geologia all'Università di Stato di Mosca, ma dal primo film di guerra che aveva visto, questa era la professione che aveva desiderato fare. Aveva percorso tutto l'iter, frequentato tutte le scuole, studiato storia con un'attenzione maniacale non rara nell'esercito russo e, prima, nell'Armata Rossa. Questa sarebbe stata la sua battaglia di Kursk Bulge, ricordando la battaglia dove Vatutin e Rokossovskij avevano annientato l'ultimo tentativo di Hitler di riprendere l'offensiva russa, quando il suo paese aveva iniziato la lunga marcia che si sarebbe conclusa davanti alla Cancelleria del Reich a Berlino. In quel caso, l'Armata Rossa era entrata in possesso di informazioni vitali da fonti segrete, facendo loro conoscere l'ora, il luogo e il tipo di attacco tedesco, permettendo loro di prepararsi così bene che anche il miglior comandante tedesco, Erich von Manstein, non poté far altro che rompersi i denti sugli acciai russi. E la stessa cosa accadrà qui, promise a se stesso Sinjavskij. L'unica cosa che non lo soddisfaceva era che lui era piantato lì in questa tenda mimetizzata anziché essere al fronte con i suoi uomini... ma, no, non era più un capitano e il suo posto era lì, a combattere la battaglia su una fottuta mappa.
«RED WOLF, voi comincerete a sparare quando le truppe avanzate si troveranno nel raggio di ottocento metri.»
«Ottocento metri, Compagno generale», disse il comandante del suo reggimento di carri armati.
«Riesco a vederli abbastanza chiaramente anche ora.»
«Cosa vede esattamente?»
«Sembra un battaglione in formazione d'attacco, principalmente carri tipo 90, alcuni tipo 98s ma non molti, sparpagliati come se stessero andando dai comandanti delle loro subunità. Diversi carri che portano personale. Io non vedo veicoli da artiglieria, comunque. Cosa sappiamo della loro artiglieria?»
«Sta viaggiando, non è pronta per il fuoco. Li teniamo d'occhio», gli assicurò Sinjavskij.
«Bene. Ora si trovano a due chilometri secondo il mio telemetro.»
«Aspetta.»
«Bene, Comandante.»
«Odio aspettare», commentò Sinjavskij agli ufficiali intorno a sé.
Tutti annuirono manifestando la medesima opinione. Non aveva visto l'Afghanistan negli anni della sua giovinezza, avendo prestato servizio principalmente nella Prima e Seconda Armata motorizzata in Germania, preparandosi a combattere contro la NATO, un evento che fortunatamente non aveva avuto luogo. Questa era la sua prima vera esperienza di combattimento, e non era ancora in realtà iniziata, ma lui era pronto.
«Okay, se accendono i loro missili, che cosa possiamo farci?» chiese Ryan.
Se li lanciano, non c'è assolutamente niente da fare se non mettersi al riparo», disse il segretario Brentano.
«Questo va bene per noi: noi scapperemo tutti. Ma cosa sarà di tutte le persone che vivono a Washington, New York e in tutti gli altri ipotetici obiettivi?» chiese POTUS.
«Ho ordinato ad alcune navi Aegis di portarsi in prossimità dei probabili obiettivi che si trovano sulla costa», proseguì THUNDER.
«Ho fatto valutare a uno dei miei la possibilità di migliorare il sistema missilistico per vedere se si può procedere a un'intercettazione. Ha fatto il lavoro teorico, e mi ha detto che funziona bene nelle simulazioni, ma, naturalmente, dalla teoria alla pratica ce ne passa. Ma è meglio di niente.»
«Okay, dove sono le navi?»
«Ne è arrivata una adesso», rispose Brentano.
«Quando?» chiese Robbie Jackson.
«Meno di un'ora fa. La Gettysburg. Ce n'è un'altra sulla rotta per New York, e per Los Angeles e San Francisco. Anche per Seattle, sebbene quello non sia un vero obiettivo secondo le nostre informazioni. Stanno ricevendo il software aggiornato per poter riprogrammare i propri missili.»
«Va bene, è già qualcosa. Perché non tirare fuori questi missili prima che lancino i loro?» domandò Ryan subito dopo.
«I silos cinesi sono stati recentemente migliorati per quanto riguarda la protezione, con armature di acciaio sopra le coperture in cemento, a forma di cappello da operaio cinese, e probabilmente devieranno la maggior parte dei nostri colpi, ma non quelli ad alto potere di penetrazione come i GBU 27 che abbiamo usato per i ponti ferroviari.»
«Se ne sono rimasti. Meglio chiedere a Gus Wallace», avvisò il vicepresidente.
«Cosa vuoi dire?» chiese Brentano.
«Voglio dire che non ne abbiamo poi fabbricati molti, e le Forze Aeree ne hanno scaricati una quarantina l'altra notte.»
«Lo verificherò», promise il segretario alla Difesa.
«Che cosa succede se non bastano?» chiese Jack.
«O ne recuperiamo altri molto in fretta, o pensiamo a qualcos'altro», fu la risposta di TOMCAT.
«Cioè, Robby?»
«Diamine, manda lì una squadra speciale e dagliele di santa ragione», consigliò l'ex pilota di caccia.
«Non vorrei mai provarci io stesso», osservò Mickey Moore.
«Vuoi scatenare il pandemonio con una bomba da 5 megatoni che esplode su Capitol Hill, Mickey», gli urlò dietro Jackson.
«Guardate, la cosa migliore da farsi è verificare se Gus Wallace ha le bombe necessarie. E' un percorso lungo per i Black Jet, ma possono essere riforniti all'andata e al ritorno, mettendo dei caccia a protezione degli aerei cisterna. complicato, ma abbiamo esperienza in questo tipo di cose. Se non ha quelle fottute bombe, allora gliele porteremo via aerea, sempre che ce ne siano. Ragazzi, i magazzini munizioni non sono cornucopie: c'è una riserva di pezzi ben definita e non illimitata.»
«Generale Moore», disse Ryan, «chiami il Generale Wallace e lo verifichi ora.»
«Sì, Signore.» Moore si alzò e lasciò la sala riunioni.
«Guardate», disse Ed Foley, indicando lo schermo televisivo.
«E' cominciata.»
La zona al limite del bosco esplose in una lingua di fuoco lunga due chilometri, facendo scintillare gli occhi dei carristi cinesi, ma la maggior parte degli equipaggi dei carri sulla prima linea ebbe il tempo solo per quello. Dei trenta carri armati posizionati sulla linea, solo tre riuscirono a sfuggire all'immediata distruzione. Andò un po' meglio ai mezzi che trasportavano personale, che si trovavano sparsi tra i carri.
«Potete cominciare a sparare, Colonnello», disse Sinjavskij al comandante dell'artiglieria. L'ordine fu trasmesso immediatamente e la terra tremò sotto i loro piedi.
Era spettacolare da vedere sul monitor del computer. I cinesi erano finiti dritti nella trappola, e l'effetto delle raffiche russe era spaventoso. Il maggiore Tucker fece un profondo respiro mentre guardava diverse centinaia di uomini perdere la vita.
«Tornate alla loro artiglieria», ordinò Bondarenko.
«Sì, Signore.» Obbedì immediatamente Tucker, modificando la messa a fuoco della fotocamera e inquadrando l'artiglieria cinese: questa era principalmente da traino, essendo rimorchiata da camion e trattori un po' lenti, a recepire gli ordini. Le prime granate russe iniziarono a cadere intorno a loro ancor prima che ogni possibile sforzo potesse essere messo in atto per fermare i camion e staccare gli avantreni dai ganci di traino, e a tal fine i cannonieri cinesi lavorarono molto rapidamente. Ma la loro era una corsa contro la morte, e la Morte era partita in testa. Tucker osservò una squadra di artiglieria lottare per portare il proprio cannone 122 mm in posizione di tiro. Gli artiglieri stavano caricando l'arma quando tre granate atterrarono tanto vicine da rovesciare il cannone stesso e uccidere più della metà di loro. Zoomando con la fotocamera, poté scorgere un soldato semplice che si contorceva a terra, senza nessuno lì vicino che potesse prestargli aiuto.
«E' una faccenda triste, non è vero?» osservò Bondarenko tranquillamente.
«Sì», convenì Tucker. Quando un carro saltava in aria era facile capire che si trattava in fondo di una cosa: anche se sapevi che c'erano dentro tre o quattro esseri umani, non potevi vederli. Come un pilota di caccia non uccide mai un collega pilota, ma spara soltanto al suo apparecchio, così Tucker aderì alla filosofia che la morte era qualcosa che toccava agli oggetti più che alle persone. Ma ora, quel povero bastardo con il sangue sulla maglia non era un oggetto, non è vero? Tornò indietro con la fotocamera, mettendo a fuoco un campo più grande che gli permettesse, fortunatamente, di prendere le distanze e non avere una visione di primo piano di quello spettacolo.
«Sarebbe stato meglio se fossero rimasti nel loro paese, Maggiore», gli spiegò il russo.
«Gesù, che guaio», disse Ryan. Aveva visto la morte da molto vicino, a suo tempo, sparando a persone che avrebbero voluto sparare a lui, ma questo non rendeva comunque quelle immagini più accettabili. Non per un lungo fottuto colpo. Il Presidente si girò.
«Sta andando in onda, Ed?» chiese al direttore della CIA.
«Dovrebbe», rispose Foley.
E così era, all'indirizzo Internet http://www.darkstarfeed.cia.org/siberiabattle/realtime.ram. Non doveva neanche essere pubblicizzato. Alcuni pidocchi della rete ci inciamparono nei primi cinque minuti e l'«hit» di coloro che erano collegati al sito «streaming video» balzò da 0 a 10 nel giro di tre minuti. Poi, alcuni di loro dovevano essersi collegati a una chat per far circolare la voce. Il programma di monitoraggio delle URL in funzione al quartier generale della CIA registrava anche le provenienze delle connessioni. La prima per il continente asiatico, non inaspettatamente, riguardava il Giappone, e la passione di quel popolo per le operazioni militari garantì un numero sempre crescente di contatti. C'era anche l'audio, con i commenti in tempo reale del personale delle Forze Aeree che indirizzava ai commilitoni in uniforme perverse e colorite osservazioni. Colorite al punto che anche Ryan ebbe qualcosa da dire in merito.
«Può essere ascoltato solo da persone che abbiano superato di gran lunga i trent'anni», disse il generale Moore, rientrando nella stanza.
«Allora, come è finita la storia delle bombe?» chiese subito Jackson.
«Ne ha solo due», rispose Moore.
«Le altre più vicine sono alla fabbrica Lockheed-Martin di Sunnyvale. La produzione è in corso proprio ora.»
«OK», osservò Robby.
«Torniamo al piano B.» «Avrebbe potuto essere un'operazione speciale, signor Presidente, a meno che Lei non stia per autorizzare un colpo finale con i missili cruise.
«Che tipo di missili cruise?» chiese Ryan, già conoscendo la risposta.
«Be', ne abbiamo ventotto a Guam con testata W-80. Sono quelli piccoli, circa trecento libbre. Hanno due settaggi, uno da cinquanta e uno da settanta chilotoni.»
«Intendi armi termonucleari?» Il generale Moore fece un respiro prima di rispondere.
«Sì, signor Presidente.»
«Questa è l'unica possibilità che abbiamo per eliminare quei missili?» Non doveva dire che non avrebbe voluto lanciare volontariamente un attacco nucleare.
«Possiamo provare con le convenzionali bombe intelligenti, le GBU-10s e -15s. Gus ne ha in numero sufficiente, ma non ad alto potere penetrante, e ci sono buone probabilità che le protezioni sui silos deviino le armi dall'obiettivo. Ora, questo potrebbe non preoccuparci, in quanto i missili CSS-4 sono dei delicati bastardi, e anche solo un leggero impatto potrebbe danneggiare il loro sistema di guida... ma non possiamo esserne sicuri.»
«Io preferirei che quei cosi non volassero.»
«Jack, nessuno vuole che volino», disse il vicepresidente.
«Mickey ha messo insieme un piano. Abbiamo bisogno di qualcosa che li elimini, e ne abbiamo bisogno dannatamente in fretta.»
«Chiamerò SOCOM per questo, però, accidenti, sono giù a Tampa.»
«I russi hanno squadre addestrate per operazioni speciali?» chiese Ryan.
«Certo, le Spetsnaz.»
«E alcuni di quei missili sono puntati sulla Russia?»
«Sì, sembra sicuro, signore», confermò il presidente dei Joint Chief.
«Allora ce ne devono una e, accidenti, la devono anche a se stessi», disse Jack, avvicinandosi al telefono.
«Devo parlare con Sergej Golovko a Mosca», disse al centralino.
«Il Presidente Americano», disse il suo segretario. «Ivan Emmetovic!» esordì Golovko calorosamente.
«I rapporti dalla Siberia sono buoni.»
«Lo so, Sergej, io stesso li sto guardando proprio ora. Vuoi farlo anche tu?»
«E' possibile?»
«Hai un computer con un modem?»
«Non si può sopravvivere senza quei dannati cosi», replicò il russo. Ryan gli lesse la URL.
«Connettiti lì. Stiamo immettendo su Internet informazioni dal nostro aereo telecomandato Dark Star.»
«Perché tutto ciò, Jack?» chiese subito Golovko.
«Perché solo due minuti fa, 1650 cittadini cinesi lo stavano guardando e il numero sta crescendo rapidamente.»
«Un'operazione politica contro di loro, eh? Volete destabilizzare il loro governo?»
«Be', non nuocerà ai nostri propositi se i cittadini cinesi si renderanno conto di quello che sta accadendo, no?»
«Le virtù della libertà di stampa. Devo studiarlo. Molto furbo, Ivan Emmetovic.»
«Non era questo il motivo per cui ho chiamato.»
«E allora perché, Tovarisch Prezidjent?» chiese il presidente, chiaramente preoccupato per il cambiamento di tono della sua voce. Ryan non era uno che nascondeva bene i sentimenti.
«Sergej, abbiamo delle indicazioni molto controverse dal loro Politburo. Te le sto faxando ora. Rimarrò in linea mentre le leggi.» Golovko non fu sorpreso di vedersi arrivare le pagine sul suo fax personale. Lui aveva il numero personale di Ryan e gli americani avevano il suo. Era solo un modo innocente per i Servizi Segreti di dimostrare la propria efficienza. Le prime pagine che uscirono erano la traduzione in inglese degli ideogrammi cinesi, che arrivarono immediatamente dopo.
«Sergej, ti ho spedito anche l'originale nel caso in cui i tuoi traduttori o psicologi siano migliori dei nostri», disse il presidente, con un cenno di scuse al dottor Sears. Gli specialisti della CIA ci passarono sopra.
«Hanno dodici missili CSS-4, metà puntati su di noi e metà su di voi. Penso che abbiamo bisogno di fare qualcosa in merito. Potrebbero non rimanere completamente lucidi, visto come stanno andando le cose.»
«E i vostri bombardamenti sulla costa potrebbero averli spinti al limite, Signor Presidente», disse il russo attraverso il ricevitore.
«Concordo con le vostre preoccupazioni. Perché non bombardate con le vostre brillanti bombe da quei vostri magici e invisibili bombardieri?»
«Perché abbiamo esaurito le bombe, Sergej. Non disponiamo più del tipo che sarebbe necessario.»
«Nichevo», fu la reazione.
«Devi vederlo dal mio punto di vista. La mia gente sta pensando a un'operazione tipo commando.»
«Capisco. Lasciami consultare con qualcuno dei miei. Dammi venti minuti, Signor Presidente.»
«Okay, sai dove cercarmi.» Ryan premette il pulsante per terminare la conversazione e guardò scontroso il vassoio del caffè.
«Un'altra tazza di questa merda e finirò in una bara anch'io.»
L'unica ragione per cui era vivo ora, era che si era ritirato nella sezione di comando della 34a Armata. La sua divisione di carri veniva gestita in maniera inadeguata. Uno dei suoi battaglioni era stato immolato esattamente durante il primo minuto di battaglia. Un altro stava cercando ora di spostarsi a est, tentando di attirare i russi in una rapida battaglia per la quale i suoi uomini erano stati addestrati. La divisione di artiglieria era stata dimezzata dal massivo fuoco russo e l'avanzata della 34a Armata apparteneva ormai al passato. Il suo attuale compito era quello di cercare di usare le due divisioni meccanizzate per stabilire una base di fuoco dalla quale tentare di riguadagnare il controllo della battaglia. Ma ogni volta che provava a muovere un'unità, le accadeva qualcosa, come se i russi stessero leggendo nella sua mente.
«Wa, riporta quello che è rimasto della Terza-oh-Seconda indietro a ore dieci, e fallo subito!» ordinò.
«Ma il Maresciallo Luo non...»
«Se desidera rilevarmi, lo può fare, ma non è qui al momento, vero?» Ge urlò.
«Dai l'ordine.»
«Sì, Compagno Generale.»
Con questo giocattolo nelle nostre mani, i tedeschi non sarebbero dovuti arrivare fino a Minsk», disse Bondarenko.
«Già, è utile sapere quello che stanno facendo gli altri, non è vero?»
«E' come essere uno degli dei dell'Olimpo. Chi ha avuto questa pensata?»
«Oh, l'idea è partita da un paio di persone a Northrop, con un aereo chiamato Tacit Rainbow, che sembrava un incrocio tra una pala da neve e una baguette francese, ma aveva un equipaggio e la sua resistenza non era tanto buona.»
«Chiunque sia, vorrei comprargli una buona bottiglia di vodka», disse il generale russo.
«Questo significa salvare la vita dei miei soldati.» E buttar fuori quella merda di cinesi, Tucker avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece. Ma combattere era quel tipo di gioco, vero?
«Avete altri apparecchi lassù?»
«Sì, Signore. Il Grace Kelly è tornato in quota per coprire il First Armored.»
«Fammi vedere.» Tucker mosse il mouse per ridurre una finestra del video e ne aprì un'altra. Il generale Diggs aveva un secondo terminale acceso e funzionante, e Tucker se ne impadronì. C'erano quelle che sembravano due brigate in movimento, che si stavano spostando verso nord a ritmo ridotto e distruggevano ogni camion e rimorchio cinese che trovavano. Il campo di battaglia, se così lo si poteva chiamare, era una distesa di colonne di fumo che si alzavano da camion colpiti, che ricordavano a Tucker le aree petrolifere kuwaitiane vandalizzate nel 1991. Facendo una zoomata poté vedere che la maggior parte del lavoro era stato fatto dai Bradley. Gli obiettivi, semplicemente, non erano degni di un giro della torretta del carro armato. Gli Abrams si limitarono a raggrupparsi intorno ai carri della fanteria leggera, avendo una funzione protettiva. Il maggiore collegò un'altra fotocamera al suo terminale e girò cercando altra azione...
«Chi è questo?» chiese Tucker.
«Deve essere un Boyar», disse Bondarenko. Sembravano venticinque carri T-55 che avanzavano in linea, e stavano usando i propri cannoni... contro camion e alcuni veicoli della fanteria...
«Caricare uno HEAT», ordinò il tenente Komanov. «Obiettivo, ore una! Raggio duecento.»
«Ce l'ho», disse l'artigliere un secondo dopo.
«Fuoco!»
«Fuoco!» disse, schiacciando il pulsante. Il vecchio carro fu sbalzato indietro dal contraccolpo. L'artigliere e il comandante osservarono l'arco della scia...
«Mancato, dannazione, troppo alto. Caricare un altro HEAT.» Il caricatore sbatté dentro alla bocca un altro proiettile in un secondo:
«Caricato!»
«Prenderemo quel bastardo questa volta», promise il cannoniere, aggiustando la mira in basso di pochissimo. Il povero bastardo lì fuori non si era neanche accorto che gli era stato sparato un colpo la prima volta...
«Fuoco!»
«Fuoco!»
Un altro rinculo, e...
«Colpito! Buon tiro Vania!» La Terza Compagnia stava facendo un buon lavoro. Il tempo speso alle esercitazioni di tiro era ora ampiamente ripagato, pensò Komanov. Era molto meglio che stare seduto in una dannata trincea aspettando che ti venissero addosso...
«Cos'è quello?» chiese il maresciallo Luo. «Compagno Maresciallo, venga qui a vedere», insistette il giovane tenente colonnello.
«Cos'è questo?» chiese il ministro della Difesa con tono interrogativo...
«Cao ni ma», sussurrò. Poi tuonò:
«Che diavolo è questo?»
«Compagno Maresciallo, questo è un sito Internet. Vuole essere un programma televisivo in diretta dal campo di battaglia in Siberia.» Il giovane ufficiale di campo era quasi senza fiato.
«Mostra i russi che combattono la 34a Armata d'assalto.»
«E...?»
«E stanno massacrando i nostri uomini, secondo quanto si vede», proseguì il tenente.
«Aspetta un minuto, come è possibile?» domandò Luo.
«Compagno, questo titolo qui dice darkstar: "darkstar" è il nome di un apparecchio americano, senza equipaggio, un aereo telecomandato da ricognizione utilizzato per raccogliere informazioni strategiche. Quindi, sembra che lo stiano usando per raccogliere informazioni e trasmetterle su Internet come strumento di propaganda.»
Dovette dirlo in quel modo, che era poi il modo in cui lo aveva pensato.
«Dimmi di più.» L'ufficiale era un esperto di spionaggio.
«Questo spiega il successo che hanno avuto contro di noi, Compagno Maresciallo. Possono vedere tutto quello che facciamo, quasi prima che lo facciamo. E' come se sentissero il nostro circuito di comando, o addirittura ascoltassero il nostro staff e le riunioni di pianificazione. Non c'è difesa contro questo», concluse l'ufficiale dello staff.
«Tu, piccolo disfattista!» urlò il maresciallo.
«Forse c'è un modo per annullare questo vantaggio, ma io non so quale sia. Sistemi come questo possono vedere nell'oscurità così come nella piena luce del sole. Capite, Compagno Maresciallo? Con questo strumento loro possono vedere tutto quello che facciamo, vederlo molto prima che noi avviciniamo le loro formazioni. Elimina ogni possibilità di sorpresa... guardi qui», disse, indicando lo schermo. «Una delle divisioni meccanizzate della 34a Armata sta muovendo a est. Sono qui...» indicò una cartina sul tavolo... «e il nemico è qui. Se le nostre truppe arrivano su questo punto non viste, forse possono colpire i russi sul fianco sinistro, ma saranno necessarie due ore per arrivare lì. I russi ci impiegheranno solo un'ora per portare una delle loro unità a una posizione di blocco. Ecco il vantaggio», concluse.
«Sono gli americani a farci questo?»
«Chiaramente, la diffusione su Internet ha origine in America, dalla loro CIA.»
«E' così che i russi ci stanno contrastando, allora?»
«Certo. Hanno previsto ogni nostra singola mossa oggi. così che devono esserci riusciti.»
«Per quale motivo gli americani dovrebbero mettere questa informazione dove tutti la possono vedere?» domandò Luo.
La ovvia risposta non gli veniva in mente: le informazioni diffuse al pubblico dovevano essere accuratamente valutate e modificate perché i contadini e gli operai potessero giungere alle giuste conclusioni.
«Compagno, sarà difficile ora poter dire alla televisione nazionale che le cose stanno andando bene quando questo spettacolo è alla portata di chiunque abbia un computer.»
«Ah!» L'esclamazione suonò come un'espressione di improvvisa paura.
«Davvero tutti possono vederlo?»
«Tutti quelli che hanno un computer e una linea telefonica.»
Il giovane tenente colonnello alzò lo sguardo, vide Luo che se ne andava.
«Sono sorpreso che non mi abbia sparato», osservò l'ufficiale.
«Può ancora farlo», gli disse il colonnello.
«Ma penso che tu lo abbia impaurito.» Guardò l'orologio a muro. Erano le sedici, le quattro del pomeriggio.
«Bene, ho un problema.»
«Giovane stupido. Non vedi? Ora non potrà più nascondere la verità al Politburo.»
«Ciao, Yurij», disse Clark. Era diverso essere a Mosca in tempo di guerra. Lo stato d'animo della gente per la strada era molto differente da quello che aveva sempre visto, tutti erano preoccupati e seri. Uno non andrebbe mai in Russia per vedere gente sorridente così come in Inghilterra per bere un caffè, ma c'era anche qualcos'altro. Indignazione. Rabbia... determinazione? La trasmissione televisiva della guerra non era aggressiva e provocatoria come ci si sarebbe aspettato: i nuovi mezzi di informazione russi stavano cercando di essere imparziali e professionali. C'erano dei servizi nei quali si diceva che l'incapacità dell'esercito di fermare i cinesi era emblematica della mancanza di coesione nazionale del paese. Altri lamentavano la fine dell'Unione Sovietica, che la Cina non avrebbe osato minacciare, tanto meno attaccare. Altri si chiedevano quale fosse l'utilità di essere nella NATO, se nessuno dei paesi che ne facevano parte era venuto ad aiutare il loro nuovo supposto alleato.
«Abbiamo detto agli operatori della televisione che se avessero parlato con qualcuno della presenza della divisione americana che si trova in Siberia, avremmo loro sparato, e naturalmente ci hanno creduto», disse sorridendo il luogotenente generale Kirillin. Questo era qualcosa di nuovo per Clark e Chavez. Non avevano sorriso molto la settimana prima.
«Sembra che le cose vadano bene?» domandò Chavez.
«Bondarenko li ha fermati alla miniera d'oro. Loro neanche la vedranno, se le mie informazioni sono corrette. Ma c'è qualcos'altro», aggiunse con atteggiamento serio.
«Che cosa, Yurij?» chiese Clark.
«Siamo preoccupati che lancino i loro missili nucleari.»
«Oh, merda», osservò Ding.
«Quanto è affidabile questa informazione?»
«Arriva dal vostro Presidente. Golovko sta parlando con il Presidente Grusvoij proprio ora.»
«E come pensano di arrivarci? Bombe intelligenti?» chiese John.
«No, Washington ci ha chiesto di andare lì con una squadra speciale», disse Kirillin.
«Che diavolo?» esclamò John. Tirò fuori dalla tasca il suo telefono satellitare e si avvicinò alla porta.
«Mi scusi, Generale. E.T., telefono casa.»
«Vuoi ripetere, Ed?» sentì Foley. «Mi hai sentito. Hanno esaurito le armi che gli servono. Evidentemente è un grosso problema portare bombe dove ci sono i bombardieri.»
«Accidenti!» osservò l'ufficiale della CIA, nel parcheggio del circolo ufficiali russo. La trascrizione cifrata sul suo telefono non nascose l'emozione nella sua voce.
«Non me lo dire, dato che RAINBOW è una cosa della NATO, e che la Russia ora fa parte della NATO, e dato che stiamo chiedendo ai fottuti russi di far fronte a questa operazione, nell'interesse della Solidarietà nordatlantica, anche noi prenderemo parte al gioco, vero?»
«A meno che tu non scelga il contrario, John. Io so che non puoi farlo da solo. Combattere è un gioco da ragazzi, ma tu hai dei bravi ragazzi che lavorano per te.»
«E ti aspetti che io mandi i miei ragazzi in una cosa come quella mentre io me ne sto a casa a fare la calza?» domandò Clark con foga.
«Allora devi fare una chiamata. Tu sei il comandante della RAINBOW.»
«E come funzionerà? Come vi aspettate che arriviamo fin là?»
«Elicotteri...»
«Elicotteri russi. No, grazie amico, io...»
«I nostri elicotteri, John. La Prima Divisione Armata ne ha abbastanza e sono del giusto tipo...»
«Cosa vogliono che io faccia?» chiese Dick Boyle.
«Mi hai sentito.»
«E il carburante?»
«Il vostro punto di rifornimento è proprio nelle vicinanze», disse il colonnello Masterman, tenendo in mano la foto satellitare appena scaricata.
«Sulla cima di una collina a ovest di un posto chiamato Chicheng. Non ci vive nessuno e le coordinate coincidono.»
«Sì, eccetto che la rotta ci porta nel raggio di 10 miglia di questa base.»
«Otto F-111 la colpiranno mentre voi state arrivando. Sostengono che dovrebbero chiudere le loro vie di fuga per tre giorni buoni.»
E Diggs continuò: «Dick, io non so quale sia esattamente il problema, ma a Washington sono veramente preoccupati che Joe ci stia per lanciare a casa nostra i suoi missili intercontinentali, e Gus Wallace non ha le armi adatte a eliminarli con sicurezza. Questo significa una sporca squadra speciale. E' una missione strategica, Dick. Puoi farlo?»
Il colonnello Boyle diede un'occhiata alla cartina, misurando le distanze mentalmente... «Sì, ci sarà da montare bilanciare il Blackhawks e caricare il massimo quantitativo di carburante possibile, ma, sì, abbiamo abbastanza autonomia per arrivarci. Comunque, dobbiamo fare rifornimento per il ritorno.»
«Okay, puoi usare gli altri tuoi apparecchi per trasbordare il carburante?»
Boyle annuì. «Forse.»
«Se necessario, i Russi possono far atterrare una squadriglia Spetsnaz più o meno ovunque qui intorno con del carburante addizionale, così almeno hanno detto. Questa parte della Cina è essenzialmente disabitata, secondo le mappe.»
«E per quello che riguarda l'opposizione da terra?»
«C'è un reparto di sicurezza in zona. Pensiamo un centinaio di persone in servizio, in totale, una squadra in ogni silo. Puoi usare degli Apache per eliminare le interferenze.»
«Sì, possono portarli fino lì, se viaggiano leggeri.» Solo piccoli cannoni e razzi da 2,75 pollici, pensò.
«Allora fammi sapere quello che ti serve per la missione», disse il generale Diggs. Non era un ordine. Se lui avesse detto che era impossibile, allora Diggs non glielo avrebbe fatto fare. Ma Boyle non poteva lasciare che la sua gente andasse là fuori e facesse qualcosa del genere senza essere al loro comando.
Gli MI-24 finirono lontano. Secondo la teoria russa i loro attacchi con gli elicotteri non sortivano risultati diversi da quelli coi carri armati. In verità, l'MI-24 (detto Hind dalla NATO, ma stranamente senza nome per gli stessi russi) si riferiva al carro volante. Usando missili AT-6 Spiral, fecero fuori un battaglione di carri armati cinesi con venti minuti di salti e spari, accusando solo due perdite. Il sole stava tramontando e la 34a Armata Shock era stata annientata. I pochi veicoli scampati stavano arrancando all'indietro, trasportando i feriti. Al suo posto di comando, il generale Sinjavkij era tutto sorrisi. La vodka aveva fatto effetto. La sua 265a Divisione Motor Rifle aveva fermato e respinto una forza che era il suo doppio, subendo meno di trecento morti. Agli inviati della TV fu permesso di andare dove si trovavano i soldati, a patto che facessero spesso i complimenti a Gennadij Iosifovic Bondarenko per il suo sangue freddo e la fiducia nei propri subordinati.
«I nervi non gli hanno mai ceduto», disse sobriamente Sinjavskij, «e ci ha permesso di prenderci il tempo necessario quando è arrivato il momento.
E' l'eroe di Russia», concluse il comandante di divisione. «E così molti dei miei uomini.»
«Grazie Yurij Andrejevich», disse il comandante dell'operazione allo schermo televisivo. Poi si rivolse al suo staff:
«Andrej Petrovic, che cosa facciamo domani?»
«Credo che daremo il via al Due-Sei-Cinque. Noi saremo il martello e Diggs l'incudine. Hanno ancora un Gruppo Tipo A leggero intatto a sud, il quarantatré. Lo faremo fuori dopodomani, ma prima muoveremo nel luogo che abbiamo scelto.» Bondarenko annuì col capo.
«Mi esporrai il piano, ma prima andrò a dormire per qualche ora.»
«Sì, compagno generale.»