28. ROTTE DI COLLISIONE
«Quei figli di puttana», osservò il vicepresidente Jackson alzando gli occhi dalla tazza di caffè.
«Benvenuto nel fantastico mondo della politica di Stato, Robby», Ryan disse all'amico. Erano le sette e quarantacinque del mattino nella Sala Ovale. Cathy e i bambini erano usciti presto di casa, e il giorno era cominciato di gran carriera.
«Avevamo già diversi sospetti, ma ora abbiamo le prove, se così vogliamo chiamarle. La guerra col Giappone e quel problema che abbiamo avuto con l'Iran sono partiti tutti da Pechino... be', non proprio, ma questo Zhang, che agiva in nome di Xu, pare, li ha favoriti e gli ha dato una spinta.»
«Be', sarà anche un figlio di puttana della peggior specie, ma non gli farei i complimenti per il cervello», disse Robby, dopo un attimo di riflessione. Poi tornò a esaminare la questione. «Ma forse sono ingiusto. Dal suo punto di vista, i piani erano piuttosto intelligenti l'idea di usare gli altri come specchietti per le allodole. Non ha rischiato niente in prima persona: sapeva quando mettersi in mezzo e approfittare dei rischi corsi dagli altri. Immagino che gli sia sembrato un sistema efficace.»
«Mi chiedo quale sarà la prossima mossa.»
«Da quello che mi dici tu, e da quello che Rutledge riferisce da Berlino, direi che dobbiamo prendere questa gente abbastanza sul serio», rifletté Robby. Poi alzò ulteriormente la testa. «Jack, dobbiamo coinvolgere più gente in questa cosa.»
«Mary Pat si tirerà indietro alla sola idea», gli disse Ryan.
«Be', peccato per lei. Jack, è sempre il solito problema con le informazioni dell'Intelligence. Se a conoscerle sono in troppi, rischi di comprometterle, e quindi le perdi. Ma se non le usi per niente, tanto vale non averle. Dove sta il limite?»
Era una domanda retorica. «Se sbagli, meglio sbagliare dal lato della sicurezza... ma la sicurezza del paese, non della fonte.»
«Dall'altro lato di questo foglio di carta c'è una persona reale, in carne e ossa», gli fece notare Jack.
«Non ne dubito. Ma fuori da questa stanza ci sono duecentocinquanta milioni di persone, Jack, ed entrambi abbiamo prestato giuramento a loro, non a un cinese del cazzo che se ne sta a Pechino. Tutto questo ci dice che il tizio che tira le fila della politica cinese è più che disposto a far scoppiare guerre a destra e a manca, e più di una volta abbiamo mandato i nostri ragazzi a combattere delle guerre che lui ha contribuito a far cominciare. Dio, cose del genere dovrebbero essere acqua passata, ma pare che questo Zhang non l'abbia ancora capito. Cosa starà combinando, di cui non siamo a conoscenza?»
«E' proprio a questo che serve SORGE, Rob. L'idea è che se conosciamo le sue mosse in anticipo, abbiamo una possibilità di prevenirle.»
Jackson annuì. «Sarà anche, ma una volta c'era una fonte che si chiamava MAGIC. Questa fonte ci dava un sacco di informazioni sulle intenzioni del nemico, ma quando il nemico sferrò il primo attacco noi stavamo dormendo... perché MAGIC era così importante che non ne informammo mai il comandante in capo per le operazioni nel Pacifico, e così andò a finire che l'esercito non si era preparato per Pearl Harbor. So che la CIA è importante, ma ha i propri limiti operativi. Quello che sappiamo per certo è che ci troviamo davanti un potenziale avversario con ben poche inibizioni. Sappiamo come pensa, ma non ne conosciamo le intenzioni né le operazioni in corso. Inoltre, SORGE ci sta mandando un diario di conversazioni private tra un tizio che fa politica e un tizio che la politica cerca di influenzarla. E un sacco di roba viene lasciata fuori. Tutto questo assomiglia molto a un diario scritto per pararsi il culo, o sbaglio?»
Ryan si disse che quella era un'osservazione particolarmente azzeccata. Come quelli di Langley, si era lasciato prendere dall'euforia per una fonte che non avevano mai visto prima. SONGBIRD era in gamba, ma aveva i suoi limiti. E belli grossi.
«D'accordo, Rob, è probabile che le cose stiano così. Magari questo Fang tiene il diario solo per avere qualcosa da tirar fuori dal cassetto in caso qualcuno dei suoi colleghi al Politburo cerchi di incularselo.»
«Quindi rendiamoci conto che non stiamo leggendo le parole di Sir Thomas More», osservò TOMCAT.
«Direi proprio di no», concesse Ryan. «Ma è una buona fonte. Tutti quelli che hanno dato un'occhiata al materiale per noi hanno detto che sembra molto realistico.»
«Non sto dicendo che non sia vero, Jack. Sto dicendo che non è tutto», rincarò il vicepresidente. «Messaggio ricevuto, ammiraglio.»
Ryan alzò le mani in segno di resa. «Che cosa consigli?»
«Il segretario della Difesa, per cominciare, il direttore operativo J-3 e il direttore logistico J-5, e probabilmente anche il comandante in capo per le operazioni nel Pacifico, il tuo uomo, Bart Mancuso», soggiunse Jackson, con un vago accenno di avversione.
«Perché non ti piace?» domandò SWORDSMAN.
«E' una testa vuota», rispose l'ex pilota di caccia. «I sommergibilisti non hanno tutto quel tempo da perdere... ma ti garantisco che ci sa fare nelle operazioni.»
L'operazione sottomarina che aveva condotto contro i giapponesi utilizzando i vecchi sottomarini nucleari era stata davvero rapida, Jackson ammise con se stesso.
«Raccomandazioni specifiche?»
«Rutledge dice che i comunisti cinesi parlano come se fossero davvero arrabbiati sulla questione di Taiwan. E se è lì che colpiscono? Ad esempio, un attacco missilistico sull'isola. Dio mi è testimone che hanno un bel po' di missili da lanciare, e abbiamo sempre qualche nave nel porto di Taiwan.»
«Pensi davvero che siano così stupidi da sferrare un attacco a una città con un nostro presidio navale in porto?» domandò Ryan. Per quanto pericoloso, quello Zhang non avrebbe rischiato una guerra con l'America così a cuor leggero, no?
«E se non sanno che la nave si trova lì? Se non hanno informazioni corrette? Jack, quelli che sparano non sempre ricevono dati esatti da quelli che se ne stanno nelle stanze sul retro. Fidati di me. Ci sono passato, quelle cose le ho vissute, e porto ancora addosso le maledette cicatrici, sai?»
«Le navi sono in grado di difendersi, no?»
«No, se i sistemi non sono attivi. Tra l'altro, siamo sicuri che una nave equipaggiata con missili terra-aria sia in grado di fermare un attacco in entrata?» si domandò Robby a voce alta. «Non lo so. E se chiediamo a Tony Brentano di controllare?»
«D'accordo, chiamalo.» Ryan fece una pausa. «Robby, aspetto visite tra qualche minuto. Ma dobbiamo tornarci sopra, su questa cosa. Con Adler e Brentano», soggiunse il presidente. «Tony è davvero in gamba sugli armamenti pesanti e sulla gestione, ma ha bisogno di qualche lezione sulle operazioni.»
«Allora dagliela», Ryan disse a Jackson.
«Sì, signore.» Il vicepresidente si avviò verso la porta.