Non era affatto diventata meno attraente, anche se portarla fin lì si era dimostrato difficile. Tanja Bogdanova non aveva evitato niente, ma era stata irraggiungibile per diversi giorni.
«Sei stata occupata?» chiese Provalov.
«Da, un cliente speciale», ammise lei con un cenno del capo.
«Siamo stati assieme a San Pietroburgo. Non mi sono portata il cercapersone. A lui non piacciono le interruzioni», spiegò, senza mostrare alcun segno di rimorso. Provalov avrebbe potuto chiederle quanto erano costati quei giorni in sua compagnia, e lei probabilmente glielo avrebbe detto, ma decise che non aveva bisogno di sapere tutto in modo così spiacevole. Lei restava una visione, cui mancavano solo bianche ali piumate per essere un angelo. A parte gli occhi e il cuore, naturalmente; freddi i primi, inesistente il secondo.
«Ho una domanda», le disse il tenente poliziotto.
«Sì?»
«Un nome. Lo conosci? Klementi IvanSuvorov.»
Gli occhi di lei mostrarono un certo divertimento.
«Oh sì, lo conosco bene.» Non aveva bisogno di spiegare cosa significasse quel «bene».
«Cosa mi puoi dire di lui?»
«Cosa vuole sapere?»
«Il suo indirizzo, per cominciare.»
«Vive fuori Mosca.»
«Sotto quale nome?»
«Lui non sa che io lo so, ma una volta ho visto i suoi documenti. Ivan Iurievic Koniev.»
«Tu come lo sai?» chiese Provalov.
«Era addormentato, naturalmente, e io ho frugato nei suoi vestiti», rispose lei, in modo naturale come se avesse detto al tenente poliziotto dove andava a comprare il pane. Così lui ha fottuto te e tu, a tua volta, hai fottuto lui, non disse Provalov.
«Ti ricordi il suo indirizzo?»
Lei scosse il capo. «No, ma è uno dei nuovi centri abitati fuori dal raccordo esterno.»
«Quando l'hai visto l'ultima volta?»
«E' stato una settimana prima che morisse Gregorij Filipovic», rispose subito.
A quel punto Provalov ebbe un lampo. «Tanja, la notte prima che Gregorij morisse, chi hai visto?»
«Era un ex soldato o qualcosa del genere, mi faccia pensare... Piotr Aleksievic... qualcosa...»
«Amalrik?» chiese Provalov, quasi facendo un salto sulla sedia.
«Sì, qualcosa di simile. Aveva un tatuaggio sul braccio, il tatuaggio Spetsnaz che un sacco di gente si è fatto fare in Afghanistan. Aveva un'altissima opinione di se stesso, ma non era un amante molto buono», aggiunse Tanja sdegnosamente.
E non lo sarà mai, avrebbe potuto dire Provalov a quel punto. Ma non lo fece.
«Chi organizzò quel... ah, quell'appuntamento?»
«Oh, fu Klementi IvanAveva un accordo con Gregorij. Si conoscevano, evidentemente da molto tempo. Gregorij spesso prendeva appuntamenti speciali per gli amici di Klementi.»
Suvorov faceva fottere a uno o due dei suoi killer le puttane che appartenevano all'uomo che essi avrebbero ucciso il giorno seguente...? Chiunque fosse Suvorov, aveva un bel senso dell'umorismo... oppure il vero bersaglio era stato Sergej Nicolay Provalov aveva appena avuto un'informazione importante, che però non sembrava gettare alcuna luce sul suo caso. Un altro fatto che rendeva solo il suo lavoro più difficile, non più facile. Egli tornava alle stesse due possibilità: questo Suvorov aveva ingaggiato i due soldati della Spetsnaz per uccidere Rasputin e poi li aveva uccisi come «assicurazione» per evitare ripercussioni, oppure li aveva ingaggiati per eliminare Golovko e poi li aveva uccisi perché avevano commesso un grave errore. Quale delle due soluzioni? Doveva trovare questo Suvorov per scoprirlo. Ma adesso aveva un nome e un possibile indirizzo. Era qualcosa su cui poteva lavorare.