29. BILLY BUDD...
«Allora, che cos'altro può andare a rotoli?» domandò Ryan.
«Le acque si calmeranno, se la controparte ha appena un po' di cervello», disse Adler speranzoso.
«E ce l'ha?» domandò Robby Jackson, precedendo di un attimo Arnie van Damm.
«Signore, questa è una domanda a cui non è facile rispondere. Sono stupidi? No, non lo sono. Questo è il problema fondamentale a trattare con loro...»
«Sì, sono dei Klingon61», tagliò corto Ryan. «Alieni provenienti dallo spazio profondo. Mio Dio, Scott, com'è possibile prevedere quello che faranno?»
«In realtà, non è possibile», rispose il segretario di Stato.
«Abbiamo un gruppo di gente in gamba, ma il problema è metterli d'accordo su qualcosa quando c'è davvero bisogno. Non lo fanno mai», concluse Adler. Aggrottò la fronte prima di proseguire. «Sentite, questi tizi sono sovrani provenienti da un'altra cultura. Una cultura già profondamente diversa dalla nostra prima che arrivasse il marxismo, e le idee del nostro vecchio amico Karl non hanno fatto altro che peggiorare le cose. Sono sovrani perché hanno potere assoluto. Ci sono alcuni limiti a quel potere, ma non capiamo appieno quali siano, perciò per noi è difficile farli rispettare o sfruttarli. Questi sono dei Klingon. Quindi abbiamo bisogno di un dottor Spock62. Qualcuno ne ha uno a portata di mano?» Intorno al tavolino da tè, si ebbero le solite sbuffate che accompagnano un commento non esattamente divertente e tuttavia impossibile da ignorare.
«Niente di nuovo da SORGE, oggi?» domandò van Damm. Ryan scosse il capo.
«No, la fonte non manda roba tutti i giorni.»
«Peccato», commentò Adler. «Ho parlato del materiale di SORGE con alcuni dei miei uomini dell'Intelligence... sempre a un livello puramente speculativo...»
«E?» domandò Jackson.
«E pensano che si tratti di congetture interessanti, ma non di qualcosa su cui valga la pena di scommettere il ranch.» A quella battuta, il tavolo fu davvero percorso da un'ondata di divertimento.
«E' sempre il solito problema con le informazioni segrete di un certo livello. Non si conciliano mai con quello che pensano i tuoi uomini. Partendo dal presupposto che pensino davvero», osservò il vicepresidente.
«Sei ingiusto, Robby», disse Ryan al suo vice.
«Lo so, lo so.» Jackson alzò le mani in segno di resa.
«E' solo che non riesco a togliermi di testa il motto di tutta la comunità dell'Intelligence: "Ci giochiamo la tua vita". Ci si sente soli, là fuori, con le cinghie che ti legano a un aereo da combattimento, mentre rischi la vita sulla base di un pezzo di carta con su scritta l'opinione di qualcuno. E non sai mai chi sia il tizio che l'ha scritta, né da dove vengano i dati.» Fece una pausa per mescolare il caffè. «Sapete, nella flotta pensavamo... be', speravamo che le decisioni prese in questa stanza fossero basate su dati di fatto. E' una delusione scoprire come stanno davvero le cose.»
«Robby, ero al liceo quando ci fu la crisi di Cuba. Ricordo che mi domandavo se il mondo sarebbe saltato in aria. Ma dovevo comunque continuare a tradurre mezza pagina di quel maledetto De bello Gallico di Cesare. Quando vidi il presidente in televisione, pensai che le cose fossero a posto, perché lui era il presidente di quel cazzo di Stati Uniti, e doveva sapere che diavolo stava succedendo. Quindi, continuai a tradurre la battaglia con gli Elvezi e quella notte dormii. Il presidente sa quel che fa, perché lui è il presidente, no? Poi sono diventato presidente, e non so una virgola in più di quello che sapevo il mese prima, ma tutti là fuori...» Ryan fece un gesto verso la finestra, «pensano che sia onnisciente, cazzo! Ellen!» strillò abbastanza forte da farsi sentire al di là della porta. La porta si spalancò sette secondi dopo.
«Sì, signor presidente?»
«Penso che lo sappia, Ellen», le disse Jack.
«Sì, signore.» Frugò in tasca e tirò fuori un pacchetto rigido di Virginia Slims.
Ryan ne tirò fuori una, insieme all'accendino rosa che stava all'interno. Accese la sigaretta e aspirò una lunga boccata. «Grazie, Ellen.» Il sorriso della donna era sinceramente materno.
«Di niente, signor presidente.» Poi tornò in segreteria, chiudendosi alle spalle la porta ricurva.
«Jack?»
«Dimmi, Rob», rispose Ryan, voltandosi. «disgustoso.»
«Va bene, non sono onnisciente e non sono perfetto», affermò di malumore il presidente dopo la seconda tirata.
«Ora, torniamo alla Cina.»
«Si possono scordare lo status di nazione favorita», disse van Damm. «Il Congresso chiederebbe il tuo impeachment se solo ti azzardassi a fare una proposta del genere, Jack. E puoi immaginarti sin d'ora che Capitol Hill offrirà a Taiwan tutti gli armamenti che vogliono comprare, la prossima volta.»
«Non mi crea nessun problema. E non avrei comunque concesso lo status di nazione favorita alla Cina, a meno che non decidano di farla finita e di cominciare a comportarsi da persone civili.»
«E' proprio questo il problema», ricordò Adler a tutti. «Loro pensano che gli incivili siamo noi.»
«Prevedo guai», disse Jackson, anticipando tutti quanti. Ryan pensò che fosse il suo background di pilota di caccia a renderlo il primo in tutto.
«Sono fuori dal mondo. L'unico modo per costringerli a riprendere contatto con la realtà sarà tutt'altro che indolore. Non tanto per la gente, ma per quelli che comandano.»
«E sono loro che controllano le armi», fece notare van Damm.
«Ricevuto, Arnie», confermò Jack.
«Allora, come facciamo a convincerli a imboccare la strada giusta?» domandò Ryan, di nuovo al centro della conversazione.
«Non ci muoviamo dalla nostra posizione. Diciamo ai cinesi che vogliamo una reciproca apertura dei mercati, o che si troveranno davanti le nostre barriere. Gli spieghiamo che la controversia col nunzio fa sì che qualsiasi concessione da parte nostra sia impossibile, e che le cose stanno così e basta. Se vogliono fare scambi con noi, devono fare retromarcia», spiegò Adler per filo e per segno. «A loro non piace sentirsi dire cose del genere, ma questo è il mondo reale, e devono scendere a patti con la realtà dei fatti. E questo lo capiscono, più o meno», concluse il segretario di Stato.
Ryan si guardò intorno e ricevette cenni d'approvazione.
«Okay, fa' in modo che Rutledge raccolga il messaggio», disse a EAGLE.
«Sì, signore», confermò il segretario di Stato con un cenno del capo. Gli uomini si alzarono e cominciarono ad avviarsi verso la porta in fila indiana. Il vicepresidente Jackson si concesse il lusso di essere l'ultimo della fila.
«Dimmi, Rob», disse Ryan al vecchio amico. «Una cosa buffa. Ieri sera ho guardato un po' di televisione, e per caso davano un film che non vedevo da quand'ero bambino.»
«Quale?»
«Billy Budd, la storia di Melville su quel povero pescatore muto che finisce impiccato. Avevo dimenticato il nome della nave di Billy.»
«Be'?» anche Ryan l'aveva dimenticato.
«Si chiamava I Diritti dell'Uomo. Nome piuttosto nobile per una nave. Immagino che Melville l'abbia chiamata così intenzionalmente, come fanno sempre gli scrittori, ma è questo quello per cui combattiamo, no? Anche la Royal Navy, è solo che a quei tempi non lo facevano altrettanto bene. I Diritti dell'Uomo», ripeté Jackson. «E' un nobile sentimento.»
«Tutto questo cosa ha a che fare col nostro problema, Rob?»
«Jack, la prima regola è la missione: prima di tutto, il maledetto motivo per cui stai là fuori, e poi cosa hai intenzione di fare. I diritti dell'uomo costituiscono un buon punto di partenza, no? A proposito, la CNN domani sarà alla funzione di papà, e a quella di Gerry Patterson. Si sono scambiati i pulpiti per le cerimonie commemorative, e la CNN ha deciso di coprire l'evento in sé e per sé. Un'ottima idea, mi pare», disse Jackson con atteggiamento un po' tendenzioso.
«Quand'ero ragazzo, le cose non andavano così in Mississippi.»
«Pensi che sarà come te l'immaginavi?»
«Be', ho solo fatto un'ipotesi», ammise Rob,
«ma non mi ci vedo nessuno dei due a mantenere la calma. E' un'opportunità troppo ghiotta per dare una bella lezione al pubblico: a Dio non importa un fico secco di che colore siamo, e tutti gli uomini di fede devono essere uniti. Probabilmente faranno fronte comune sulla questione dell'aborto. Papà non è un sostenitore del diritto all'aborto, e nemmeno Patterson. Ma più che altro parleranno d'eguaglianza, e di come due brave persone siano finite al cospetto di Dio dopo aver fatto la cosa giusta.»
«Tuo padre se la cava bene coi sermoni, eh?»
«Se dessero i Pulitzer per le prediche, papà ne avrebbe una parete piena, Jack. E anche Gerry Patterson non è male, per essere bianco.»