55. GUARDA E FERISCE
Il generale Peng si trovava ora in posizione molto avanzata insieme con gli elementi di testa della sua divisione corazzata, la 302a. Le cose procedevano bene... a dire la verità, tanto bene da innervosirlo. Nessuna resistenza? domandava a se stesso. Neanche un fucile, e tanto meno uno sbarramento dell'artiglieria. I russi dormivano? Erano forse del tutto privi di truppe in questo settore? Avevano un'intera sezione di comando a Chabarsovil, guidata da quel Bondarenko, che, a quanto si diceva, era un ufficiale competente e addirittura coraggioso. Ma dove diavolo erano le sue truppe? I Servizi Segreti dicevano che nei paraggi vi era una divisione completa di fucilieri motorizzati, la 265a, e una divisione russa di fucilieri motorizzati era un'eccellente formazione meccanizzata, con carri armati sufficienti ad aprirsi un varco ovunque e con una fanteria sufficiente a mantenere qualsiasi posizione per lungo tempo. In teoria. Ma dove diavolo era? E dov'erano i rinforzi che i russi avrebbero dovuto mandare? Peng aveva chiesto informazioni, e, a quanto pareva, l'aeronautica aveva mandato aerei da ricognizione fotografica a cercare i nemici, ma senza risultati. Aveva previsto di dover affrontare questa campagna perlopiù da solo, ma non esclusivamente da solo. Cinquanta chilometri più avanti della 302a Corazzati vi era una squadra di ricognizione che aveva segnalato solo la presenza di tracce sul terreno, tracce che avrebbero potuto essere fresche oppure no. I pochi elicotteri che erano usciti in esplorazione non avevano notato nulla. Avrebbero dovuto avvistare qualcosa, ma no, solo qualche civile che, nella maggior parte dei casi, scappava e non si faceva più vedere. Nel frattempo, le sue truppe si erano accalcate su questa vecchia sede ferroviaria, ma non era peggio che procedere lungo un'ampia strada di ghiaia. La sua unica preoccupazione operativa era il carburante, ma duecento autocisterne da diecimila litri ne fornivano una quantità sufficiente attraverso l'oleodotto che i genieri allungavano di quaranta chilometri al giorno dall'estremità della linea ferroviaria sulla riva più lontana dell'Amur. In realtà, si trattava dell'impresa più ambiziosa compiuta finora nel corso della guerra. Alle sue spalle, molto lontano, i reggimenti di genieri posavano l'oleodotto e poi lo nascondevano sotto un metro di terra. Le uniche cose che non potevano nascondere erano le stazioni di pompaggio, ma avevano i pezzi di ricambio necessari a costruirne altre in caso fossero state distrutte. No, l'unica vera preoccupazione di Peng era la localizzazione dell'esercito russo. Il dilemma era il seguente: o i Servizi Segreti avevano preso un granchio e non vi erano formazioni russe nella sua area di interesse oppure avevano ragione e i russi stavano semplicemente scappando per negargli la possibilità di attaccarli e distruggerli. Ma da quando in qua i russi non combattevano per il loro paese? Di certo i soldati cinesi l'avrebbero fatto. E questa arrendevolezza non rispecchiava la reputazione di Bondarenko. Nessuno di questi elementi aveva senso. Peng sospirò. Non era tuttavia una situazione insolita per i campi di battaglia, disse a se stesso. Per il momento era in orario (anzi, a dire la verità leggermente in anticipo), e il suo primo obiettivo strategico, la miniera d'oro, era a tre giorni di cammino dal suo elemento di ricognizione di testa. Non aveva mai visto una miniera d'oro.