10. LEZIONI DI COMMERCIO

Il percorso cominciava dall'appartamento di Nomuri e proseguiva verso un sito web di Pechino, in apparenza della NEC, in realtà progettato per quell'azienda da un cittadino americano indipendente che lavorava per più di un padrone, uno dei quali era una copertura gestita da e per conto della CIA. L'indirizzo e-mail di Nomuri era così accessibile al capo della stazione CIA di Pechino il quale, in realtà, non sapeva nulla di lui. Si trattava di una misura di sicurezza alla quale quest'ultimo avrebbe probabilmente obiettato, ma che avrebbe comunque accettato conoscendo il metodo con cui Mary Patricia Foley gestiva la direzione operativa. Inoltre, la stazione di Pechino non si era esattamente ricoperta di gloria nel reclutare funzionari di alto grado della Repubblica Popolare Cinese come agenti americani in loco. Il messaggio che il capo della stazione scaricò era solo un discorso senza senso, lettere a caso che potevano benissimo essere state battute da uno scimpanzé, in cambio di un casco di banane, in una qualche università dove facevano ricerche. Non ci fece dunque caso, si limitò ad applicare una superprotezione tramite codifica con il suo sistema interno chiamato Tapdance e a eseguire un caricamento incrociato a una rete di comunicazioni ufficiale del governo che finiva su un satellite per comunicazioni. A quel punto, il messaggio venne scaricato a Sunnyvale, California, poi inviato di nuovo e scaricato a Fort Belvoir, Virginia, dall'altra parte del fiume Potomac, a Washington, D.C. Da lì il messaggio andò, tramite una linea di terra a fibre ottiche molto sicura, al centro comunicazioni dell'agenzia, dove fu eliminata la supercodifica della stazione di Pechino che riportò il testo al suo senso iniziale. Quindi fu eseguito un ulteriore caricamento incrociato, l'ultimo, verso il computer della signora Foley, l'unico dotato del sistema di codifica e dell'algoritmo con selezione giornaliera della chiave per il sistema controparte del portatile di Chet Nomuri, chiamato INTERCRYPT. Mary Pat stava facendo altre cose in quel momento e passarono venti minuti prima che desse un'occhiata alla posta elettronica e notasse l'arrivo di un messaggio SORGE. Immediatamente, eseguì il comando per decodificare il messaggio e ottenne parole senza senso. Allora si rese conto che Nomuri si trovava dall'altra parte del globo e quindi per la data aveva usato una sequenza diversa. Allora, regola la data per domani... e, sì! Stampò un tabulato del messaggio per il marito, poi salvò il messaggio sul disco rigido del suo computer, dove automaticamente venne criptato. Poi, due passi fino all'ufficio di Ed. «Hey, baby», disse il direttore della CIA senza sollevare lo sguardo. Non molta gente entrava nel suo ufficio senza essere annunciata. Le notizie dovevano essere positive. Mary Pat aveva un sorriso smagliante mentre gli passava il foglio.

«Chet si è fatto la ragazza la scorsa notte!» disse il direttore delle operazioni al marito.

«Devo forse festeggiare con un sigaro?» chiese il direttore della CIA. Con gli occhi scorse il messaggio.

«E' un passo avanti.»

«Per lui, forse», rispose Ed Foley facendo l'occhiolino. «Immagino che ci si possa eccitare parecchio con questo tipo di missioni, per quanto io non abbia mai avuto problemi del genere.» I Foley avevano sempre lavorato sul campo come coppia sposata e avevano frequentato la Fattoria insieme. Aveva risparmiato a Foley senior qualsiasi situazione alla James Bond.

«Eddie, sai essere un tale bisbo!»

Ed alzò gli occhi. «Un tale cosa?»

«Un bisbetico!» brontolò lei.

«Potrebbe rivelarsi una vera svolta: questa troietta è la segretaria personale di Fang Gan. Sa un sacco di cose che noi vogliamo sapere.»

«E Chet ha dovuto provare la cosa la notte scorsa. Tesoro, non si tratta di reclutamento. Non ce l'abbiamo ancora un agente in loco», ricordò alla moglie.

«Lo so, lo so, ma questa volta me lo sento.»

«Intuizione femminile?» chiese Ed e scorse il messaggio di nuovo, alla ricerca di dettagli sordidi. Trovò solo i nudi fatti, come se la seduzione fosse stata descritta dal «Wall Street Journal». Se non altro, Nomuri era discreto. Niente tipo «turgida verga fremente che si infila nella calda e umida guaina», per quanto Nomuri avesse ventinove anni e a quell'età la verga tendesse a essere piuttosto turgida. Chet veniva dalla California, vero? si chiese Ed. Quindi, con molte probabilità non era più vergine e magari era anche un amante capace, sebbene fosse la prima volta che lo faceva con qualcuno solo per vedere se tutto filava liscio. Le cose filavano sempre lisce, almeno in base all'esperienza di Ed Foley, ma era sempre meglio controllare e dare un'occhiata. Ricordava la parodia di Robin Williams su Adamo ed Eva: «Faresti meglio ad allontanarti, tesoro. Non so quanto diventi grande questo coso!» La tipica mescolanza di attaccamento alla tradizione e pie illusioni, comuni al maschio della specie.

«Okay, allora cosa risponderai? "Quanti orgasmi avete avuto"?»

«Maledizione, Ed!» Pungolarla funzionava, vide il direttore della CIA. Riusciva quasi a vedere il vapore che usciva dalle graziose orecchie della moglie.

«Sai benissimo cosa sto per suggerire. Lasciare che la relazione maturi e farla parlare del suo lavoro. Ci vorrà un po', ma se funziona sarà valsa la pena aspettare.»

E se non funziona, Chester non se la passa troppo male, pensò Ed Foley. Non c'erano molte professioni al mondo nelle quali il sesso fosse parte del lavoro da svolgere per ottenere promozioni, o no?

«Mary?»

«Sì, Ed?»

«Ti sembra strano che il ragazzo ci faccia rapporto sulla sua vita sessuale? Ti imbarazza?»

«Se me lo dicesse in faccia, sì. Usare l'e-mail è la cosa migliore, credo. C'è meno coinvolgimento.»

«Sei completamente certa della sicurezza del trasferimento delle informazioni?»

«Sì, ne abbiamo già parlato. Questo messaggio potrebbe contenere semplicemente delle informazioni commerciali delicate e il sistema di codifica è molto resistente. I ragazzi e le ragazze di Fort Meade possono entrarci, ma ci vuole la forza bruta e ogni volta occorre una settimana, anche dopo che hanno indovinato come funziona il sistema di codifica. Quelli della Repubblica Popolare dovrebbero cominciare da zero. Il «buco» nel server è stato progettato ad arte e la sicurezza della nostra connessione dovrebbe essere massima. Anche se capitasse, solo perché il telefono di un'ambasciata si collega a un provider, non significa nulla. Abbiamo anche un funzionario consolare che scarica pornografia da un sito web locale attraverso quel provider e quella è un'altra copertura, se proprio qualcuno dovesse essere molto in gamba.»

Si era pensato a tutto con estrema attenzione. Era una cosa che si voleva nascosta, una cosa che il controspionaggio a Pechino trovasse al tempo stesso comprensibile e divertente a suo modo, se e quando mai si fossero infiltrati.

«Niente di buono?» chiese nuovamente Ed Foley, solo per tormentare sua moglie.

«No, a meno che non ti interessino gli abusi sui bambini. Alcuni dei soggetti di questo sito sono persino troppo giovani per votare. Se lo scaricassi qui, potrebbe arrivarti l'FBI alla porta.»

«Il capitalismo ha sfondato anche là, vero?»

«Alcuni dei funzionari di partito più anziani sembrano apprezzare questo genere di cose. Suppongo che quando ci si avvicina agli ottanta si abbia bisogno di qualcosa di speciale per avviare il motore.» Mary Pat aveva visto alcune delle fotografie e una volta era stata più che sufficiente. Era madre e tutti i soggetti di quelle immagini erano bambini piccoli, per quanto la cosa potesse sembrare strana a chi si iscriveva al sito. Quelli che abusavano delle ragazzine dovevano avere pensato che tutte si lanciassero nella vita a gambe aperte e con espressioni di benvenuto sui visi da bambola. Non era proprio così, pensò la direttrice delle operazioni, ma lei non era un prete. A volte si doveva avere a che fare con quei pervertiti, perché possedevano informazioni di cui il suo paese aveva bisogno. Se erano fortunati, e le informazioni fossero state molto utili, allora si faceva in modo che abbandonassero il loro paese e venissero a stare negli Stati Uniti, dove potevano vivere e godersi le loro perversioni a un grado maggiore o inferiore, dopo avere ricevuto dettagli sulla legge e sulle conseguenze se l'avessero infranta. Dopo, c'erano sempre del sapone e un bagno dove lavarsi le mani. Era un'esigenza di cui si era avvalsa più di una volta. Uno dei problemi dello spionaggio era che non sempre si aveva a che fare con gente che avresti invitato a casa volentieri. Ma non si trattava di essere una signorina Buone Maniere, bensì di ottenere informazioni utili al tuo paese per proteggerne gli interessi strategici e persino per prevalere in guerra, se mai ci si fosse giunti. Spesso c'erano vite in gioco, direttamente o indirettamente. E quindi si doveva avere rapporti con chiunque fosse in possesso di quelle informazioni, anche se lui o lei non erano esattamente delle mammolette.

«Okay, piccola. Tienimi informato», disse Foley alla moglie.

«Stanne certo, tesoruccio.» Patricia tornò nel suo ufficio dove stese la risposta per Nomuri: MESSAGGIO RICEVUTO. TIENICI INFORMATI DEI progressi. MP. FINE.

La risposta fu un sollievo per Nomuri, quando si svegliò e controllò la posta. Fu una delusione svegliarsi senza compagnia, anche se aspettarselo non era realistico: sarebbe stata un'imprudenza da parte di Ming non passare la notte nel proprio letto. Nomuri non poté nemmeno riaccompagnarla a casa in auto. Se n'era semplicemente andata a piedi, con i suoi regali (alcuni addosso), per tornare all'appartamento condiviso con altre compagne, alle quali, Nomuri sperò ardentemente, non avrebbe parlato delle avventure della serata. Non si sapeva mai con le donne e con le loro chiacchiere. Non era poi così diverso con gli uomini: Nomuri ricordava i tempi del college, quando i suoi compagni si vantavano delle proprie conquiste come se avessero sconfitto un drago con un ghiacciolo. Nomuri non aveva mai indugiato in questo genere di sport come uditore. O già allora era dotato della forma mentale di una spia, oppure era profondamente convinto che un gentiluomo non va in giro a spifferare le sue conquiste. Ma le donne? Erano un mistero, come quando andavano alla toilette in coppia (aveva scherzato, alle volte, sostenendo che si recavano a tenere «i loro incontri sindacali»). Comunque, le donne parlavano più degli uomini, ne era certo. E mentre non raccontavano molti segreti agli uomini, quanti ne raccontavano alle amiche? Gesù, sarebbe bastato che lei avesse raccontato a una compagna che un dipendente giapponese l'aveva fatta andare fuori di testa e, se la ragazza era un informatore del Ministero della Sicurezza di Stato, Ming avrebbe ricevuto una visita da un funzionario, il quale come minimo le avrebbe consigliato di non rivedere mai più Nomuri. Ancora più probabile, la visita avrebbe implicato la «richiesta» di rispedire al mittente l'immondizia americana degenerata e borghese (la biancheria intima di Victoria's Secret), più la minaccia di perdere il posto al ministero se si fosse fatta rivedere in giro con lui. La cosa significava anche che sarebbe stato seguito, osservato e finito sotto indagine dell'MSS e questa era una cosa che doveva tenere ben presente: non dovevano prenderlo mentre faceva spionaggio. Si trattava di un paese comunista, dove il processo legale era un concetto borghese che non meritava alcuna considerazione e i diritti civili erano limitati a ciò che veniva detto alle persone. In qualità di straniero che faceva affari nella Repubblica Popolare, poteva forse ottenere alcune facilitazioni nel trattamento, ma non tante. Nomuri si disse che non aveva solo scopato, ripercorrendo i piacevoli ricordi dell'appassionata serata. Aveva attraversato una linea rossa sulla strada, e ora la sua sicurezza dipendeva interamente dalla discrezione di Ming. Non l'aveva messa in guardia, non avrebbe potuto, sul fatto di tenere la bocca chiusa su ciò che era accaduto. Queste cose non si dicevano poiché attribuivano gravità a quello che doveva essere solo un momento di gioia e amicizia... o di qualcosa di potenzialmente più profondo di un'amicizia. Le donne pensavano in termini del genere, Chester rammentò a se stesso, e per questa ragione poteva vedere un gentiluomo quando si fosse riguardato allo specchio, ma questi erano affari, niente di personale, si disse mentre spegneva il computer. Tranne che per una cosetta. Aveva avuto una relazione sessuale con un essere umano femmina intelligente e non del tutto male e quando si dava via anche solo un pezzetto del proprio cuore non lo si aveva mai indietro. E il suo cuore, Nomuri se ne rese conto tardivamente, era collegato al suo pene. Lui non era James Bond, non poteva abbracciare una donna come una puttana a pagamento abbraccia un uomo. Non era proprio da lui essere un tale maiale senza cuore. La buona notizia era che per il momento, per questa ragione, poteva continuare a guardarsi nello specchio; la cattiva era che tale capacità poteva avere vita breve, se avesse trattato Ming come un oggetto e non come una persona. Nomuri aveva bisogno di consigli su come rapportarsi a questa operazione e non c'era modo di ottenerli. Non era il tipo di richiesta da poter inviare via e-mail a Mary Pat o a uno degli strizzacervelli impiegati dall'agenzia per fornire consulenza a quelli delle azioni operative che avevano bisogno di una guida nello svolgimento del proprio incarico. Questo genere di cose andava gestito faccia a faccia con una persona reale, della quale si potesse leggere il linguaggio corporeo e il cui tono di voce aiutasse a comprendere il significato delle parole. No, l'e-mail non era il mezzo adatto. Doveva prendere un volo per Tokyo e lì incontrarsi con un funzionario superiore della direzione operativa che potesse dargli consigli su come gestire le cose. E se il tipo gli avesse detto di interrompere i rapporti intimi con Ming, cosa avrebbe fatto? Nomuri se lo chiese. Non era come se avesse una fidanzata e anche lui aveva le sue esigenze di intimità e, inoltre, se avesse seguito il consiglio, quale effetto avrebbe potuto avere sul suo potenziale agente? Quando si entrava a far parte dell'agenzia non si lasciava la propria umanità fuori della porta, nonostante ciò che dicevano i libri e quali che fossero le attese pubbliche. Ora tutte le risatine fatte sopra un bel boccale di birra dopo le sedute di addestramento sembravano lontane, così come le attese che lui e i suoi colleghi avevano avuto allora. Erano talmente fuori strada, nonostante ciò che avevano detto loro i funzionari dell'addestramento. Era un bambino all'epoca, e per un certo verso anche quando stava in Giappone, ma improvvisamente era un uomo, solo, in un paese a dir poco sospettoso e, nel peggiore dei casi, ostile a lui e al suo paese. Adesso era nelle sue mani e quella era una cosa che non poteva cambiare. Le colleghe di Ming notarono una leggera differenza in lei. Sorrideva un po' di più e in modo diverso. Alcune di loro pensarono che doveva essere accaduto qualcosa di bello e ne furono liete, sebbene in modo riservato e privato. Se Ming avesse desiderato condividere con loro l'esperienza, molto bene, altrimenti andava bene ugualmente, perché alcune cose restano private anche in un gruppo di donne che condivideva praticamente tutto, incluse le storie del proprio capo e dei suoi goffi sforzi, prolungati e alle volte inutili, di fare l'amore. Era un uomo saggio e in genere gentile, anche se come capo aveva i suoi lati negativi. Ma quel giorno Ming non li notò. Il suo sorriso era più dolce che mai e gli occhi le brillavano come piccoli diamanti, questo era quello che pensava il resto del personale di segreteria. L'avevano già visto prima, sebbene non su Ming, la cui vita amorosa era stata molto limitata. Inoltre, piaceva un po' troppo al ministro e lui la soddisfaceva in maniera imperfetta e troppo di rado. Sedeva al suo computer per sbrigare la corrispondenza e svolgere le traduzioni degli articoli dei giornali occidentali che potevano interessare il ministro. Ming possedeva le conoscenze linguistiche migliori in questo settore dell'ufficio e il nuovo sistema informatico funzionava a meraviglia. Il passo successivo, così era la storia, sarebbe stato un computer al quale si sarebbe parlato, facendo apparire i caratteri tramite comandi vocali. Sarebbe diventato certamente la maledizione di ogni segretaria di direzione del mondo poiché le avrebbe rese meno utili. O forse no. Il capo non poteva scoparsi un computer, no? Non che il ministro Fang fosse così invadente con le sue richieste. E le gratifiche che dava in cambio non erano niente male. Impiegò i soliti novanta minuti per il primo compito della mattina, dopo di che stampò il risultato delle ricerche e pinzò le pagine articolo per articolo. Quella mattina aveva tradotto brani dal «Times» di Londra, dal «New York Times» e dal «Washington Post», così che il suo ministro sapesse cosa pensavano i barbari nel mondo dell'illuminata politica della Repubblica Popolare.

Nel suo ufficio privato, il ministro Fang stava guardando le sue carte. L'MSS aveva due rapporti sui russi: petrolio e oro, dicevano. Allora Zhang aveva ragione su tutta la linea, rifletté, ancora più di quanto pensasse. La Siberia orientale era effettivamente un forziere, piena delle cose di cui tutti avevano bisogno. Il petrolio, sangue della società moderna, e l'oro, che oltre a rappresentare ancora una validissima merce di scambio, manteneva valore scientifico e industriale. E ciascuno aveva un proprio deposito. Peccato che tali ricchezze appartenessero a persone senza le doti necessarie per farne un uso corretto. Era così strano, i russi che avevano donato al mondo il marxismo ma che non riuscivano a sfruttarlo a pieno e poi lo abbandonavano. E ora fallivano anche nella transizione verso una società capitalistico-borghese. Fang si accese una sigaretta, la quinta del giorno (con l'avvicinarsi del settantesimo compleanno tentava di ridurle) e mise il rapporto dell'MSS sulla scrivania prima di appoggiarsi indietro sulla poltrona per espirare il fumo non filtrato e riflettere sulle informazioni di quella mattina. La Siberia, come Zhang aveva avuto modo di sostenere negli anni, possedeva molte risorse che avrebbero fatto comodo alla Repubblica Popolare Cinese: legno, minerali in abbondanza (e ancora in crescita, dicevano questi documenti dei Servizi Segreti) e spazio, l'elemento di cui la Cina necessitava maggiormente. In Cina c'erano troppe persone, nonostante il controllo delle nascite, quasi draconiano, sia per il contenuto sia per la crudele applicazione. Quelle misure erano un affronto alla cultura cinese, che aveva sempre considerato i bambini una benedizione, e ora la politica sociale stava producendo un risultato inatteso. A ogni coppia sposata era permesso di avere un solo figlio e spesso la gente preferiva avere maschi che femmine. Non era un'eccezione che i contadini prendessero le neonate di due anni e le buttassero in un pozzo (quelli più umani prima spezzavano loro il collo) per disfarsi dell'imbarazzante fardello. Fang ne comprendeva le ragioni. Una bambina cresceva e doveva sposarsi mentre su un ragazzo si poteva sempre contare perché sostenesse e onorasse i genitori assicurando la loro vecchiaia. Ma una ragazza si sarebbe limitata ad aprire le gambe per il figlio di un'altra coppia, e addio vecchiaia tranquilla? Era stato vero nel caso di Fang. Quando era giunto a occupare una posizione importante nel partito, si era accertato che la madre e il padre avessero un posto confortevole dove vivere, in quanto erano questi i doveri di un figlio verso coloro che gli avevano dato la vita. Nel corso della sua esistenza si era sposato, naturalmente, e sua moglie era ormai morta da tempo per una malattia cardiovascolare. Aveva dato un aiuto formale anche ai suoceri... ma non come ai suoi genitori. Anche sua moglie l'aveva capito e aveva usato la sua influenza di moglie di un funzionario di partito per sistemare le cose, anche se in misura minore. Il fratello della moglie era morto giovane, per mano dell'esercito americano in Corea, e quindi era un ricordo senza valore. Ma il problema della Cina di cui nessuno voleva parlare, neppure all'interno del Politburo, era che la loro politica demografica produceva effetti sulla popolazione del paese: elevando il valore dei figli maschi a discapito di quello delle femmine, la Repubblica Popolare stava registrando uno squilibrio che si rivelava statisticamente significativo. Nel corso di quindici anni o poco più, ci sarebbe stata una carenza di donne. Alcuni sostenevano si trattasse di una cosa positiva, in quanto avrebbero raggiunto l'obiettivo nazionale di primaria importanza della stabilità della popolazione con maggiore rapidità, ma significava anche che, per una generazione, milioni di uomini cinesi non avrebbero avuto donne da sposare e con le quali fare figli. La situazione si sarebbe trasformata in un'ondata di omosessualità? La politica della Repubblica Popolare continuava a disprezzare tale diversità considerandola una degenerazione borghese, sebbene la sodomia fosse stata depenalizzata nel 1998. Ma se non c'erano donne, cosa avrebbero fatto gli uomini? E oltre all'uccisione delle bambine in più, quelle abbandonate dai loro genitori spesso venivano date a coppie americane o europee che non potevano avere figli propri. Questo fenomeno interessava centinaia di migliaia di bambine, le quali venivano date via con la stessa facilità e disinteresse con cui gli americani vendevano le bambole nei centri commerciali. L'anima di Fang era scossa da tutto ciò, ma i suoi sentimenti erano solo espressione borghese, no? La politica nazionale indicava cosa doveva essere fatto e la politica era il mezzo per raggiungere lo scopo necessario. La sua vita era comoda quanto il privilegio glielo permetteva. Oltre a un lussuoso ufficio, come quello di un capitalista qualsiasi, aveva un'auto ufficiale e un autista che lo portava alla sua abitazione. Si trattava di un appartamento ricercato, con la servitù che si occupava dei suoi bisogni, il cibo migliore che il suo paese potesse fornire, buone bevande, un televisore con antenna satellitare così da poter ricevere anche i canali pornografici giapponesi, poiché i suoi istinti non lo avevano ancora abbandonato. (Non parlava il giapponese ma non era necessario comprendere il dialogo in quei film, no?) Fang lavorava ancora per molte ore al giorno, si alzava alle sei e trenta e ogni mattina era nel suo ufficio prima delle otto. Il suo staff di segretarie e assistenti si occupava di lui nella maniera appropriata. Alcune delle donne del suo staff erano piacevolmente accondiscendenti una volta, oppure due, la settimana. Pochi uomini della sua età vantavano lo stesso vigore, Fang ne era certo e, a differenza del presidente Mao, lui non abusava dei bambini, cosa di cui era a conoscenza all'epoca e che aveva trovato disgustosa. Ma i grandi uomini avevano le loro pecche e si sorvolava su di esse a causa della grandezza che faceva di loro ciò che erano. Per quel che riguardava lui e quelli come lui, avevano diritto ad ambienti adatti nei quali riposare, buon cibo per sostenersi nelle lunghe ed estenuanti giornate lavorative e opportunità di relax e ricreazione che gli uomini di vigore e intelligenza meritavano. Era necessario che vivessero meglio di gran parte dei cittadini del loro paese e questo era guadagnato. Guidare il paese più popoloso del mondo non era un compito facile. Richiedeva ogni energia intellettuale e quell'energia doveva essere conservata e mantenuta. Fang sollevò lo sguardo quando Ming entrò con la cartella degli articoli di giornale.

«Buongiorno, ministro», disse con l'adeguata deferenza.

«Buongiorno, bambina.» Fang rispose con affetto. Lei condivideva il suo letto piuttosto bene e per quel motivo meritava più di un grugnito. Ma lui gli aveva procurato una comodissima sedia da ufficio, no? Ming si ritrasse, inchinandosi con il rispetto consono alla sua figura paterna, come faceva sempre. Fang non notò nulla di particolarmente diverso nel suo comportamento mentre sollevava la cartella ed estraeva gli articoli di giornale, insieme a una matita per prendere appunti. Li avrebbe confrontati con le previsioni dell'MSS relativamente all'umore dei paesi stranieri e dei loro governi. Era il modo che Fang aveva di far sapere al Ministero della Sicurezza di Stato che i membri del Politburo avevano ancora menti autonome che sapevano usare. L'MSS aveva significativamente sbagliato nel predire il riconoscimento americano di Taiwan; però, in tutta franchezza, anche i media americani non sembravano degli assi nel predire le azioni del presidente Ryan. Che strano uomo era, di certo non un amico della Repubblica Popolare. Un contadino, così lo chiamavano gli analisti dell'MSS, e per certi versi non sbagliavano: era stranamente poco ricercato nell'apparire, argomento sul quale spesso commentava il «New York Times». Perché a loro non piaceva? Non era sufficientemente capitalista o lo era troppo? Comprendere a fondo i media americani andava oltre i poteri di analisi di Fang ma almeno poteva riassumere ciò che dicevano e quella era una cosa che gli «esperti» dei Servizi Segreti dell'Istituto dell'MSS per gli studi americani non erano sempre in grado di fare. Con quel pensiero, Fang si accese un'altra sigaretta e affondò nella sua poltrona.

Un vero miracolo, pensò Provalov. L'Archivio centrale dell'esercito aveva i file, le impronte digitali e le fotografie dei due corpi recuperati a San Pietroburgo. Ma per un motivo perverso avevano mandato le registrazioni a lui e non ad Abramov e a Ustinov, indubbiamente perché lui era quello che aveva fatto il nome di Sergej Golovko. I fatti di Piazza Dzerzinskij spingevano tutti a fare il proprio lavoro in maniera tempestiva. I nomi e le informazioni importanti sarebbero stati inviati immediatamente a San Pietroburgo, così che i suoi colleghi del nord avessero modo di valutare quali notizie potevano essere sviluppate. I nomi e le fotografie erano solo un inizio, documenti vecchi quasi di vent'anni che mostravano visi giovani e senza emozioni. Le registrazioni di servizio invece erano decisamente notevoli. Una volta, Piotr Aleksievic Amalrik e Pavel Borissovic Zimianin erano stati considerati validi soldati, svegli e in forma... e politicamente molto affidabili, per questo motivo erano andati alla scuola della Spetsnaz, e a quella per sergenti. Entrambi avevano combattuto in Afghanistan ed erano sopravvissuti, il che non era frequente per gli appartenenti alle truppe Spetsnaz, che avevano preso parte alle azioni più sporche in una guerra particolarmente sporca. Non si erano arruolati di nuovo, il che non era inusuale. Quasi nessuno nell'esercito sovietico si era arruolato nuovamente volontario. Loro erano tornati alla vita civile ed entrambi lavoravano nella stessa fabbrica fuori Leningrado, così si chiamava allora la città. Ma sia Amalrik sia Zimianin avevano trovato noiosa la vita civile ed entrambi, immaginò, erano finiti in qualche altra faccenda. Doveva fare sì che gli investigatori di San Pietroburgo scoprissero ulteriori elementi. Estrasse una lettera di vettura dal cassetto e la incollò al pacchetto delle registrazioni. Sarebbero state inviate via corriere a San Pietroburgo, dove Abramov e Ustinov avrebbero avuto il loro da fare con il contenuto di quel pacco.

 

«Un certo signor Sherman, signor segretario», disse la voce della segretaria di Winston tramite l'intercom.

«Linea tre.»

«Hey, Sam», disse il segretario del Tesoro, mentre sollevava il ricevitore.

«Che c'è di nuovo?»

«Il nostro giacimento di petrolio su a nord», rispose il presidente della Atlantic Richfield.

«Buone notizie?»

«Puoi dirlo. I nostri dicono che il ritrovamento supera le previsioni di circa il cinquanta per cento.»

«Quanto è certa l'informazione?»

«Molto affidabile, George. Il capo del giacimento è Ernie Beach. E' bravo a scovare petrolio quanto tu lo eri a giocare al rialzo in borsa.» Forse persino meglio, pensò Sam Sherman, ma non lo aggiunse. Si sapeva che Winston aveva un ego smisurato in relazione all'argomento del proprio valore.

«Allora, riassumimi la faccenda», fu la richiesta del segretario del Tesoro.

«Bene, quando il giacimento sarà operativo, i russi potranno comprarsi l'Arabia Saudita, più il Kuwait e magari metà dell'Iran. A paragone, il Texas orientale è come una scoreggia nell'oceano. E' sterminato, George.»

«Difficoltà di estrazione?»

«Non sarà facile e non costerà poco, ma da un punto di vista ingegneristico è piuttosto facile. Se hai intenzione di acquistare azioni destinate a salire, scegli un'azienda russa che produca attrezzatura per l'estrazione adatta alle basse temperature. Saranno impegnatissimi per i prossimi dieci anni, circa», consigliò Sherman.

«Okay, e cosa puoi dirmi delle implicazioni per la Russia in termini economici?»

«Difficile a dirsi. Ci vorranno tra gli otto e i dodici anni per portare quel giacimento a pieno regime e la quantità di greggio che riverserà sul mercato cambierà un bel po' le condizioni di mercato. Non abbiamo ancora i dati precisi... ma sarà enorme, qualcosa tipo cento miliardi di dollari l'anno, al valore attuale intendo.»

«Per quanto tempo?»

Winston poté quasi udire la scrollata di spalle. «Vent'anni, forse di più. I nostri amici a Mosca vogliono ancora che aspettiamo, ma la voce si sta diffondendo nella nostra azienda, è come tentare di nascondere il sorgere del sole, capisci? Ti do un mese prima che arrivi ai media. Forse ci vorrà un po' di più, ma non molto.»

«E la questione dell'oro?»

«Al diavolo, George, di quello non mi dicono nulla, ma il mio tipo a Mosca mi dice che il gatto si è pappato un canarino o almeno questo è quello che sembra a lui. Questo probabilmente abbasserà il prezzo mondiale dell'oro del cinque, magari del dieci per cento, ma i nostri modelli prevedono che risalirà prima che Ivan inizi a vendere la roba che estrae dalla terra. I nostri amici russi... il loro ricco zio è appena schiattato e ha lasciato loro l'intero patrimonio.»

«E senza effetti sfavorevoli per noi», pensò Winston. «No, di certo. Dovranno comprare tutto l'hardware possibile da noi americani e hanno bisogno di un sacco di esperienza che abbiamo solo noi e, dopo che sarà finito, il prezzo mondiale del petrolio si abbasserà e neppure quello sarà per noi uno svantaggio. Sai, George, mi piacciono i russi. Sono stati figli di puttana sfortunati per lungo tempo, ma forse le cose adesso cambieranno.»

«Nessuna obiezione qui o dalla porta accanto, Sam», Trader assicurò l'amico.

«Grazie per l'informazione.»

«Be', voi ragazzi continuate a incassare le tasse che pago.» Bastardi, ma non lo aggiunse, anche se Winston lo sentì ugualmente, inclusa la risatina.

«Ci vediamo, George.»

«Okay, stai bene, Sam, e grazie.» Winston premette un pulsante sul telefono, selezionò un'altra linea e scelse il numero nove tra i tasti della preselezione.

«Sì?» rispose una voce familiare. Solo dieci persone avevano accesso a quel numero.

«Jack, sono George, mi ha appena chiamato Sam Sherman, Atlantic Richfield.»

«Russia?»

«Sì. Il giacimento è del cinquanta per cento più grande di quanto previsto. Vuol dire che è maledettamente grande, la più grande riserva di petrolio, superiore all'intero Golfo Persico. Costerà un po' estrarlo, ma Sam dice che tecnicamente è una passeggiata: dura, ma sanno come si fa, nessuna nuova tecnologia da inventare, solo questione di spendere soldi, e neppure tantissimi, perché il lavoro là costa molto meno che qui. I russi si arricchiranno.»

«Quanto?» chiese il presidente.

«Sull'ordine di un centinaio di miliardi di dollari all'anno una volta che il giacimento sarà a regime, e andrà avanti per una ventina d'anni, forse di più.»

Jack fece un fischio. «Due trilioni di dollari. Sono molti soldi, George.»

«E' quello che diciamo noi a Wall Street, signor presidente», concordò Winston. «Un gran mucchio di soldi davvero.»

«E quali effetti avrà sull'economia russa?»

«Non gli farà molto male», assicurò il segretario del Tesoro. «Procurerà una gran quantità di moneta pesante. Con quei soldi potranno comprare le cose che vorrebbero avere e acquistare gli attrezzi per costruire le cose che possono farsi da soli. Questo reindustrializzerà il paese, Jack, li avvierà nel nuovo secolo, supponendo che abbiano il cervello per agire nel modo giusto senza mandare segretamente tutti i soldi in Svizzera o nel Liechtenstein.»

«Come possiamo aiutarli?» chiese il presidente degli Stati Uniti.

«La cosa migliore è che io, tu e altri due o tre ci sediamo con le nostre controparti russe e chiediamo loro di cosa hanno bisogno. Se riusciamo a fare in modo che alcuni dei nostri industriali costruiscano degli impianti là, non sarà un danno per loro e alla televisione farà un gran bell'effetto.»

«Registrato, George. Fammi avere un rapporto sulla cosa per l'inizio della settimana prossima e poi vediamo se riusciamo a trovare un modo per fare sapere ai russi quello che sappiamo noi.»

Per Sergej Golovko era la fine di un'altra estenuante giornata. Gestire l'SVR era un lavoro pesante per chiunque, ma doveva anche sostenere Eduard Petrovic Grusvoij, presidente della Repubblica Russa. Il presidente Grusvoij aveva la sua collezione di ministri, alcuni competenti, altri scelti per il loro valore politico o semplicemente per sottrarli all'opposizione: all'interno dell'amministrazione Grusvoij potevano fare danno, ma sempre meno che al di fuori di essa, poiché dovevano usare armi di piccolo calibro, se non volevano restare uccisi dai loro stessi colpi. La buona notizia era che il ministro dell'Economia, Vasilij Kostantinovic Solomenstev, era intelligente e anche apparentemente onesto, una combinazione così rara nello spettro politico russo quanto in nessun'altra zona del mondo. Aveva le sue ambizioni (erano rari i ministri che non le avevano), ma essenzialmente sembrava che volesse la prosperità della propria nazione e non tanto approfittarne lui stesso. Un piccolo arricchimento personale andava bene secondo Golovko, l'importante era non esagerare. Per Sergej Nicolay il limite era circa venti milioni di euro. Di più era segno di avidità, ma meno era incomprensibile. Dopo tutto, se un ministro era bravo nell'aiutare il proprio paese, era un suo diritto ricevere una ricompensa adeguata. La gente normale che lavora non se la sarebbe presa, se il risultato era una vita migliore per loro, no? Probabilmente no, pensò il capo dell'organizzazione spionistica. Questa non era l'America, strapiena di leggi «etiche» senza senso e controproducenti. Il presidente americano, che Golovko conosceva bene, aveva un aforisma che i russi ammiravano: Se devi mettere per iscritto le regole etiche, hai già perso. Non era uno stupido, quel Ryan, una volta era stato un nemico mortale e ora era un buon amico, o almeno così sembrava. Golovko si era coltivato quell'amicizia fornendo aiuto all'America in due gravi crisi internazionali. L'aveva fatto perché, innanzi tutto, era nell'interesse della sua nazione e, in secondo luogo, perché Ryan era un uomo d'onore ed era improbabile che dimenticasse i favori. Golovko si era anche divertito molto, aveva infatti passato gran parte della sua vita in un'agenzia dedicata alla distruzione dell'Occidente. E lui? Qualcuno era impegnato nella sua distruzione? Qualcuno desiderava porre fine alla sua vita in maniera lampante e spettacolare sulle pietre lastricate di Piazza Dzerzinskij? Più la sua mente ripensava all'argomento, più diventava inquieto. Erano pochi gli uomini in buona salute a sapere considerare la fine delle loro vite con serenità, e Golovko non era uno di questi. Le mani non gli tremavano mai, ma non si intrometteva con le misure di sicurezza sempre più invadenti del maggiore Selepin per mantenerlo in vita: ogni giorno la sua auto era di un colore diverso e a volte anche la marca cambiava. I percorsi per l'ufficio avevano solo il punto di partenza in comune: l'edificio dell'SVR era così grande che il tragitto giornaliero per recarsi al lavoro poteva concludersi in cinque diversi punti. La parte intelligente, che Golovko ammirava, era che a volte lui stesso si trovava alla guida del veicolo di testa, mentre un funzionario qualsiasi sedeva nel sedile posteriore dell'auto controllata. Anatolij non era uno stupido e talvolta mostrava anche sprazzi occasionali di creatività. Golovko scosse la testa e aprì l'ultima cartella della giornata, dando prima un'occhiata generale al sommario direttivo, e la sua mente quasi istantaneamente si bloccò, allungò la mano verso il telefono e compose un numero.

«Golovko», disse alla voce maschile che rispose. Non dovette aggiungere altro.

«Sergej Nicolay, cinque secondi dopo la voce del ministro lo salutò con cortesia, «che cosa posso fare per te?»

«Vasilij Konstantinovic, puoi confermarmi quei numeri? Sono possibili?»

«Sono più che possibili, Sergej. Sono veri come il tramonto», disse Solomenstev al capo dei Servizi Segreti nonché ministro generale e consigliere del presidente Grusvoij.

«Solkinsyn», mormorò il capo dei Servizi Segreti. Figlio di puttana. «E da quanto tempo è lì quella ricchezza?» chiese incredulo.

«Il petrolio, forse cinquecentomila anni; l'oro di più, Sergej.»

«E noi non lo sapevamo», sospirò Golovko.

«Nessuno ci ha mai guardato, compagno ministro. A dire il vero, trovo che il rapporto sull'oro sia il più interessante. Devo vedere una di quelle pelli di lupo incrostate d'oro. Una cosa da Prokofiev, no? Pierino e il lupo d'oro.»

«Un pensiero divertente», concluse Golovko, lasciando immediatamente perdere. «Che cosa significherà per il nostro paese?»

«Sergej Nicolay dovrei essere un indovino per rispondere nel dettaglio, ma sul lungo termine potrebbe essere la salvezza per il nostro paese. Ora possediamo una cosa che tutte le nazioni vogliono, due cose anzi. E appartengono a noi e per averle ci pagheranno enormi somme di denaro e lo faranno col sorriso sulle labbra. Il Giappone, ad esempio. Risponderemo ai loro bisogni energetici per i prossimi cinquant'anni e lungo la strada faremo risparmiare loro molto denaro in costi di trasporto: invieremo il petrolio a poche centinaia di chilometri invece che a decine di migliaia. E forse anche l'America, anche se loro hanno quell'immenso giacimento al confine tra l'Alaska e il Canada. La questione è come spostare il petrolio da vendere. Naturalmente costruiremo un oleodotto dal giacimento a Vladivostok, e magari anche un altro a San Pietroburgo, così da potere vendere con più facilità anche all'Europa. Anzi, probabilmente potremmo fare costruire agli europei, ai tedeschi soprattutto, gli oleodotti, in cambio di uno sconto sul petrolio. Sergej, se avessimo trovato questo petrolio vent'anni fa, noi...»

«Forse.» Non era difficile immaginare cosa sarebbe seguito: l'Unione Sovietica non sarebbe crollata ma si sarebbe rafforzata. Golovko non aveva di queste illusioni. Il governo sovietico sarebbe riuscito a sprecare quei nuovi tesori così come aveva fatto con qualsiasi altra risorsa. Il governo sovietico aveva posseduto la Siberia per oltre settant'anni ma non era mai andato a vedere cosa poteva esserci. Il paese non disponeva degli esperti qualificati per eseguire il controllo, ed era troppo orgoglioso per chiedere ad altri di farlo, per timore che pensassero alla Grande Madre Russia in termini riduttivi. Se c'era una cosa che aveva ucciso l'Unione Sovietica non era il comunismo e nemmeno il totalitarismo, era il perverso amor proprio che costituiva l'aspetto più pericoloso e distruttivo del carattere russo, prodotto da un senso d'inferiorità che risaliva ai Romanov e oltre. La morte dell'Unione Sovietica era stata praticamente un suicidio, solo più lento e quindi molto più doloroso. Golovko sopportò i successivi novanta secondi di congetture storiche da parte di un uomo che aveva pochissimo senso della storia, poi parlò:

«Tutto questo va bene, Vasilij Konstantinovic, ma per il futuro? In fondo, tutti noi saremo ancora vivi quando arriverà.»

«Ci danneggerà poco. Sergej, questa è la salvezza del nostro paese. Ci vorranno dieci anni per ottenere i pieni vantaggi dai giacimenti, ma allora avremo un reddito stabile e regolare per almeno un'intera generazione e forse di più.»

«Di che aiuto avremo bisogno?»

«Gli americani e gli inglesi hanno la competenza che ci serve e che viene loro dallo sfruttamento dei giacimenti in Alaska. Hanno il know how: dovremo impararlo e metterlo in pratica. Al momento stiamo conducendo negoziati con la Atlantic Richfield, la compagnia petrolifera americana, per il supporto tecnico. Sono avidi, ma c'era da aspettarselo. Sanno che solo loro hanno quello che ci serve e pagare loro costa meno che doverlo fare noi. Quindi ora otterranno gran parte di ciò che chiedono. Forse li pagheremo con lingotti d'oro», Solomenstev suggerì, tanto per dire. Golovko dovette resistere alla tentazione di porre domande più approfondite sull'estrazione dell'oro. Il giacimento di petrolio rendeva molto di più, ma l'oro era più bello. Anche lui voleva vedere una di quelle pelli che questo Gogol aveva usato per raccogliere la polvere. E bisognava occuparsi a dovere di quel solitario abitante della foresta, nessun problema finché viveva solo e non aveva figli. Qualsiasi cosa avesse, lo Stato l'avrebbe presto avuto, data la sua età avanzata. E ci sarebbe stato uno show televisivo, magari anche un film per la televisione, su questo cacciatore. Una volta aveva cacciato i tedeschi, e i russi consideravano ancora eroi persone del genere. Quello avrebbe reso Pavel Petrovic Gogol felice, no?

«Che cosa sa Eduard Petrovic?»

«Tenevo questa informazione fino a quando non avessi avuto notizie complete e affidabili. Ora le ho. Credo che alla prossima riunione di gabinetto sarà soddisfatto, Sergej Nicolay E lui anche, pensò Golovko. Il presidente Grusvoij era stato occupato quanto un addetto alla consegna dei giornali, con una sola gamba e un solo braccio, per tre anni; anzi, più come un illusionista da palcoscenico o un prestigiatore, obbligato a fare apparire cose reali dal nulla, e il suo successo nel continuare a far funzionare la nazione sembrava avere del miracoloso. Forse questo era il modo che aveva Dio per ripagare gli sforzi dell'uomo, sebbene la benedizione fosse del tutto fine a se stessa: ogni agenzia di governo avrebbe voluto la propria parte della torta di petrolio e oro, ciascuna con le proprie esigenze, tutte rappresentate dal proprio ministro come se fossero vitali per la sicurezza dello Stato, in rapporti ufficiali di una logica brillante e dai ragionamenti convincenti. Chi poteva saperlo, magari alcuni di loro dicevano anche la verità, sebbene la verità fosse un articolo raro in una riunione di gabinetto. Ogni ministro doveva costruire un impero e meglio lo costruiva più vicino sarebbe stato alla sedia alla testa del tavolo che era occupata, per il momento, da Eduard Petrovic Grusvoij. Golovko si chiese se funzionava così anche sotto gli zar. Forse sì, decise immediatamente. La natura umana non cambiava. Il modo in cui la gente si era comportata a Babilonia o a Bisanzio forse non si differenziava molto da come si sarebbe comportata alla prossima riunione di gabinetto, di lì a tre giorni. Si chiese come avrebbe preso la notizia il presidente Grusvoij.

«Quanto è trapelato?» chiese il capo dell'agenzia dei Servizi Segreti.

«Indubbiamente circolano voci», rispose il ministro Solomenstev, «ma le previsioni attuali hanno meno di ventiquattr'ore e di norma ci vuole un po' di più perché si diffondano. Ti farò avere quei documenti. Domattina va bene?»

«Andrà benissimo, Vasilij. Farò rivedere i dati dai miei analisti, così da potere presentare la mia previsione indipendente della situazione.»

«Non ho obiezioni alla cosa», rispose il ministro dell'Economia, sorprendendo Golovko più di quanto si aspettasse. Il gabinetto attuale poteva essere la controparte moderna del vecchio Politburo, ma là nessuno mentiva se non altro, non grandi menzogne. E quella era una misura del progresso del suo paese, no?

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