34. CONTRACCOLPI

Ormai Ryan si era abituato dalla settimana prima a un risveglio accolto dalle cattive notizie e con lui di conseguenza tutta la sua famiglia. Anche a colazione, quando i figli gli chiedevano qualcosa, tradiva un atteggiamento preoccupato.

«Papà, che sta succedendo con la Cina?» gli chiese Sally. Un altro motivo di dispiacere per Ryan: Sally non lo chiamava più «pa'», per Jack un titolo più caro di «signor presidente». Forse dai figli maschi è più prevedibile, ma non da una figlia. Ne aveva parlato con Cathy, ma lei per tutta risposta lo aveva consigliato di incassare il colpo.

«Non lo sappiamo, Sally.»

«Ma tu non dovresti sapere tutto?» Che cosa avrebbe detto ai suoi amici di scuola che la tartassavano?

«Sally, il presidente non sa tutto. Io almeno no», le spiegò, alzando gli occhi dall'«Early Bird» del mattino. «E se non l'hai mai notato, nel mio ufficio le televisioni sono sintonizzate sui notiziari della CNN e di altre stazioni televisive, visto che spesso sono più informati loro della CIA.»

«Davvero?» esclamò Sally. Troppi film aveva visto alla televisione. Per Hollywood la CIA era una struttura governativa pericolosa, fraudolenta, antidemocratica, fascista (insomma era il male), che sapeva tutto di tutti e aveva anche ordinato l'omicidio del presidente Kennedy per ragioni che solo loro conoscevano (Hollywood non ne era mai venuta a capo). Ma poco male, il protagonista di turno riusciva a smascherare qualche complotto della CIA prima dei titoli di coda.

«Proprio così, tesoro. Alla CIA lavorano uomini in gamba, ma non è che una struttura governativa come tante altre.»

«E allora l'FBI e i Servizi Segreti?» chiese.

«Sono poliziotti e i poliziotti sono un'altra razza. Mio papà era poliziotto, ricordi?»

«Ah, sì», quindi ritornò a leggersi la pagina «Style» del «Washington Post», con i fumetti e le rubriche preferite, in particolare articoli di musica con recensioni di dischi piene di nomi oscuri a suo padre. Si sentì bussare leggermente alla porta ed entrò Andrea. A quest'ora del giorno svolgeva mansioni anche di segretaria particolare, in questo caso per consegnare un dispaccio del Dipartimento di Stato. Ryan lo prese, lo guardò e si trattenne dal battere un pugno sulla tavola in presenza dei figli.

«Grazie, Andrea», le disse.

«Prego, signor presidente.» E l'agente speciale Price-O'Day uscì nel corridoio. Jack si accorse che la moglie lo osservava. I figli non riuscivano ancora a leggere tra le pieghe del suo viso, ma per la moglie era un libro aperto. Ryan non avrebbe potuto dire neppure una bugia e questa era una delle ragioni per cui non si preoccupava della sua fedeltà. Jack aveva la capacità di dissimulare di un bambino di due anni, nonostante l'aiuto e l'addestramento che gli faceva Arnie. Incrociò i suoi occhi e annuì. Sì, ancora la Cina. Dieci minuti dopo, a colazione terminata e televisione spenta, ogni componente della famiglia Ryan stava uscendo, chi al lavoro, chi a scuola o all'asilo della Johns Hopkins, a seconda dell'età, ciascuno debitamente scortato dalle guardie del corpo dei Servizi Segreti. Jack li salutò con un bacio, tutti eccetto il piccolo Jack (SHORTSTOP per i Servizi Segreti), perché a John Patrick Ryan Junior non piacevano le smancerie. Ryan si diresse alla Sala Ovale.

Lì lo stava aspettando Ben Goodley con l'agenda giornaliera del presidente.

«Ha avuto quella del segretario di Stato?» gli chiese CARDSHARP.

«Sì, me l'ha consegnata Andrea.» Ryan sprofondò pesantemente nella sua poltrona e alzò il ricevitore, premendo il tasto della selezione rapida.

«Buongiorno, Jack», fu il saluto del segretario di Stato, nonostante avesse sulle spalle una notte praticamente insonne passata sul divano letto del suo ufficio. Fortunatamente l'ufficio era dotato di un bagno privato.

«Approvato. Falli ritornare tutti», SWORDSMAN disse a EAGLE.

«Chi si occupa dell'annuncio?» chiese il segretario Adler.

«Lo fai tu. Noi cercheremo di smussare i toni», disse il presidente, con una voce che tradiva l'assenza di ogni speranza.

«Bene», pensò Adler.

«Altro?»

«Per ora è tutto.»

«D'accordo, ci vediamo Scott.» Ryan rimise a posto la cornetta.

«E la Cina?» chiese a Goodley. «Stanno facendo nulla di insolito?»

«No. L'attività militare continua, ma si tratta sostanzialmente di normali manovre d'addestramento. I quadranti più attivi sono su a nord-est e di fronte a Taiwan. Attività trascurabile a sud-ovest, a nord dell'India.»

«Con tutta la fortuna in petrolio e oro che si ritrovano i russi tra le mani, non è che i cinesi cominciano a guardare a nord con cupidigia?»

«Non è azzardata come ipotesi, ma dalle nostre fonti non abbiamo nessuna indicazione in questo senso.» In fin dei conti, l'erba del vicino è sempre più verde. Per questo Saddam Hussein aveva deciso di invadere il Kuwait, pur avendo giacimenti enormi di petrolio nel suo sottosuolo.

«Le nostre fonti» comprendono anche SORGE, rammentò il presidente. Rimase a rifletterci per un attimo, quindi disse: «Di' a Ed che voglio uno Special National Intelligence Estimate su Russia e Cina.»

«Subito?» gli chiese Goodley. Per una stima speciale dei Servizi Segreti nazionali ci voleva non meno di qualche mese.

«Tre, quattro settimane al massimo. E voglio che sia del tutto affidabile.»

«Riferirò al direttore», promise Goodley.

«Altro?» chiese Ryan.

«Per ora è tutto, signore.» Jack annuì e scorse la sua agenda quotidiana. Era un giorno come tutti gli altri, ma l'indomani lo aspettava una giornata di viaggio attraverso l'America con l'Air Force One e avrebbe pernottato a... (girò la pagina) Seattle, prima di essere di ritorno a Washington e cominciare un'altra giornata piena. Utilizzava per i voli notturni tranquillamente il VC-25A e ah, sì, doveva tenere un discorso a colazione all'Associazione dei Giovani Imprenditori di Seattle. L'argomento era la riforma scolastica. Fece uno sbuffo di impazienza. In giro non c'erano abbastanza suore. Lui era andato nella School Sisters of Notre Dame a Baltimora più di quarant'anni prima ed era un'ottima scuola, perché non erano contemplate le punizioni per non aver studiato o per cattiva condotta per i bambini di sette anni. Ma la verità era che lui era stato un bambino buono e ubbidiente anonimo, ammise con se stesso con un sorriso tirato che aveva dei bei voti solo perché aveva una mamma brava e un papà bravo, cosa che non molti dei suoi coetanei potevano dire, e come diamine poteva risolvere una situazione del genere, lui? si chiese Jack. Come poteva ripristinare i valori dei genitori della sua generazione, l'importanza della religione e un mondo in cui ci si accostava all'altare ancora vergini? Ora invece si parlava di insegnare ai ragazzi che l'omosessualità non è una vergogna. Che cosa avrebbe detto sorella Frances Mary? si chiese Jack. Peccato non fosse ancora qui per bacchettare con la stecca sulle nocche più di qualche senatore e deputato. Con lui e con i suoi compagni alla Saint Matthew aveva funzionato... Ronzio dell'interfono.

«La senatrice Smithers è appena arrivata all'entrata ovest.» Ryan si alzò e andò a destra verso la porta che collegava con l'anticamera della segreteria. Per una qualche ragione, si preferiva quella porta a quella che sul corridoio si apriva di fronte alla Sala Roosevelt. Forse era più professionale, ma soprattutto gradivano vedere la figura del presidente stagliarsi davanti a loro quando aprivano la porta, con la mano tesa e un sorriso che gli illuminava il viso, come se fosse davvero contento di incontrarli.

Come no, Wilbur. Mary Smithers dallo Iowa, matronale, tre figli e sette nipoti, pensò, si parlerà ancora di legge agraria. Ma che diavolo ne sapeva di agricoltura? si chiese. In quelle rare occasioni in cui andava a far la spesa, andava al supermercato, perché era da lì che veniva tutto, no? Una delle cose che compariva sempre nelle sue note per i discorsi pubblici era il prezzo di latte e pane nel caso qualche giornalista glielo chiedesse. E la cioccolata al latte la facevano le mucche pezzate.

 

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