Jan van Eyck, Madonna del cancelliere Rolin, particolare, 1443 ca, olio su tavola, cm 66×62, Parigi, Musée du Louvre
Van Eyck
Quel primo fascino discreto della borghesia
Nicolas Rolin, cancelliere di Borgogna e del Brabante, ben rappresentava quella parte di mondo oggi detto fiammingo, ma che corrispondeva allora al cuore dell’Europa tra Francia e impero. È quello il cosmo policromo che descrisse magistralmente Johan Huizinga nel suo Autunno del Medioevo (1919), una realtà politica nella quale si sviluppò la prima borghesia autonoma dell’Europa settentrionale. Ed evolse in una parte oggi evaporata della scacchiera politica europea, quello Stato cuscinetto assai vasto tra Francia e impero che comprendeva la Borgogna e le Fiandre, da Digione a Bruges e ad Anversa, e che andò poi a confluire per capriccio delle eredità principesche, Toson d’Oro compreso, nei vasti domini d’Asburgo. Si distingue questa borghesia dalla nobiltà cavalleresca per un dato fondamentale: diventa stanziale nelle città dove produce e commercia, va a ricoprire le cariche pubbliche e religiose, e ciò all’opposto della nobiltà precedente che viveva in costante peregrinazione fra un castello e l’altro seguendo i fasti e le avventure del duca. L’immaginario del mondo cavalleresco si racchiude nei codici miniati, si ritrova sulle tappezzerie e gli arazzi adatti allo spostamento per essere appesi sulle mura di pietra dei castelli disadorni e, se quella nobiltà guerriera chiede d’essere ritratta, lo sarà su tavolette sempre pronte a essere riposte nei cofani per il viaggio prossimo venturo.
La borghesia sancisce la stabilità sin da quando Hubert van Eyck riceve l’incarico di realizzare per la cattedrale di Gand (Ghent in fiammingo) il Polittico dell’Agnello mistico, quella grande macchina narrativa e didattica che l’amministratore locale Jodocus Vijd volle commissionare per garantirsi una buona posizione anche nell’aldilà, lui ch’era allora il matricularius della Chiesa, l’uomo incaricato di gestire la raccolta dei fondi per i poveri. Hubert muore nel 1426 senza avere finito l’opera, la quale viene ultimata da suo fratello Jan van Eyck. È generalmente considerata questa la prima grande opera eseguita con la nuova tecnica della pittura all’olio che nel giro di sessant’anni sostituirà in tutta Europa la tradizionale a tempera. Questa era la pittura in uso anche nelle miniature, mentre la curiosa pratica di dipingere usando l’olio di lino era già diffusa da tempo in Fiandra nella decorazione policroma delle statue lignee. Il successo dell’opera, definitivamente istallata nel 1432, è tale che Nicolas Rolin, cancelliere del duca di Borgogna, nel 1435 commissiona a Jan van Eyck la piccola e preziosissima pala con la Vergine Maria. Una decina d’anni dopo lo stesso Rolin commissionerà a Rogier de la Pasture il grande polittico per l’ospizio dell’Hôtel-Dieu di Beaune, fondato dal cancelliere assieme alla moglie. Rogier de la Pasture è di dieci anni più giovane di Jan van Eyck, e il suo nome verrà tradotto in fiammingo come Rogier van der Weyden. Si spiega così il ruolo centrale di Jan van Eyck nell’introdurre un modo tecnico e un gusto estetico del dipingere, il quale si combina nel caso specifico con l’abbandono dei dettami dell’architettura gotica allora imperante e con l’introduzione di citazioni che sono già antiquariali e preludono al Rinascimento come nuovo stilema internazionale. Ma vi è un altro elemento forse ancora più significativo. Questa borghesia è intimamente legata alla concretezza e quindi attenta a un realismo pittorico fino ad allora non richiesto. Ecco quindi apparire una ritrattistica che rifugge da ogni celebrazione e che vuole rappresentare gli individui nelle loro sembianze autentiche, chi con la barba leggermente ispida, chi con il taglio preciso dei capelli, chi con la fierezza dei visi sui quali debbono rimanere tangibili i segni dell’esistenza. E questa Borgogna mercantile e centrale d’Europa ha un’altra caratteristica nel trovarsi crocevia: dialoga con l’Italia dove si riscoprono i temi dell’antico. Ecco allora il cancelliere in ginocchio sotto archi romani decorati da bassorilievi che vanno a opporsi alle architetture e ai decori gotici. Da un lato, quindi, sono loro fiamminghi borgognoni sotto l’influenza del gusto italiano in radicale mutazione. Dall’altro, stanno già per influenzare l’Italia, in modo particolare il ducato dei milanesi dove arrivano i loro codici miniati e dove Vincenzo Foppa lavora per la cappella dei Portinari, quei fiorentini legati ai Medici banchieri di Carlo il Temerario, i quali commissionano nel 1470 a Hans Memling il dipinto cosiddetto Passione di Torino (ora conservato alla Galleria Sabauda) e pochi anni dopo spediranno a Firenze il trittico di Hugo van der Goes che stupirà il mondo raffinato di Lorenzo il Magnifico convertendolo alla pittura a olio. Oppure sono i lucchesi Arnolfini che si fanno lì nelle Fiandre ritrarre, e che anche loro operano negli affari. Nel frattempo giù in Sicilia, Antonello da Messina, forse dopo un viaggio in area veneta dove passano i mercanti del Nord o forse stando banalmente a guardare proprio da Messina il loro passaggio marittimo, si converte pure lui al nuovo linguaggio.
Petrus Christus, Natività, 1445-1450, olio e tempera su tavola, cm 130×97, Washington, National Gallery of Art
Rogier van der Weyden, Ritratto di Nicolas Rolin, cancelliere di Francia, pannello dal polittico del Giudizio Universale, 1446-1452, olio su tavola, cm 215×560 (l’intero), Beaune, Musée de l’Hôtel-Dieu
Jan van Eyck, Madonna del cancelliere Rolin, 1443 ca, olio su tavola, cm 66×62, Parigi, Musée du Louvre
Anonimo, Ritratto di Jacob Obrecht, 1496, olio e tempera su tavola, cm 51,4×36,2, Fort Worth, Kimbell Art Museum
Robert Campin, Ritratto di un uomo robusto (Robert de Masmines), 1425 ca, olio su tavola, cm 35,4×23,7, Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza
Jean Fouquet, Guillaume Jouvenel des Ursins, 1460 ca, olio su tavola, cm 96×73, Parigi, Musée du Louvre
Jan van Eyck, Uomo dal copricapo azzurro, olio su tavola, cm 22×17, Sibiu, Muzeul National Brukenthal