Giotto
La lingua nuova della pittura
Dante Alighieri, il sommo poeta che sancisce la lingua parlata dagli italiani, non poteva non riconoscere la lingua visiva degli italiani che negli stessi anni suoi si stava formando nelle arti. Così come presta attenzione all’evolversi dei codici al punto di citare le miniature duecentesche di Oderisi da Gubbio nei testi del dolce stil novo, individua in Cimabue e in Giotto i grandi artefici della nuova lingua visiva: “Credette Cimabue ne la pittura tener lo campo / e ora ha Giotto il grido / sì che la fama di colui è scura” (Purgatorio, canto XI, vv. 94-96). Aveva perfettamente chiaro il poeta il passaggio dall’espressività di Cimabue a una visione del reale che il suo allievo aveva raggiunto.
Era avvenuta in quel XIII secolo una mutazione della sensibilità che fu al contempo teologica e sociale. Furono gli anni nei quali l’iconografia del Cristo in croce mutò dalla stesura ancora bizantina del Christus triumphans a quella di una teologia nuova, la quale, nel dibattito contro le eresie catare che negavano l’umanità del Salvatore, sancisce quest’umanità e la sua conseguente sofferenza, che vengono rappresentate sovvertendo alla radice l’iconografia usuale per esaltare la Passione nella figura del Christus patiens, con le figure laterali della Madonna e di san Giovanni in lacrime. Il prototipo di questa nuova visione è solitamente attribuito a Giunta Pisano che lo realizza già negli anni trenta per il convento di Bologna, quindi pochissimi anni dopo la morte e poco prima della canonizzazione di san Domenico (1170-1221) nel 1234. Giunta Pisano due decenni dopo dipinge il ritratto agiografico di san Francesco (1182-1226) dove l’espressione dei personaggi già esalta gli effetti psicologici di chi si tiene la testa fra le mani! E lascia poi ad Assisi un altro Crocifisso che Giotto riprende nel dettaglio del suo affresco per le Storie di san Francesco.
Maestro del Crocifisso blu, Crocifisso, 1233-1266, tempera su tela incollata su tavola, Assisi, San Francesco, Museo del tesoro
Giotto, Storie di san Francesco, Il presepe di Greccio, particolare, 1295-1299, affresco, Assisi, San Francesco, basilica superiore
Giotto, Storie di san Francesco, San Francesco dinanzi al crocifisso in San Damiano, 1295-1299, affresco, Assisi, San Francesco, basilica superiore
A Francesco si deve la più radicale delle mutazioni della sensibilità, lui che esalta la natura, che predica agli uccelli e parla col lupo, lui che inventa la prima rappresentazione “teatrale” della vita di Gesù nascente con la scena del presepe a Greccio nel Natale del 1223. E ancora Dante riprende la storia di Francesco che assume le stigmate nella grotta della Verna e la riporta nella Divina Commedia (Paradiso, canto XI, vv. 106-108): “Nel crudo sasso intra Tevero e Arno / da Cristo prese l’ultimo sigillo / che le sue membra due anni portarno”.
Giotto, Storie di san Francesco, L’omaggio di un uomo semplice, 1295-1299, affresco, Assisi, San Francesco, basilica superiore
Fronte del Tempio di Minerva, Assisi
Frammento della Schola cantorum, Roma, San Saba
Giotto riassume la sensibilità che lo precede, intuisce la strada che la rappresentazione prenderà fra poco, inventa la lingua nuova della pittura. E trasferisce per la prima volta il pathos della vita umana nella rappresentazione visiva. È probabile che molto gli sia servito l’aver visto a Roma gli affreschi dell’antichità e la testimonianza di un realismo che l’Oriente successivo aveva abolito. L’arte simbolica di un mondo bizantino dove tutto esiste in due dimensioni solamente, perché quelle sono le visioni di un mondo ultraterreno, viene superata dalla coscienza di un mondo reale che merita l’attenzione del pensiero e del poema. La citazione del mondo antico diventa strumento per inventare quella lingua nuova che oltre un secolo dopo darà vita al Rinascimento: gli esempi di questo passato si trovano nei numerosi affreschi che Roma conserva allora ben più di oggi così come l’architettura antica del tempio di Minerva, diventato in Assisi luogo di culto cristiano, torna con la medesima torre medioevale negli affreschi.
Giotto, La resurrezione del fanciullo di Suessa, 1313 ca, affresco, Assisi, San Francesco, basilica inferiore
Giotto, Storie del Nuovo Testamento, Compianto su Cristo morto, particolare, 1304-1306, affresco, Padova, Cappella degli Scrovegni
Stauroteca a doppia traversa, XI secolo, oreficeria, Abbazia di San Silvestro I Papa di Nonantola, Tesoro dell’Abbazia, esposta nel Museo Benedettino e Diocesano d’Arte Sacra di Nonantola (MO)
La citazione si combina con il senso della realtà e i dettagli della vita quotidiana, la forma di un letto, la struttura di una carpenteria, la tecnica costruttiva della Croce, la restituzione dei colori della città, immaginata o vera che sia, vanno a formare un immaginario visivo che fino a quel momento era ignoto. Giotto dipinge le prime lacrime, i primi denti, le prime facce espressive della storia della pittura, lo strazio delle madri dei bimbi innocenti e quello degli angeli attorno alla Croce del Golgota. E poi all’infinito quell’architettura del Medioevo che era colorata all’inverosimile e che il tempo trascorso restituisce oggi nella pietra viva dopo la caduta degli intonaci. Vi è in lui la presa di coscienza del mondo materiale come viene percepita da una società che si dà alla quotidianità dei commerci, del lavoro. Il passaggio da Assisi, dove questo linguaggio innovativo e sperimentale è forse ancora il lavoro di un gruppo di pittori fra i quali egli primeggia, alla cappella degli Scrovegni di Padova, corrisponde a una maturazione ulteriore. Qui la disperazione degli angeli che si strappano le vesti è la rappresentazione di un sentimento umano che fino ad allora non si attribuiva alle creature celesti. Corrisponde, questo strazio, a quello delle pie donne che sorreggono il corpo defunto di Cristo. Il sentimento sta entrando nelle arti visive, assieme alla realtà, ed è questa la rivoluzione di Giotto di Bondone.
Bottega di Giotto, Storie del Nuovo Testamento, Strage degli innocenti, particolare, 1313 ca, affresco, Assisi, San Francesco, basilica inferiore