Pierre-Auguste Renoir, Ballo al Moulin de la Galette, particolare, 1876, olio su tela, cm 131×175, Parigi, Musée d’Orsay
Renoir
Il dolce plein air di Parigi
Sosteneva con la sottile sua ironia Alberto Savinio che l’Impressionismo era nato quando i pittori di Parigi s’erano accorti ch’era più proficuo per la salute dipingere all’aria aperta piuttosto che in quella viziata degli studi. C’è del vero in questa battuta: fu di grande utilità in quell’ultimo trentennio del XIX secolo l’introduzione sul mercato dei tubetti di colore che permisero un’agilità fino ad allora insperata per la pittura da cavalletto.
Questa piccola ma necessaria rivoluzione tecnica andava di pari passo allora con una mutazione ideologica che portava la letteratura come la pittura fuori dai temi accademici classici verso una nuova passione realista. Nulla era più attraente del vero, nulla più degno d’ispirazione della realtà quotidiana. La nascita della corrente nuova del gusto avviene come una mutazione naturale, ma saranno gli eventi della guerra franco-prussiana del 1870 e la successiva insurrezione della Comune di Parigi a spingere un piccolo nucleo d’artisti, composto da Caillebotte, da Sisley e da Monet ad andare a passare l’epoca della turbolenza fuori città sulla Marna, il fiume dove Monet dipinge Impression, soleil levant. L’opera verrà esposta nel 1874 in città presso lo studio del fotografo Nadar e il critico Louis Leroy la recensirà sul giornale satirico “Charivari” chiamando con scherno la nuova corrente pittorica L’exposition des Impressionistes.
La storia vera è ovviamente meno aneddotica. Édouard Manet già nel 1862 dipingeva la vita en plein air nei giardini delle Tuileries prima di celebrare l’aria di campagna nel Déjeuner sur l’herbe del 1863. La pittura fuori dallo studio avrà un effetto immediato in quanto si combina con la mutazione letteraria in corso, quella che porta al verismo pittorico come a quello dei romanzi di Émile Zola (1840-1902), figlio d’un ingegnere veneziano emigrato a Parigi probabilmente per motivi di libertà politica.
Zola padre se ne va a costruire dighe ad Aix-en-Provence e lì lo scrittore cresce in amicizia con Cézanne (1839-1906), altro vate della realtà e anche lui discendente di italiani, piemontesi. Poi per fare carriera finiranno ovviamente tutti e due a Parigi. Ma anche lì la voglia d’aria aperta rimane irrefrenabile.
A Parigi un altro ragazzo del meridione francese e anch’egli loro coetaneo, Pierre-Auguste Renoir (1841-1919), partecipa alla prima mostra di Nadar. Diventerà uno dei protagonisti centrali dell’Impressionismo. Anche lui ovviamente è dedito alla medesima passione realista. Il Ballo al Moulin de la Galette, posto in cima alla collina di Montmartre, sarà in questo senso luogo di sperimentazione popolare perfetto. Era quella una guinguette, una mescita di vino, d’un vino popolare prodotto dalle stesse vigne coltivate sulla collina appena fuori dall’amministrazione cittadina. E ci si ballava sabato, domenica e lunedì. Anzi i vecchi mulini erano inizialmente due, una sorta di ritrovo immediatamente fuori città che faceva da contrappunto agli altri luoghi cari alla cultura popolare degli impressionisti, le anse della Marna dove si andava a pesca e a vogare.
Pablo Picasso, Le Moulin de la Galette, 1900, olio su tela, cm 88,2×115,5, New York, Solomon R. Guggenheim Museum
Henri de Toulouse-Lautrec, Al Moulin de la Galette, 1889, olio su tela, cm 88,5×101,3, Chicago, The Art Institute
Pierre-Auguste Renoir, La colazione dei canottieri, 1881, olio su tela, cm 129×172, Washington, The Phillips Collection
Eugène Cicéri, Il Moulin de la Galette a Montmartre, 1856, olio su tela, cm 41,5×30,5, Parigi, Musée Carnavalet
Renoir dipinge la scena del ballo in pieno pomeriggio domenicale con il popolo in vestiti della festa e in un gioco di luci e ombre che è parallelo alle sue scene di canottieri. Appare già sul tavolino la bibita dell’intera epoca, l’assenzio. Il dipinto quasi sicuramente non fu eseguito all’aperto poiché misura pressappoco due metri di larghezza, ma la sua ispirazione è in tutto legata alla voglia di rappresentazione del reale e della luce. Lo stesso tema verrà poi ripreso in chiave più esistenzialista da Toulouse-Lautrec nel 1889, questa volta all’interno della sala da ballo. Ma già prima, negli anni cinquanta, lo aveva dipinto Eugène Cicéri come luogo al contempo bucolico e della memoria, in quanto lì vi fu uno dei momenti più significativi della resistenza parigina contro le truppe russe alla fine dell’impero napoleonico nel 1814. Il tema in quel luogo poi diventerà quasi un esercizio stabile della vita artistica: lo riprende Picasso nel 1900 appena arriva a Parigi. Non è lui l’unico spagnolo in quella sala, anche Ramón Casas vi aveva ritratto una signora con birra e sigaro, e così pure l’impressionista olandese Isaac Israels vi era andato a ritrarre le coppie che ballano. Poi vi passano Van Dongen e Utrillo, tutti a ritrarre il pop in festa. Correvano gli anni della Belle Époque.
Ramón Casas, Plein Air, particolare, 1890-1891, olio su tela, cm 50,5×65,5, Barcellona, Museu Nacional d’Art de Catalunya