Degas
L’invenzione dell’istantanea dipinta
Dovevano essere assai amici, Edgar Degas, il pittore, e Désiré Dihau, il musicista, se il quadro L’orchestra dell’Opéra fu regalato dal primo al secondo e se quasi vent’anni dopo il giovane Toulouse-Lautrec, cugino di Dihau, nel 1886 lo veniva ad ammirare appeso nel salotto del suo appartamento parigino. Caso curioso di una società metropolitana oggettivamente vasta e articolata nella quale chi si doveva incontrare si incontrava, di fatto, e forgiava la storia del gusto e delle arti.
Curiosissimo personaggio, Edgar Degas è collezionista accanito. È figlio di un banchiere e si trova lui stesso a essere un ricco che lentamente impoverisce e nondimeno continua ad acquistare le opere dei suoi contemporanei e degli artisti suoi predecessori, a tal punto che, quando cambia casa, si dice che ha cambiato indirizzo la collezione Ingres. Scapolo convinto, attratto dalle luci fioche dei teatri, finisce quasi cieco quando dipinge i più commoventi dei suoi pastelli dopo il 1890.
Alla musica era stato iniziato già in famiglia: nel salotto paterno passavano strumentisti e cantanti. Destinato a studi di diritto, tradisce i desideri paterni per darsi alla pittura, ai viaggi in Italia, alle lunghe sedute di studio nel Museo del Louvre. Partecipa alle prime mostre degli impressionisti ma non ne condivide per nulla la passione per la pittura en plein air; anzi, se serve uscire dagli studi per inventare, va alle corse dei cavalli di Longchamp, che sempre è mondanità parigina allo stato puro. Gira per i teatri della città. E inventa una visione fino ad allora inusitata nelle inquadrature, le quali sembrano già essere quelle del cinema del secolo successivo in quanto si discostano totalmente dal perbenismo equilibrato delle inquadrature fotografiche della sua epoca. Il suo punto di vista è quello del voyeur in senso positivo: guarda e riproduce l’istante della situazione osservata con la precisione della propria visuale personale. Cosa comprensibile, tra l’altro, visto che la fotografia non può ancora essere istantanea e chiede tempi di posa che inibiscono ogni ipotesi di movimento dei soggetti. Degas è l’inventore dell’istantanea dipinta. È mosso da una curiosità da reporter nell’ambito del suo mondo concluso: se fa un unico viaggio importante fuori Europa, in quella “Nouvelle Orléans” dalla quale proviene sua madre, ne scatta immagini immediate come quelle che prende dal palco dell’Opéra a Parigi o meglio ancora quelle che sembra sorprendere ponendo l’occhio in una scuola di ballo. Eccolo quindi passare, quando la vista si indebolisce, alla velocità del pastello. Del ritratto di Dihau prende gli appunti col disegno, poi compone l’opera e vi piazza amici e conoscenti, compreso il ritratto del compositore Emmanuel Chabrier che rappresenta come flautista talmente integrato nella composizione da far passare il suo strumento sotto il naso di Dihau. Lavora con dovizia, inventa la situazione e la restituisce come se fosse vera, come se l’avesse vista da una poltrona di prima fila, dalla quale sbircia.
Edgar Degas, Ritratto di Désiré Dihau, particolare, 1870 ca, olio su tela, cm 48,9×59,7, San Francisco, Fine Arts Museums
Edgar Degas, Ritratto del violoncellista Louis Marius Pilet, 1869, olio su tela, cm 50×61, Parigi, Musée d’Orsay
Se ama la pittura di Delacroix non è tanto per l’impasto della materia, ben più per l’invenzione compositiva che egli riporta dall’ambito aulico a una dimensione di assoluta apparente quotidianità. Se colleziona le opere puriste di Ingres, non ne sorbisce gli impasti lisci ma ne trae l’attenzione per la verosimiglianza dei ritratti. Se partecipa al movimento espositivo degli impressionisti non è tanto per la loro voglia di pittura all’aperto quanto per il modo di disporre la materia pittorica e di giocare con la luce, anche se è quella artificiale degli interni che predilige, quella dove appaiono come farfalle in secondo piano le gambe delle ballerine e i loro tutù di tulle. E così gli capita di dichiarare a un collega pittore: “À vous, il faut la vie naturelle, à moi la vie factice” (A lei serve la vita naturale, a me quella finta). Non gli interessa il vero ma il verosimile, come se fosse un romanziere. Raccoglie un contenuto apparentemente futile con un tratto espressivo portato alla perfezione, non lo sfiora la critica sociale di Toulouse-Lautrec: la sua è una partecipazione ai riti parigini di una borghesia priva di ideali che entra quasi sfibrata nella Belle Époque. E di questo mondo Degas è il testimone massimo, nella percezione e nella qualità.
Ritratto di Emmanuel Chabrier, da Felix Potin 2nd Collection, fotografia, Londra, Mary Evans Picture Library
Henri de Toulouse-Lautrec, Yvette Guilbert in Colombine à Pierrot, 1894, litografia, cm 22×11,5, Parigi, Bibliothèque de l’INHA, collections Jacques Doucet
Henri de Toulouse-Lautrec, “Per te”, 1893, stampa litografica, cm 35×27,4, Hannover, Sprengel Museum