Vasilij Kandinskij, Il Giudizio Universale, particolare, 1910, olio su tela, cm 125×73, Collezione privata
Kandinskij
Il suono dei colori
L’intellettuale per definizione, che fa da ragazzo la sua maturità a Odessa nel 1885 e poi va all’università di Mosca a studiare giurisprudenza, economia politica ed etnologia. Quest’ultima disciplina non è affatto ininfluente perché nel 1889 parte per una spedizione negli Urali a ricercare fra le betulle le leggi e le abitudini dei popoli komi presso i quali scopre sia il colore delle vesti sia le tradizioni fiabesche. Diventa così un giurista antropologo ante litteram e se ne va a fare l’assistente universitario appena si laurea. Per poco però, in quanto la sua anima inquieta lo porta verso la pittura e la pittura, che intende studiare sul serio, lo porta verso Monaco di Baviera, dove approda, sostituendo velocemente la moglie con la pittrice Gabriele Münter. Trascorrono dieci anni di divagazioni e di peregrinazioni fra Berlino, Parigi e l’Italia. Matura in lui una lettura estetica colorata ed espressionista di forte rigore poetico che lo lascia però insoddisfatto. Accanto ai paesaggi fiabeschi o sognati appaiono i paesaggi visti nella campagna di Murnau, e contemporaneamente inizia la sperimentazione di visioni totalmente mentali dove gli elementi figurativi vanno a convivere con una gestualità e un segno che cancellano ogni riferimento al vero o al plausibile per diventare segni di colore puro.
Kandinskij non passa dal figurato all’astratto come faranno poco dopo Piet Mondrian o Giacomo Balla: lascia convivere i vari linguaggi come in un fluire onirico. E in questo percorso così particolare usa costantemente il gioco parallelo con la pratica musicale. Sicché i suoi dipinti verranno intitolati come se fossero pezzi sonori: Improvvisazione, Composizione, Variazione.
Vasilij Kandinskij, La vita variopinta, 1907, tempera su tela, cm 130×162,5, Monaco, Städtische Galerie im Lenbachhaus
Paul Klee, Doppelzelt (Tenda doppia), 1923, acquerello su carta su cartoncino, cm 50,6×31,8, Lucerna, Museum Sammlung Rosengart
Quando, all’inizio del secondo decennio del secolo, Kandinskij inizia il suo percorso verso l’astrazione è già cinquantenne: la sua non è una sperimentazione fortuita, bensì il risultato di una lunga analisi della lingua pittorica. Ed è influente assai in lui l’anima slava, quella che tende a combinare le tradizioni popolari e il misticismo. Sicché, quando scopre in ambito germanico la mistica delirante di Bosch, si aggiunge un ulteriore tassello alla sua cosmogonia. E come talvolta succede quando le esperienze maturano, è proprio nei primi giorni di gennaio 1911 che il gruppo di amici artisti al quale si è legato, e con il quale aveva costituito una prima associazione promozionale, se ne va a sentire un concerto del musicista d’avanguardia Arnold Schönberg a Monaco. Le dissonanze della musica dovranno diventare dissonanze della pittura e il quadro che realizza immediatamente dopo, Impression III (Konzert), ne diventa una sorta di manifesto rivelatore dove le ricerche delle composizioni dell’anno precedente si riassumono. Quel periodo fra il 1910 e il 1911 è per la ricerca d’avanguardia essenziale, un po’ come se un vento d’innovazione avesse pervaso tutta l’Europa prebellica, dalla Roma di Giacomo Balla all’Olanda di Mondrian: è anche l’anno nel quale Kandinskij pubblica Über das Geistige in der Kunst (Lo spirituale nell’arte) mentre realizza il suo primo acquerello totalmente privo di figurazione, una sorta di raccolta di macchie. Ecco l’incipit del testo: “Ogni opera è figlia del suo tempo, spesso è madre della nostra sensibilità. E così ogni periodo culturale elabora una propria arte, che non potrà più essere replicata”.
Hieronymus Bosch, Il Giudizio Universale (frammento), 1493 ca, olio su tavola, cm 59,5×112,9, Monaco, Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek
Vasilij Kandinskij, Senza titolo, 1910, acquerello su carta, cm 50×65, Parigi, Musée national d’Art moderne, Centre Georges Pompidou
Vasilij Kandinskij, Su bianco II, 1922, acquerello su carta, cm 45,4×40,4, Parigi, Musée national d’Art moderne, Centre Georges Pompidou
È come se si fosse aperto il vaso di Pandora di una lirica travolgente che lo accompagna negli anni successivi fino a quella bella Composizione IV. Sempre in quell’anno Kandinskij presenta all’Unione degli Artisti di Monaco un suo dipinto conseguente, Il Giudizio Universale, che corrisponde a una mutazione linguistica della nota opera di Bosch; viene rifiutato. Per ripicca nasce il gruppo di artisti del Cavaliere Azzurro, quel Blaue Reiter che prende il nome da un suo quadro simbolista del 1903. Nel 1925 pubblica Punto, linea, superficie, che è la sublimazione ultima del percorso: abolita la libertà gestuale, il lirismo va cercato alla radice della forma geometrica. Nel frattempo era nato il Bauhaus e Kandinskij ne era diventato uno dei protagonisti. In quella formidabile scuola dell’estetica moderna, che trovava la sua radice nell’architettura ma si allargava a ogni forma espressiva, domina il razionalismo. Il padre spirituale della scuola, Walter Gropius, lo aveva chiamato a insegnare lì nel 1922 (durante la guerra e nei primi anni della Rivoluzione era tornato in Russia ma dopo gli incarichi iniziali aveva sentito che l’atmosfera non gli era congeniale). E Kandinskij diventa lirico geometrico, ma sempre ispirato dalle armonie musicali.
Paul Klee, Gezeichneter (L’uomo segnato), 1935, olio e acquerello su garza incollata su cartoncino, cm 30,5×27,5, Düsseldorf, Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen