Pietro Perugino, San Sebastiano, particolare, 1489-1490, olio su tavola, cm 174×88, Stoccolma, Nationalmuseum
Perugino
Chiara e la dolcezza
Lo chiamavano il Perugino e non a torto, il giovane Pietro Vannucci, figlio di Cristoforo, perché nonostante fosse nato a Città della Pieve, s’era formato a Perugia, dove innegabilmente Piero della Francesca aveva lasciato un segno nella sua mente di apprendista. Infatti il primo ciclo pittorico al quale partecipa è quello d’una bottega allargata che viene incaricata della realizzazione del ciclo narrativo di san Bernardino e dove lavora con l’altro giovanotto locale, il Pinturicchio, di quattro anni più giovane. È il 1473, Perugino ha meno di trent’anni e si fa esperto di prospettive perfette e centrali che disegnano teatrini nei quali si svolgono le scene. Poi diventa fiorentino nella sua cultura visiva; ma in lui colpisce quella inattesa dolcezza che contrasta con il carattere degli artisti nati sulle sponde dell’Arno. E questa dolcezza è probabilmente dovuta alla figura ben particolare della moglie, quella fiesolana Chiara Fancelli, che lui sposa nel 1493 e che sarà modella sua perenne e financo di Raffaello Sanzio, che di lui sarà allievo. E Chiara è un personaggio assai importante nella storia delle arti, in quanto non è solo la fanciulla estatica dal dolce sorriso ma la figlia d’un architetto di rilievo: quel Luca Fancelli assistente di Filippo Brunelleschi e suo erede nel progetto di palazzo Pitti a Firenze. E così si delinea il profilo artistico del Vannucci, sensibile al fascino femminile nella sua umanità quanto a quello formale dell’architettura, il tutto condito da una attenta abilità tecnica che evolve con celerità negli anni settanta. Non v’è dubbio che nell’invenzione pittorica quegli anni vedono l’Umbria protagonista almeno quanto Firenze: è un fiorentino fuoruscito, Leon Battista Alberti, che progetta lì accanto la prima opera “intellettuale” dell’architettura rinata, il Tempio Malatestiano di Rimini i cui lavori procedono verso l’incompiutezza per tutta la seconda metà del secolo. È nella corte d’Urbino che vengono elaborate le tavole della Città ideale e l’aria umbra di Piero, architetto nei suoi dipinti, riprende gli stilemi nuovi ben più d’una volta.
Pietro Perugino, Consegna delle chiavi, 1482, affresco, Città del Vaticano, Musei Vaticani, Cappella Sistina
Anonimo, Veduta di città ideale, 1480-1490 ca, tempera su tavola, cm 67,5×239,5, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche, Palazzo Ducale
Donato Bramante, Tempietto di San Pietro in Montorio, 1510 ca, Roma, Convento di San Pietro in Montorio
È poi nell’ambiente della corte di Urbino che la questione del passaggio dalla pittura a tempera a quella a olio non si pone: questa è generalmente attribuita all’arrivo della grande tavola (cm 253×608) della Natività di Hugo van der Goes oggi nota come Trittico Portinari, che giunge a Firenze, cinque anni dopo essere stata dipinta, il 28 maggio del 1483; il che è solo parzialmente vero perché Botticelli continuerà a dipingere a tempera mentre Piero della Francesca aveva già compiuto all’olio la sua Natività del 1470-1475. La grande Adorazione dei Magi di Perugino che data agli stessi anni di quella di Piero è anch’essa già realizzata con la nuova tecnica.
Pietro Perugino, San Bernardino resuscita il bimbo nato morto, 1473, tempera su tavola, cm 75×57, Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria
Pinturicchio, Scene della vita di san Bernardino, La morte del santo, 1486, affresco, Roma, Santa Maria in Aracoeli
Andrea Mantegna, Martirio di san Cristoforo, Trasporto del corpo decapitato del santo, 1454-1457, affresco, Padova, chiesa degli Eremitani, cappella Ovetari
Il Perugino forma la sua personalità definitiva in quella che fu la bottega del Verrocchio, dove passarono tutti i più inventivi di quegli anni, dal Ghirlandaio, al quale deve l’ulteriore inclinazione alle architetture, al giovane Leonardo; da Filippino Lippi, altro appassionato degli spazi costruiti, a Lorenzo di Credi, col quale rimane sempre amico al punto di ritrarsi l’un l’altro.
Per il Perugino Firenze rappresenta la prima vera fortuna in quanto è da lì che viene inviato, per grazia del Magnifico, il gruppo di primi artisti per il nuovo decoro della Sistina romana, gentile segno di riparazione diplomatica fra Repubblica e Vaticano dopo le tensioni che avevano portato all’assassinio di Giuliano nella congiura de’ Pazzi. E Firenze continua per il Perugino a giocare un ruolo fondamentale. È la città per eccellenza del gusto antiquariale, quella in cui la statuaria antica si fa esempio per la scultura sin dagli anni di Donatello. Ed è quella la fonte d’ispirazione per una estetica rinnovata del corpo umano. San Sebastiano diventa per il Perugino un tema ricorrente: lo esegue varie volte, nel 1490 in piena campagna e patetico, nel 1495 inserito in una architettura classica, con il corpo rivisto secondo la statuaria antica; infine nel vasto affresco di Panicale del 1505, dove l’architettura si amplifica e tornano i personaggi delle sue prime tavole, quelle di san Bernardino: un ciclo che sembra volgere verso una conclusione, quella di fare di lui l’artista più decantato della sua epoca.
Piero della Francesca, Polittico di Sant’Antonio, cimasa, Annunciazione, 1460-1470 ca, olio su tavola, cm 338×230 (l’intero), Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria
Lorenzo o Raffaello di Credi (attr.), Ritratto virile (Perugino?), 1505-1506, tempera su tavola, cm 51×37, Firenze, Galleria degli Uffizi
Pietro Perugino, Ritratto di Lorenzo di Credi, 1488, olio su tavola, cm 44×30,5, Washington, National Gallery of Art
Pietro Perugino, Sposalizio della Vergine, 1504, olio su tavola, cm 236×186, Caen, Musée des Beaux-Arts
Pietro Perugino, Madonna col Bambino, particolare, 1500 ca, tempera su tavola, cm 80,7×64,8, Detroit, Detroit Institute of Arts
Raffaello, Santa Caterina di Alessandria, particolare, 1507 ca, olio su tavola, cm 72,2×55,7, Londra, The National Gallery