Hieronymus Bosch, Trittico del Giardino delle Delizie, pannello destro: l’Inferno, particolare, 1480-1490 ca, olio su tavola, cm 220×97, Madrid, Museo del Prado
Bosch
L’immaginario delle Terre Basse
Nel 1511 Erasmo pubblica l’Elogio della follia, testo che ha scritto in una settimana a Bucklersbury, in Inghilterra, e che dedica all’amico Tommaso Moro che lì risiede. La stesura fu veloce perché si narra che il libro fu pensato mentre il sommo umanista viaggiava probabilmente a cavallo da Basilea all’Inghilterra. Ed Erasmo ben riassume in quel testo sia la critica all’inconsistenza intellettuale di un mondo romano dove gli umanisti suoi colleghi parlano – ma non sanno più di che cosa parlano – sia il territorio di un cosmo alternativo, con fantasie proprie, quella terra che è la sua e che si svolge lungo l’area renana, da Rotterdam, appunto, fino a Basilea. Sono gli anni nei quali giunge al parossismo la tensione che porterà allo strappo della Riforma luterana. Sono anni di un’agitazione suprema, quelli di un’Europa mercantile e politica che scopre il continente nuovo delle Americhe e che sposterà di lì a poco i baricentri delle politiche internazionali, quelli nei quali sorgerà il sogno asburgico di un’unità trasversale nella quale i Paesi Bassi si fanno crogiolo culturale.
Il Medioevo si sta spegnendo in un fuoco d’artificio nel quale esplodono i suoi ultimi fantasmi. Di questa ebollizione tellurica è testimone massimo Jeroen Anthoniszoon van Aken, Geronimo figlio dell’Antonio da Aquisgrana, detto anche ’s-Hertogenbosch, dal “Bosco del Duca”, e noto a tutti come Hieronymus Bosch. Il nonno Thomas, d’origine germanica, era già pittore nelle Terre Basse a Nijmegen nella Gheldria dove era approdato dal cuore dell’impero, da Aquisgrana appunto, laddove Carlo Magno aveva posto la capitale storica sette secoli prima. Sul caso Bosch bisognerebbe avere il coraggio di dirla grossa: è egli l’equivalente nell’immaginario delle Terre Basse di ciò che l’Alighieri fu due secoli prima nelle terre d’Italia. L’uno come l’altro hanno la potente capacità poetica di riassumere l’immaginario delle epoche che li precedono e di diventare modelli per quelle successive. In questa curiosa operazione di condensazione che prima di essere poetica è intellettualmente riassuntiva, Bosch trae gli elementi da una mescolanza di tradizioni popolari e di citazioni colte ed entra nel dibattito teologico e quotidiano che agita le menti dell’Europa nel periodo delle grandi contraddizioni che porteranno alla Riforma. Diavoli e paradisi, incubi e nanetti, esseri certificati dal mito e dalle credenze popolari, funambolismi intellettuali: tutto si incrocia. L’immaginario passa dalle narrazioni popolari e dalle visioni colte, dal timore e dall’ironia, in un mondo visivo che le recenti scoperte tecnologiche esaltano con la diffusione della stampa da un lato e la mutazione della tecnica pittorica dall’altro, quella che ha da poco scoperto la magnifica utilità della pittura a olio inizialmente usata per colorare le statue lignee delle chiese.
Hieronymus Bosch, Trittico del Giudizio Universale, pannello centrale, particolare, 1504, olio su tavola, cm 167,5×60, Vienna, Gemäldegalerie der Akademie der bildenden Künste
Statua di Eva, particolare, dalla cattedrale di Reims, XIII secolo, marmo, Reims, Palais du Tau
Hugo van der Goes, Il peccato originale, anta sinistra di un dittico, 1475, olio su tavola, cm 32,3×21,9, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Hieronymus Bosch, Trittico del Giardino delle Delizie, pannello centrale, 1480-1490 ca, olio su tavola, cm 220×195, Madrid, Museo del Prado
Maestro E.S., Lettera N dall’Alfabeto figurato, 1466-1467 ca, incisione su lastra di rame, cm 13,8×17,5, Dresda, Staatliche Kunstsammlungen, Kupferstich-Kabinett
Maestro E.S., Lettera G dall’Alfabeto figurato, 1466-1467 ca, incisione su lastra di rame, cm 15,3×14 (tagliata), Dresda, Staatliche Kunstsammlungen, Kupferstich-Kabinett
1. Adriaen Collaert, Personificazione dell’America, fine del XVI secolo, incisione da Maarten de Vos, cm 20,7×25,9, Amsterdam, Rijksmuseum
2. Aristotele cavalcato da Fillide, acquamanile, tardo XIV secolo, bronzo, New York, The Metropolitan Museum of Art
3. Pieter van der Heyden, La gola, dalla serie dei Sette peccati capitali, 1558, incisione da Pieter Bruegel il Vecchio, cm 22,5×29,4, Amsterdam, Rijksmuseum
4. Hieronymus Bosch, Due creature fantastiche (simili a porcospini), fine del XV secolo, penna e inchiostro marrone su carta, cm 16,3×11,7, Berlino, Staatliche Museen, Kupferstichkabinett
5. Tre mostri sormontati da tre maschere, 1604-1616, incisione, cm 15,2×20,2, Amsterdam, Rijksmuseum
Hieronymus Bosch, Trittico del Giardino delle Delizie, pannello centrale, particolare, 1480-1490 ca, olio su tavola, cm 220×195, Madrid, Museo del Prado
Cresceva e si diffondeva allora la nuova classe sociale dei borghesi imprenditori e stanziali. E se prima ancora la nobiltà era per un certo verso senza fissa dimora, si spostava da un castello all’altro, da un’impresa bellica a quella successiva portando con sé il proprio immaginario racchiuso nello splendore dei codici miniati, quelli che i fratelli Limbourg avevano reso sublime, la borghesia richiederà le opere stabili per le chiese, come ben dimostra la committenza da parte del borgomastro di Gand per il Polittico dell’Agnello mistico che i fratelli van Eyck realizzano come prototipo di una nuova arte sul finire degli anni venti del Quattrocento. Il mondo delle Fiandre entra nell’eredità del duca di Borgogna e Rogier van der Weyden diventa Rogier de la Pasture quando dipinge il grande polittico di Beaune con le fiamme dell’Inferno che influenzeranno Hieronymus. Poi le Fiandre entreranno ulteriormente in quel grande sogno europeo egemonico che sarà l’impero di Carlo V, del quale Filippo II erediterà la parte ispanica assieme alle Fiandre e ai dipinti di Bosch che tingeranno l’anima degli ispanici lasciando una traccia parallela nella mente dei Bruegel e dei loro seguaci…