1490 circa ~ 1576
Tiziano
Il fascino agreste portato in città
Se i dipinti precedenti di Tiziano sono di facile interpretazione, quello che raffigura l’Amor sacro e Amor profano ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro per tentare di spiegarne il morbido e sottile mistero. Sin dalla committenza il dipinto è ambiguo: lo fa realizzare nel 1514 il capo della giustizia della Serenissima Repubblica, il gran cancelliere Niccolò Aurelio, in occasione delle sue nozze nel 1514 con Laura Bagarotto, figlia dello sfortunato diplomatico Bertuccio Bagarotto che, rimasto a Padova per conto degli imperiali dopo la disfatta veneziana di Agnadello del 1509, quando la città poco dopo fu riconquistata finì portato in catene a Venezia per essere impiccato. Si parlò allora d’un errore giudiziario e non pochi pensarono che il matrimonio fosse stato di riparazione. Trattasi quindi d’amor di patria e d’amor filiale, oppure d’amor cortese e d’amor profano, oppure Venere è lì che tenta di spiegare a Medea che è meglio lasciar perdere i sentimenti di vendetta?
La questione si complica ulteriormente se si pensa che in quegli anni Tiziano, da “cadorino rustego”, si fa arruolare nelle schiere intellettuali d’una Venezia dove il Bembo dà il tono ai pensieri e dove Aldo Manuzio inventa ciò che oggi potremmo chiamare il libro tascabile ma pubblica pure opere sofisticate e misteriose come Hypnerotomachia Poliphili (1499, di autore ignoto) nella quale si celebrano le bizzarrie iniziatiche dei percorsi dell’amore in giardini delle meraviglie. Ciò che è innegabile è che la natura che Tiziano porta nella città lagunare è lo strumento per la vera mutazione della sensibilità: i due coniglietti sotto la torre di sinistra sono forse importanti quanto le citazioni dotte. E l’influenza dell’altro uomo di campagna non è indifferente, quel Giorgione da Castelfranco che dieci anni prima aveva dipinto la Tempesta nella campagna come nella campagna porta il Concerto campestre del 1509-1510 che non si sa se attribuire a lui o a Tiziano (ma che anticipa già il Déjeuner sur l’herbe di Manet) e presenta sulla sinistra la medesima figura che appare nell’Amor sacro e Amor profano.
Tiziano, Amor sacro e Amor profano, particolari, 1514-1515, olio su tela, cm 118×279, Roma, Galleria Borghese
Sebastiano Del Piombo, Morte di Adone, particolare, 1511-1515 ca, olio su tela, cm 189×285, Firenze, Galleria degli Uffizi
Tiziano, Concerto campestre, particolare, 1509-1510, olio su tela, cm 110×138, Parigi, Musée du Louvre
In quegli anni, fra la caduta di Costantinopoli (1453) e poi la prima battaglia di Lepanto nel 1499, dove apparvero i primi cannoni a bordo, e la seconda battaglia l’anno successivo, che videro entrambe vincitore l’ammiraglio Kemāl Re’īs nella guerra turco-veneziana, la Serenissima cambia orientamento e inizia a guardare verso la ricchezza della terra. E anche se la Lega di Cambrai, con la successiva disfatta veneziana di Agnadello nel 1509, tenta di fermare l’espansione veneziana sulla penisola, il vento in laguna cambia direzione. Gli interessi del Mediterraneo lentamente scivoleranno oltre Gibilterra, verso l’America appena scoperta. Venezia diventa potenza commerciale europea e quindi di terra. E gli artisti di terra diventano protagonisti d’una cultura visiva nuova. Ai Bellini veneziani s’affiancano visioni nuove cariche di natura vissuta, quella di Mantegna (1431-1506) formatosi a Padova e che nell’area lagunare girò solo per trovare in moglie Nicolosia, sorella di Giovanni Bellini, ma in terraferma fu formidabile; di Cima da Conegliano, primo paesaggista convinto (1460-1518); di Giorgione da Castelfranco (1478 circa – 1510) e ovviamente di Tiziano il Cadorino (1490 circa – 1576), il più giovane ma talmente longevo da riassumere l’esperienza di tutti e da traghettare il modo di dipingere fino all’esaltazione della materia pura che, si dice, da anziano spalmasse praticamente con le mani.
Tiziano, Amor sacro e Amor profano, particolare, 1514-1515, olio su tela, cm 118×279, Roma, Galleria Borghese
Tiziano, Concerto campestre, particolare, 1509-1510, olio su tela, cm 110×138, Parigi, Musée du Louvre
Cima da Conegliano, Adorazione dei pastori, particolare del paesaggio, 1509, olio su tela, cm 300×185, Venezia, Santa Maria dei Carmini
Tiziano, Amor sacro e Amor profano, particolare del paesaggio, 1514-1515, olio su tela, cm 118×279, Roma, Galleria Borghese
La fisicità nel fare e nei soggetti raffigurati diventa prassi accertata a tal punto che il veneziano di laguna, Lorenzo Lotto, nato nel 1480, per conquistare la sua indipendenza da Venezia se ne va a percorrere le periferie della Repubblica a Bergamo e a trovare lì la sua libertà etica ed estetica e andrà a morire in terra papalina a Loreto; mentre l’altro veneziano, nato nel 1485, Sebastiano del Piombo, se ne va a cercar meritato successo a Roma, dove rimane.
Giorgione, Venere dormiente, 1508-1510, olio su tela, cm 108×175, Dresda, Staatliche Kunstsammlungen, Gemäldegalerie Alte Meister
Girolamo da Treviso, Venere dormiente, 1520-1530, olio su tela, cm 130×213, Roma, Galleria Borghese
Tiziano, Venere e il suonatore di liuto, 1565-1570 ca, olio su tela, cm 165,1×209,6, New York, The Metropolitan Museum of Art
A Venezia avviene così un inatteso cambio della guardia agli albori del secolo nuovo che muta alla radice il gusto cittadino di chi, come i Bellini e Carpaccio, era esclusivamente cittadino, ragione per la quale apparentemente all’Harry’s Bar, tanto caro a Hemingway, che dalle finestre guardava l’isola di San Giorgio, il cocktail fu intitolato a Bellini e la carne cruda a Carpaccio in modo da segnarne per sempre l’origine veneziana. Tiziano invece, pittore ufficiale della Repubblica, si faceva pagare cari i dipinti per acquistare fattorie in campagna e continuare, come genialmente scrive André Malraux, “ad appendere le sue Veneri nei cieli del Cadore”.