Pieter Bruegel il Vecchio, La torre di Babele, particolare, 1563, olio su tavola, cm 114×155, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Bruegel
Tra fantasticherie e realtà
Nell’anno del Signore 1564 le terre d’Olanda erano in ebollizione politica, un po’ per quel carattere forte e indipendente che ne caratterizzava le genti abituate alle avversità del mare e della terra redenta, un po’ per la gravezza della presenza asburgica che s’era fatta ispanica dopo la spartizione del dominio imperiale delle terre d’Austria. Le tensioni politiche divennero pure religiose con la Riforma protestante che da quelle parti disattese la linea luterana del cuius regio eius religio (la religione di ogni Stato dipende da chi la governa) per seguire quella ben più estrema e democratica di Giovanni Calvino e dei primi puritani. Calvino muore nel 1564 e il regime che aveva imposto alla città di Ginevra si attenua; centri di formazione politico-teologica si erano già spostati nei Paesi Bassi e particolarmente a Leida. Nel 1550, cinque anni prima della sua abdicazione, Carlo V aveva stabilito normative estremamente restrittive nel campo delle libertà religiose promulgando l’Editto di Sangue, che prevedeva la pena di morte per gli eretici. La rivolta avvenne sotto il dominio di Filippo II quando, nel 1566, la nobiltà calvinista assieme al popolo tentò un’intesa che venne rifiutata dalla governatrice ispanica Margherita d’Austria, figlia bastarda – poi riconosciuta – di Carlo V. Il consigliere Berlaymont chiamò i protestatari protestanti les Gueux, i pezzenti, inventando in questo modo l’etimologia della parola tuttora usata in Spagna e in Italia di “gonzo”. La nobiltà si ribellò e con loro i gonzi che, da abili marinai, si fecero chiamare i Watergeuzen (i pezzenti di mare) e sconfissero immediatamente con le loro barchette le nobili galee di Spagna sul fiume Schelda. Iniziava così una guerra d’indipendenza che durò ottant’anni fino al Trattato di Vestfalia.
Curioso personaggio, ancor prima che curioso artista, è Pieter Bruegel il Vecchio, capostipite d’una intera tribù di artisti, parenti e discendenti. Potrebbe apparire all’occhio distratto come una sorta di narratore popolare che abbia assorbito le lezioni di potente fantasia di Bosch e le abbia trasferite dagli studioli sofisticati del collezionismo aristocratico alla vita quotidiana dell’Olanda nascente. Ben più intrigante è in realtà la sua personalità, formata nelle botteghe di Breda e intimamente legata alla nuova etica delle sue terre. Viaggia in Italia, passa da Roma e da Napoli, ma per nulla rimane influenzato dalla magnificenza del Rinascimento italiano: anzi forgia una personalità ancor più determinata. Il ricordo più forte che riporta a casa è l’impressione delle fiamme del Vesuvio che riprende nel suo dipinto Margherita la pazza, dove spinge al parossismo il mondo visionario di Hieronymus Bosch del quale era stato un incisore accorto. L’altro tema non è un ricordo ma la condanna della Babilonia di Roma che usa per realizzare La torre di Babele, una critica alle ambizioni edificatorie rinascimentali. Fra fantasticherie e realtà sarà il mondo contadino dei Paesi Bassi a essere riscatto morale e diventare la sua fonte d’ispirazione principale, quello della vita quotidiana del duro lavoro e delle follie corrispondenti, quello della saggezza popolare e dei proverbi, quello della fede profonda d’un popolo in rivolta. Verrà spesso definito il contadino pittore.
Pieter Bruegel il Vecchio, Il pittore e il committente, 1565, penna e inchiostro su carta marrone, cm 25×21,6, Vienna, Albertina, Graphische Sammlung
Pieter Bruegel il Vecchio, La torre di Babele, 1563, olio su tavola, cm 114×155, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Pieter Bruegel il Vecchio, Margherita la pazza, 1562-1566, olio su tavola, cm 117×162, Anversa, Museum Mayer van den Bergh
Nell’anno del Signore 1564 si conclude nel mondo cattolico il Concilio di Trento. Darà vita a una mutazione delle arti che si dovranno adeguare ai suoi dettami e porteranno inesorabilmente verso la stagione folgorante del Barocco. In Olanda la mutazione è analoga e opposta. Se i testi delle Sacre Scritture vanno tradotti nelle lingue volgari in modo che tutti li possano capire, anche le scene che questi testi narrano vanno tradotte in modo da renderle immediatamente comprensibili. Apparentemente ingenuo nella stesura della sua pittura, è invero la sua una scelta precisa e didattica, di traduzione e di traslazione. I personaggi-pupazzetti non hanno infatti giustificazione altra che religiosa e popolare, quindi ideologica: l’abilità di disegnatore che rivela il suo autoritratto viene costantemente celata dalla necessità espressiva.
Nell’anno del Signore 1566 Pieter Bruegel il Vecchio dipinge la scena del Censimento di Betlemme in una Betlemme del tutto improbabile, dove si uccide il maiale, come fanno i contadini d’inverno e come sarebbe vietato in terra ebraica sempre, una Betlemme cosparsa di neve alla quale la coppia approda già con Maria seduta sull’asino accompagnato dal bove, pronti tutti alla nascita nella greppia di Nazaret, e sull’ufficio di registrazione pende già la corona cristiana dell’Avvento. Mentre sul ghiaccio i ragazzi pattinano e giocano. Più in là il popolo dei gonzi lavora, costruisce, pulisce, vive come vive la tradizione dei testi sacri tradotti nella loro lingua e si prepara alla lunga marcia verso l’autonomia.
Pieter Bruegel il Vecchio, Margherita la pazza, particolare, 1562-1566, olio su tavola, cm 117×162, Anversa, Museum Mayer van den Bergh
Pieter van der Heyden, La pazienza, 1557, incisione da Pieter Bruegel il Vecchio, cm 33,9×43,5, Amsterdam, Rijksmuseum
Pieter van der Heyden, Il pesce grande mangia i pesci piccoli, 1557, incisione da Pieter Bruegel il Vecchio, cm 22,9×29,6, Amsterdam, Rijksmuseum